Quando Katalin Bradasc straziò a coltellate il figlio di due anni sapeva quello che faceva: aveva già minacciato di arrivare a tanto per vendicarsi dell'ex compagno e dimostrò di essere lucida anche dopo il delitto cercando di depistare gli investigatori. Puntò il dito contro un fantomatico uomo di colore e distrusse il cellulare.
La perizia psichiatrica-bis ribalta le conclusioni della prima, diventata carta straccia perché ritenuta inadeguata. Esclusa quindi l'assoluta incapacità di intendere e di volere, gli esperti nominati dal giudice però prefigurano un possibile vizio parziale di mente: in caso di un eventuale giudizio e di una condanna la pena potrebbe essere dimezzata. Un aspetto, però tutto valutare: i periti non sono riusciti ad approfondire la questione per la mancata collaborazione della donna, detenuta in carcere dalla data dell'omicidio avvenuto a Po' Bandino il primo ottobre 2021.
Katalin, segnata da una vita difficile, era depressa e soffriva di un disturbo della personalità. Ammette di avere ucciso il bambino, spinta dice - da una visione che le imponeva di farlo, ma ricorda solo il primo fendente sferrato al collo. Poi il buio.
La pm Manuela Comodi, convinta di trovarsi di fronte a una manipolatrice, propende per un'accusa da ergastolo: omicidio volontario premeditato. Chiuso l'incidente probatorio gli atti tornano in procura per le determinazioni del caso. Non ci sono altri accertamenti da fare, l'inchiesta è da considerarsi alle battute finali.
Il servizio di Andrea Rossini