Il fiume più grande d’Italia scorre in mezzo a quella terra finita sotto il livello del mare che per produrre cibo paga un prezzo, in tutti i sensi, troppo salato. Il Polesine non riesce a stare al passo con il clima che cambia. E Il problema adesso é più grande della soluzione proposta. Risultato: si riducono le superficie coltivate: meno 18% sul 2021. E si riducono redditività e guadagno.
Nel primo servizio di Milva Andriolli le interviste a Rodolfo Laurenti, vice-direttore Consorzio di Bonifica Delta del Po, e a Massimo Chiarelli, direttore Confagricoltura Veneto
Il riscatto del Polesine con l’agricoltura è seriamente ipotecato. Restano solo 550 ettari di terreno destinato a risaie, che rischiano il colpo di grazia. Una maledizione per questa terra che già paga lo scotto delle estrazioni di gas metano e delle alluvioni. Si semina ad aprile, si raccoglie il riso a settembre. L’anno scorso produzione ridotta del 20%.
I risicoltori del Polesine sanno che il raccolto anche quest’anno sarà amaro e il conto salato. La siccità a monte, il cuneo salino a valle. In mezzo, il riso.
Milva Andriolli ha intervistato Giorgio e Marco Uccellatori, risicoltori