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Troppo cioccolato e cibi spazzatura: così i social media rovinano la dieta dei ragazzi

Troppo cioccolato e cibi spazzatura: così i social media rovinano la dieta dei ragazzi Pixabay
La promozione dei cibi attraverso i social network rende i bambini più «vulnerabili» al «junk food». La Spagna pronta a vietare le pubblicità degli influencer. Un esempio che, secondo la comunità scientifica, dovrebbe essere copiato

Si può cambiare social network o passare da un profilo all’altro. Le conseguenze, per quel che riguarda i consigli alimentari, non cambiano quasi mai. I ragazzi, più abituati a tenere la testa sullo schermo di uno smartphone che di fronte alla tv, sono esposti a una tempesta di messaggi che parlano di «food». Cibi e bevande sono spesso protagonisti delle attività di comunicazione dei loro idoli, che di rado però hanno come priorità la salute dei loro milioni di adepti. Anzi: risultano un fattore di rischio in grado di aggravare le statistiche del sovrappeso e dell'obesità. A confermare un dato già condiviso all’interno della comunità scientifica, uno studio condotto da quattro ricercatori del Dipartimento di medicina sociale e preventiva dell’Università di Vienna, presentato al Congresso europeo sull’obesità svoltosi a Maastricht.

Sul web troppo spazio al cibo «spazzatura»

Gli studiosi si sono concentrati sui piatti pronti, gli snack e le bevande comparsi negli ultimi venti post o video pubblicati sui social dai sei più famosi influencer tedeschi: in grado di coinvolgere oltre 35 milioni di follower, la maggior parte dei quali di età compresa tra 13 e 17 anni. L’ampia rassegna ha permesso loro di riconoscere il cioccolato e i dolci come i prodotti più di frequente messi in mostra dalle star del web. E di scoprire che tre quarti degli alimenti «promossi» conteneva quantità di sale, grassi e zuccheri che incompatibili con le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità  riguardanti gli alimenti destinati al consumo da parte dei più piccoli. La restante quota dei post e dei video riguardava alimenti indicati anche per i più piccoli (17 per cento) o dal profilo nutrizionale impossibile da determinare sulla base del messaggio pubblicitario. Un intento che - nella maggior parte dei casi: quasi il 90 per cento degli spot osservati - non era esplicitato. Da qui la domanda provocatoria della nutrizionista Maria Wakolbinger, coordinatrice dello studio. «Come possiamo aspettarci che i nostri bambini mangino in modo sano?». Rivolgendosi ai Governi, invitati a prendere nota delle conclusioni di questo lavoro, l’esperta ha ricordato come «gli influencer abbiano un enorme potere nel condizionare ciò che i ragazzi ritengono attraente e rilevante».

Il marketing digitale influenza le scelte dei più piccoli

L’esempio da seguire, secondo la ricercatrice, «è quello della Spagna, pronta a vietare questo tipo di attività da parte degli influencer». Un primo passo, considerando che nella maggior parte dei Paesi non ci sono restrizioni alla commercializzazione di cibo spazzatura online, sulle app e sui social media. Eppure è ormai chiaro che il ruolo che prima assolveva la tv, oggi viene giocato dalla Rete. Il cibo è diventato il protagonista dei contenuti che viaggiano attraverso il web. Il problema è che, di fronte agli stimoli che giungono dai social network, reagiamo in maniera differente. Soprattutto i più piccoli sono infatti pronti a copiare gli esempi sbagliati, molto meno a fare lo stesso rispetto ai modelli più salutari. È questo lo spaccato emerso da uno studio pubblicato sulla rivista «Pediatrics» da un gruppo di ricercatori dell'Università di Liverpool, che ha indagato la reazione di 176 bambini (9-11 anni) ai messaggi diffusi da tre «Youtuber»: uno impegnato a dare visibilità a degli spuntini salutari (a base di ortaggi), un altro ad alimenti da consumare con una frequenza decisamente minore, il terzo chiamato a promuovere prodotti non alimentari. I bambini che osservavano colui che promuoveva gli snack meno salutari, tendevano a seguire una dieta caratterizzata da un maggiore apporto energetico quotidiano (+26 per cento). Chilocalorie in eccesso che provenivano perlopiù da alimenti simili a quelli osservati negli spot: almeno nel profilo nutrizionale. 

Cibo e pubblicità: verso una stretta?

Risultati che, secondo Anna Coates, psicologa dell'Università di Liverpool che studia gli effetti del marketing digitale sulle scelte alimentari dei più piccoli, «confermano che la promozione degli snack dolci e salati attraverso Youtube e Instagram, soprattutto se portata avanti da personaggi famosi, determina un aumento della loro assunzione da parte dei bambini». La ricerca, condotta con l'obiettivo di misurare l'impatto del marketing attraverso social media sulle scelte alimentari dei più piccoli, ha restituito due messaggi. Intanto la promozione del cibo ha una capacità di penetrare nella società superiore rispetto al resto. E in questo ambito siamo molto più vulnerabili alla promozione degli alimenti insalubri rispetto a quelli «alleati» della nostra salute. Ecco perché, è il messaggio emerso dal congresso svoltosi in Olanda, «occorrerebbe regolamentare in maniera più ferrea il marketing digitale del cibo - prosegue la ricercatrice -. La promozione di alcuni snack da parte di personalità di spicco del mondo dello sport o dello spettacolo dovrebbe essere proibita, alla luce della vulnerabilità dei giovani attraverso i social media». 

Twitter @fabioditodaro