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Equo compenso, via libera definitivo della Camera alla tutela dei liberi professionisti

Equo compenso, via libera definitivo della Camera alla tutela dei liberi professionisti GettyImages
I voti a favore sono 243, nessun voto contrario, il Pd si è astenuto

Via libera definitivo (e quasi all'unanimità) della Camera alla legge sull'equo compenso. I voti a favore sono 243, nessun voto contrario, 59 gli astenuti. 

Dopo una prima lettura da parte di Montecitorio, durante l'esame al Senato è stata introdotta una modifica tecnica al testo, che ha quindi reso necessario un ultimo passaggio a Montecitorio. La modifica, che concerne la correzione di un richiamo al codice di procedura civile contenuto all'articolo 7 del testo (che prevede la possibilità che il parere di congruità emesso dall'ordine o dal collegio, in alternativa alle procedure di ingiunzione di pagamento e a quelle specifiche per le controversie in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato, acquisti l'efficacia di titolo esecutivo per il professionista, se rilasciato nel rispetto delle procedure, e se il debitore non ha proposto opposizione), si è resa necessaria a seguito dell'entrata in vigore della cosiddetta "riforma Cartabia".

Il provvedimento, che si compone di 13 articoli, ha avuto un percorso travagliato: riproduce il contenuto di una proposta di legge approvata da Montecitorio nella scorsa legislatura ma il cui iter si era poi interrotto al Senato. La legge interviene sulla disciplina in materia di equo compenso delle prestazioni professionali rese nei confronti di particolari categorie di imprese, con la finalità di rafforzare la tutela del professionista.

Il Pd si è astenuto

"Norma giusta ma occasione persa, governo sordo a ragionevoli modifiche", è la critica fatta al testo. "Il Pd è impegnato da tempo nell'approvazione di leggi che tutelano il diritto alla retribuzione equa per i lavoratori, come sancito dall'art. 36 della Costituzione. Per questo siamo impegnati nella battaglia per l'approvazione del salario minimo legale ed è per questo che abbiamo lavorato per l'affermazione dell'equo compenso per i liberi professionisti. In quest'ottica abbiamo dato un contributo affinché la norma, oggi approvata, fosse la più ampia ed estesa possibile. Con rammarico, invece, dobbiamo prendere atto che le nostre proposte migliorative sono state respinte dalla maggioranza. Avevamo chiesto, ad esempio, di estendere la platea delle imprese obbligate a riconoscere l'equo compenso, abbassando i limiti dimensionali ed estendo l'obbligo anche alle società di riscossione, così come avevamo chiesto di cancellare le sanzioni al professionista che è parte debole del rapporto e non può essere pure sanzionato se non gli viene riconosciuto un equo compenso", ha lamentato in Aula il capogruppo dem in commissione Giustizia, Federico Gianassi. "Avevamo inoltre suggerito di prevedere una norma transitoria che intervenisse su tutti quei rapporti in essere che non rispettano l'equo compenso. Abbiamo ricevuto, da governo e maggioranza, solo un muro invalicabile", ha aggiunto.

Equo compenso

Si definisce come equo il compenso che rispetta specifici parametri ministeriali e interviene sull'ambito applicativo della disciplina vigente, ampliandolo sia per quanto riguarda i professionisti interessati, tra i quali sono inclusi gli esercenti professioni non ordinistiche, sia per quanto riguarda la committenza che viene estesa anche a tutte le imprese che impiegano più di 50 dipendenti o fatturano più di 10 milioni di euro. Per essere considerato equo il compenso deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto.

A chi si applica

La norma si applica al compenso dei professionisti in relazione alle attività professionali che hanno ad oggetto la prestazione d'opera intellettuale; trovano fondamento in convenzioni; sono svolte in favore di imprese bancarie e assicurative (e loro controllate e mandatarie), nonché di imprese che nell'anno precedente al conferimento dell'incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro. Inoltre, si applica ad ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo, purché vincolante per il professionista, le cui clausole siano utilizzate dalle imprese; gli accordi si presumono unilateralmente predisposti dalle imprese, salvo prova contraria. Infine, la norma si applica alle prestazioni rese dal professionista nei confronti della pubblica amministrazione e delle società partecipate dalla pubblica amministrazione.

Nullità delle clausole

Sono considerate nulle le clausole che prevedono un compenso per il professionista inferiore ai parametri, nonché le clausole indicative di uno squilibrio nei rapporti tra professionista e impresa, rimettendo al giudice il compito di rideterminare il compenso iniquo ed eventualmente di condannare l'impresa al pagamento di un indennizzo in favore del professionista. Inoltre, sono nulle qualsiasi pattuizioni che vietino al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione; che impongano allo stesso l'anticipazione di spese; che, comunque, attribuiscano al committente o cliente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto o del servizio reso.

Deontologia e sanzioni

Gli ordini e i collegi professionali devono adottare disposizioni deontologiche volte a sanzionare il professionista che violi le disposizioni sull'equo compenso. Il giudice può condannare il cliente al pagamento di un indennizzo in favore del professionista, pari a una somma fino al doppio della differenza tra il compenso e quello originariamente pattuito.

Class action

La norma consente la tutela dei diritti individuali omogenei dei professionisti attraverso l'azione di classe, proposta dal consiglio nazionale dell'ordine (per le professioni ordinistiche) o dalle associazioni professionali (per le professioni non ordinistiche). 

Osservatorio nazionale

Viene istituito presso il ministero della Giustizia l'Osservatorio nazionale sull'equo compenso, con il compito, tra gli altri, di vigilare sul rispetto della legge, esprimere pareri o formulare proposte sugli atti normativi che intervengono sui criteri di determinazione dell'equo compenso o disciplinano le convenzioni.