Original qstring:  | /dl/archivio-rainews/articoli/Caso-Regeni-per-Pignatone-gli-elementi-finora-comunicati-non-sono-idonei-a-scoprire-la-verita-Gentiloni-scrive-su-Twitter-Italia-insiste-vogliamo-la-verita-0ef2643c-aa00-48ae-84b2-f83b6c38a7ab.html | rainews/live/ | true
MONDO

Gentiloni su Twitter: "Italia insiste: vogliamo la verità"

Caso Regeni. Pignatone: "Gli elementi avuti dal Cairo non sono idonei per fare chiarezza"

I genitori del giovane ricercatore torturato e ucciso: "Feriti e amareggiati dall'ennesimo tentativo di depistaggio"

Condividi
"La Procura di Roma ritiene che gli elementi finora comunicati dalla Procura egiziana al team di investigatori italiani presenti al Cairo non siano idonei per fare chiarezza sulla morte di Giulio Regeni e per identificare i responsabili dell'omicidio". Queste le parole del procuratore Giuseppe Pignatone all'ennesima versione fornita dalle autorità del Cairo sulla morte del ricercatore friulano.

La Procura di Roma, aggiunge Pignatone, ritiene "quindi necessario che le indagini proseguano, come del resto si evince dal comunicato appena diramato dal ministero dell'Interno egiziano" e "rimane in attesa che la Procura generale del Cairo trasmetta le informazioni e gli atti, da tempo richiesti e sollecitati, e altri che verranno richiesti al più presto in relazione a quanto prospettato ai nostri investigatori".

Il ministero dell'Interno egiziano, come ricordato da Pignatone, ha annunciato, in un comunicato pubblicato dall'agenzia ufficiale Mena, che le indagini sull'uccisione di Giulio Regeni proseguono "in coordinamento" con il pool di investigatori italiani sulle attività della banda di sequestratori sgominata ieri e sui documenti del ricercatore italiano rivenuti in casa della sorella del capo del gruppo. Nel comunicato, aggiunge l'agenzia egiziana, il ministero spiega che "la Procura generale di Shubra El-Khema prosegue da ieri le indagini sulla sorella, suo marito e la moglie del principale accusato, Tarek Abdel Fatah".

I genitori di Giulio: feriti dall'ennesimo depistaggio
"Feriti ed amareggiati dall'ennesimo tentativo di depistaggio da parte delle autorità egiziane" si definiscono i genitori di Giulio Regeni, che sostengono di essere "certi della fermezza con la quale saprà reagire il nostro governo a questa oltraggiosa messa in scena", aggiungendo che "lo si deve non solo a Giulio ma alla dignità di questo Paese".

Alle parole dei genitori del ricercatore italiano seguono le rassicurazioni del Governo italiano. 
Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni scrive su Twitter: "#Regeni Italia insiste: vogliamo la verità".

 

Palazzo Chigi
Le indagini sulla morte di Regeni devono fare "piena, totale luce, senza ombre o aloni", è stata la reazione di Palazzo Chigi: l'Italia, ha fatto sapere il governo ribadendo il proprio sostegno alla procura di Roma e ai familiari del ragazzo, "non si accontenterà mai di niente di meno della verità, di tutta la verità".

Gli investigatori italiani: troppe incongruenze 
"Il caso non è affatto chiuso. Non c'è alcun elemento certo che confermi che siano stati loro". Gli investigatori e gli inquirenti italiani impegnati nell'inchiesta sulla morte di Giulio Regeni sollevano diversi dubbi sulla 'svolta' arrivata dall'Egitto, ricordando che nonostante siano passati due mesi dalla scomparsa del ricercatore, le autorità italiane sono ancora in attesa di riceve dal Cairo alcuni documenti e atti dell'inchiesta egiziana, ritenuti fondamentali.

Sono almeno tre le incongruenze nella ricostruzione del Cairo, secondo gli inquirenti. Il primo dubbio è legato proprio al ritrovamento dei documenti di Regeni: non è credibile, sottolineano fonti qualificate, che una banda di sequestratori e rapinatori abbia conservato per mesi passaporto e telefoni, con il rischio concreto di essere scoperti. Chiunque se ne sarebbe liberato all'istante. Il sospetto, dunque, è che quei documenti siano stati conservati da qualcun altro per poi farli saltare fuori al momento opportuno.

Un altro punto che lascia molti dubbi è legato alle sevizie riscontrate sul corpo di Giulio e confermate anche dall'autopsia egiziana consegnata agli inquirenti italiani: perché una banda che aveva come unico obiettivo quello di rapinare Regeni lo avrebbe torturato per almeno una settimana?

Così come non è credibile, secondo le nostre autorità, la vicenda del conflitto a fuoco in cui sono morti tutti coloro che in qualche modo avrebbero potuto fornire informazioni utili. Allo stato, inoltre, non c'è una sola prova accettabile dal punto di vista processuale che consenta ai nostri investigatori di avere elementi che riconducano l'omicidio del ricercatore ai rapinatori uccisi ieri. 

"Dobbiamo continuare a scavare seguendo le nostre piste per trovare prove certe e fugare i dubbi" dicono le fonti, sottolineando che ad oggi l'Egitto non ha ancora risposto a due richieste ritenute fondamentali: la consegna di tutte le immagini delle telecamere della zona dove abitava Giulio e delle due stazioni della metropolitana che avrebbe dovuto utilizzare la sera della scomparsa e la consegna dei tabulati telefonici delle celle delle zone dove abitava il ricercatore e dove è stato ritrovato il cadavere di Giulio.