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MONDO

Palazzo Chigi: fare piena luce

Egitto: Giulio Regeni vittima di una banda. Famiglia: "Il governo reagisca a questa messa in scena"

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I genitori di Giulio Regeni, in una dichiarazione all'ANSA, si dicono "feriti ed amareggiati dall'ennesimo tentativo di depistaggio da parte delle autorità egiziane" e "certi della fermezza con la quale saprà reagire il nostro Governo a questa oltraggiosa messa in scena".  E' questa la reazione della famiglia di Giulio all'ennesima versione del Cairo sulla morte del ricercatore friulano.

La polizia egiziana ha fatto sapere di avere ucciso i quattro responsabili dell'omicidio e di aver ritrovato anche il passaporto e gli effetti personali, di Giulio tra cui una carta di credito e i suoi badge dell'Università Americana del Cairo e dell'Università di Cambridge. Una ipotesi che non convince. A proposito della carta di credito, non è al momento dato sapere se siano state effettuate spese tra il 25 gennaio, giorno della sua sparizione, ed il 3 febbraio, ritrovamento del cadavere, come avrebbero fatto dei normali criminali.

Una foto della famiglia Regeni che espone la bandiera di Amnesty International con la scritta "Verità per Giulio Regeni è stata postata da Irene Regeni, sorella del ricercatore barbaramente ucciso. Ritrae lei, il papà Claudio e la mamma Paola, nel giardino di casa.

Palazzo Chigi: fare piena luce
Intanto Palazzo Chigi ribadisce che "continua a essere determinato affinchè le indagini in corso facciano piena, totale luce, senza ombre o aloni, sulla morte del giovane ricercatore italiano". 

Ministero dell'Interno: le indagini proseguono
Il Ministero dell'Interno egiziano, in un comunicato pubblicato dall'agenzia ufficiale Mena, ha annunciato comunque che le indagini su caso Regeni proseguono "in coordinamento" con il pool di investigatori italiani sulle attività della banda di sequestratori sgominata ieri e sui documenti del ricercatore italiano. Gli apparati d'indagine "proseguono il loro coordinamento con il team della sicurezza italiana per esaminare tutte le relazioni della banda, i crimini che hanno commesso, le aree dove hanno avuto luogo e le cose rinvenute", scrive Mena.

Nel comunicato di oggi il ministero spiega che "la Procura generale di Shubra el-Khema prosegue da ieri le indagini sulla sorella, suo marito e la moglie del principale accusato, Tarek Abdel Fatah", aggiunge l'agenzia egiziana.

I killer di Giulio membri di "banda criminale"
Secondo il ministero dell'Interno del Cairo, i quattro uccisi erano membri di una banda criminale che si era specializzata nel sequestro di stranieri e che si facevano passare per poliziotti. Nello scontro con le forze di polizia, e' morta anche una quinta persona di identita' sconosciuta. In un comunicato, accompagnato da foto, il ministero ha aggiunto di aver trovato nella casa della sorella di uno di questo uomini, Tarek Saad Abdelfatah, "una borsa rossa" con gli effetti personali di Giulio Regeni. La sorella di Abdelfatah avrebbe riconosciuto con la polizia che il fratello la visitava occasionalmente e che la borsa apparteneva al fratello.

Secondo la versione ufficiale, i sospettati "si trovavano su un minibus nella zona del New Cairo, quando hanno visto gli agenti della polizia e hanno aperto il fuoco". "La polizia ha risposto al fuoco e i sospetti sono rimasti uccisi", conclude la nota, aggiungendo che sono stati ritrovati anche una mitraglietta e una pistola, e documenti falsi di polizia.

"Le indagini hanno dimostrato che la banda aveva compiuto nove furti nella zona di Nasr City e New Cairo", aree entrambe nella capitale egiziana. Le nove vittime sono un italiano, identificato come David K., un portoghese, un nigeriano e sei egiziani. Tuttavia la nota non specifica con la stessa chiarezza se Regeni fu sequestrato e assassinato dalla stessa banda e si limita a informare che gli oggetti trovati sono stati consegnati alla procura.

Fonte della Procura egiziana: "Si è ribellato ad una rapina ed è stato ucciso"
Sorella e moglie del capo della banda di criminali indicata dalle autorità egiziane come responsabile della tortura a morte di Giulio Regeni hanno sostenuto, in una deposizione, che il giovane ricercatore friulano è stato ucciso perché resisteva alla rapina.

Le due donne "hanno confermato che l'accusato ha effettivamente commesso questo atto ma non per ucciderlo, bensi' per derubarlo", ha sostenuto la fonte. "La vittima però ha resistito, cosa che ha spinto l'accusato e i suoi compari ad aggredirlo: circostanza che ha causato il decesso", hanno aggiunto, riferendosi al principale sospettato, Tarek Saad Abdel Fatah, rimasto ucciso assieme ad altri quattro componenti della banda nello scontro a fuoco di ieri.

Come segnalato nel comunicato del ministero dell'Interno diffuso ieri sera, le due donne sono Rasha Saad Abdel Fatah, sorella di Tarek, e la sua consorte, Mabrouka Ahmed Afifi. Secondo la fonte, la deposizione è stata fatta alla Procura di Shubra El-Khema, città di governatorato a nord del Cairo ma che fa parte dell'agglomerato urbano della capitale egiziana.

I dubbi degli investigatori italiani
Regeni era sparito il 25 gennaio nel centro del Cairo. Fu ritrovato morto alcuni giorni più tardi e con segni di violenza. Da quando il suo corpo è stato ritrovato (3 febbraio), i sospetti degli investigatori italiani si sono in gran parte concentrati sui servizi di sicurezza del Cairo: uomini dell'intelligence, conosciuti per i modi rudi, che lo avrebbero rapito e torturato sospettando che avesse legami con ambienti jihadisti. Da tempo i servizi di polizia e di intelligence sono accusati dalle organizzazioni a difesa dei diritti umani egiziani e internazionali di detenzioni illegali, sparizioni forzate, tortura, omicidi arbitrari. Il 10 marzo, il Parlamento europeo ha approvato un risoluzione nella quale ha denunciato "la tortura e l'assassino in circostanza sospette" dello studente italiano e che è stata respinta dal ministero degli Esteri e del suo Parlamento.

L'Egitto ha sempre respinto al mittente l'accusa e anzi ha promesso all'Italia "un'inchiesta trasparente" e di portare alla luce "tutta la verità sullo studente, che al Cairo conduceva una ricerca sul campo sui movimenti sindacali.