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MONDO

La vicenda di Ahmed Mansour

Germania, rilasciato giornalista di Al-Jazeera. Non sarà estradato in Egitto

Mansour era stato condannato a 15 anni in contumacia in Egitto per un episodio accaduto a Piazza Tahrir nel 2011. A sua difesa si era schierata l''Associazione Tedesca dei Giornalisti 

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Ahmed Mansour, giornalista egiziano-britannico di Al-Jazeera, è stato rilasciato dalle autorità tedesche che solo sabato scorso l'avevano fermato all'areoporto di Berlino. Sul suo capo pendeva una condanna a 15 anni di carcere in contumacia emessa da una corte penale de Il Cairo. La condanna era stata comminata ufficialmente per aver aggredito e torturato un avvocato in piazza Tahrir nel corso della rivolta 2011; ma si è diffuso presto il sospetto che questa sentenza fosse legata a motivazioni politiche che rimandavano all'ostilità del regime del presidente Abd al-Fattah Al-Sisi nei confronti di Al-Jazeera, emittente accusata di appoggiare la fazione islamica dei "Fratelli musulmani", a cui apparteneva il deposto presidente d'Egitto Mohamed Morsi.
 
A seguito della condanna l'identità di Mansour era stata inscritta nell'elenco degli '"avvisi rossi" dell'Interpol, cioè all'interno della lista dei ricercati  diffusa nei 181 paesi membri dell'organizzazione investigativa internazionale. La cattura a Berlino del giornalista ha destato immediato scalpore, esacerbato ancora dalla richiesta dell'Interpol egiziana di estradare Mansour, giunta in Germania il 20 giugno.
 
Tra le voci che si sono levate per protestare contro l'arresto del professionista egiziano-britannico si è fatta sentire quella del presidente dell'Associazione Tedesca dei Giornalisti (Djv), che ha invitato le autorità del paese a rifiutare l'estradizione. Un appello a cui si è associato anche il responsabile di Reporter senza Frontiere, Christian Mihr. Mihr ha sottolineato la necessità di aprire un'indagine sull'accaduto, spiegando come dietro alla condanna inflitta a Mansour potrebbero aver agito motivazioni politiche legate al nuovo corso del stato egiziano sotto il governo di Al-Sisi.

A gettare ulteriore sale sulle ferite aperte di quello che è diventato un vero e proprio caso mediatico internazionale sono arrivate le presunte rivelazioni fatte dal quotidiano egiziano "Al Youm al Sabea". Secondo il giornale le autorità tedesche avrebbero offerto al 52enne giornalista la possibilità del rilascio in cambio di informazioni sui leader del Fronte al Nusra e i comandanti dello Stato islamico.
 
La battaglia legale che ha visto Mansour protagonista involontario non è una vicenda che si presenta isolata nel panorma della libertà d'informazione nell'Egitto degli ultimi anni, ma richiama alla mente le vicissitudini di altri giornalisti di Al-Jazeera finiti nel mirino de Il Cairo. Solo a febbraio del 2015, infatti, sono stati liberati Moahamed Fahmy, Baher Mohamed e Peter Greste, condannati al carcere da una corte egiziana per attività di supporto ai "Fratelli musulmani", e per la diffusione di notizie false allo scopo di mettere in pericolo la sicurezza nazionale. Fahmy e Baher sono stati rilasciati dopo 413 giorni di carcere. Fahmy, naturalizzato canadese, ha dovuto pagare una cauzione da 33 mila dollari. Paradossalmente una volta in libertà si è scagliato contro la tv in cui lavorava, annunciando di voler intraprendere una causa legale nei suoi confronti. Secondo Fahmy, infatti, Al-jazeera si sarebbe resa veramente colpevole di perseguire "una strategia mirata per diffamare l'Egitto".