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MONDO

Il movimento ha già un nome semi-ufficiale: "The Umbrella Revolution"

Hong Kong: dilaga la protesta. Cina: "I Paesi stranieri non interferiscano"

Londra si è detta preoccupata dell'escalation e ha invitato le parti in causa ad impegnarsi in "discussioni costruttive". Pechino: "Gli affari di Hong Kong sono esclusivamente affari interni cinesi".  Intanto, ignorando l'appello del governo, il numero di manifestanti, che chiedono maggior democrazia, è cresciuto di ora in ora 

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Hong Kong (Ap)
Hong Kong
Dilaga la protesta a Hong Kong per chiedere maggiore democrazia e gli occhi del mondo sono tutti puntati sull'ex colonia britannica. Ma intanto la Cina ha intimato agli Stati Uniti e alle altre nazioni straniere, di non interferire negli affari interni di Hong Kong, perché si tratta di una questione interna cinese.

Aumentano i manifestanti in strada
Ignorando gli appelli del governo, migliaia di persone continuano a rimanere nelle strade e adesso Pechino si trova ad affrontare una delle sfide politiche più impegnative da piazza Tiananmen, 25 anni fa. Lungi dal diminuire, il numero di manifestanti è cresciuto di ora in ora. Sfidando il rischio di raffiche di gas lacrimogeni e i manganelli, migliaia di persone continuano la loro protesta e si preparano a trascorrere un'altra notte all'addiaccio. Una protesta guidata dagli studenti e dal movimento “Occupy Central with Love and Peace”.

"The Umbrella Revolution"
Il movimento ha già un nome semi-ufficiale, "The Umbrella Revolution" con loghi  visibili on line e diffusi dai media di Hong Kong: gli ombrelli sono stati usati ieri e sabato scorso dai manifestanti per coprire il volto dal lancio dei lacrimogeni e dagli spruzzi di spray al peperoncino. 

Il ritiro degli agenti antisommossa
In un estremo tentativo di sedare gli animi, il capo dell'esecutivo di Hong Kong, Leung Chun-ying,  ha annunciato il ritiro degli agenti in assetto anti-sommossa dalle strade; e ha anche smentito le voci circolanti sui social media, di chiedere aiuto all'Esercito di Liberazione del Popolo, che staziona in una guarnigione in città. Ma la leadership del movimento di protesta non sembra intenzionata a recedere: "Chiunque abbia una coscienza dovrebbe vergognarsi di essere associato a un governo che è così indifferente all'opinione pubblica", recitava il comunicato diffuso oggi da Occupy. 

Le cause della protesta
La protesta nell'ex colonia britannica è stata innescata dalla decisione di Pechino di porre forti limiti alle prime elezioni a suffragio universale del capo del governo locale, promesse per il 2017. La Cina ha limitato a due o tre il numero dei candidati alla carica di "chief executive". Inoltre, il governo centrale ha stabilito che i candidati devono essere approvati da un'apposita commissione elettorale di 1.400 persone, i cui membri vengono nominati da Pechino. 

Pechino: "I Paesi stranieri non interferiscano" 
Intanto la Cina intima agli Stati Uniti e alle altre nazioni straniere, inclusa l'ex potenza coloniale britannica, di non interferire. "Hong Kong è cinese. E' una regione cinese ad amministrazione speciale e gli affari di Hong Kong sono esclusivamente affari interni cinesi", ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, a Pechino. Una reazione forse al monito arrivato poco prima dal Foreign Office londinese: Londra, potenza coloniale ma liberale fino al 1997, si è infatti detta preoccupata dell'escalation e ha invitato le parti in causa ad impegnarsi in "discussioni costruttive".

I primi effetti della protesta
Ma le proteste hanno già prodotto i primi effetti: Hong Kong ha cancellato lo spettacolo di fuochi d'artificio a Victoria Harbour, per celebrare i 65 anni dalla nascita della Repubblica Popolare Cinese, mercoledì prossimo.