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MONDO

La trattativa

Iran, a Vienna si tratta sul suo programma nucleare. Gli Usa: Rispettare il testo-quadro di aprile

Nella capitale austriaca anche l'Alto rappresentante Ue Federica Mogherini. Un diplomatico di Teheran: i tempi potrebbero allungarsi rispetto alla deadline fissata al 7 luglio

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"L'Iran non si è impegnato a rispettare eventuali scadenze precise per il raggiungimento di un accordo con le potenze mondiali sul suo programma nucleare". L'annuncio di un diplomatico iraniano impegnato nel negoziato a Vienna è l'ultima notizia che trapela sulle difficili trattative in corso nella capitale austriaca dei Paesi del 5+1 con l'Iran. "Il 7, l'8 o il 9 luglio. Non consideriamo nessuna di queste date come quella in cui dobbiamo finire il lavoro (di stesura di un accordo finale, ndr)", ha detto il diplomatico. "Anche se il nostro lavoro non si concludesse entro il 9 luglio, non sarebbe la fine del mondo", ha aggiunto, precisando che il punto più importante è "raggiungere un buon accordo". "Se c'è bisogno - ha concluso - sarebbe meglio per noi restare a Vienna qualche giorno in più, piuttosto che tornare nel nostro paese e ritornare (nella capitale austriaca, ndr) più tardi". E la Casa Bianca fa sapere: un eventuale accordo deve riflettere l'accordo quadro raggiunto ad aprile.

E mentre secondo il Financial Times si sarebbe vicini come non mai ad un'intesa, con ancora con pochi, difficili, nodi da sciogliere, a Vienna continuano le trattative con il ministro degli Esteri di Teheran, Mohammad Javad Zarif, che dopo il faccia a faccia della mattina, è tornato a incontrare di nuovo il segretario di Stato Usa, John Kerry. Sempre nel pomeriggio - ha riferito l'agenzia di stampa ufficiale iraniana Irna - Zarif ha visto anche il suo omologo russo Sergei Lavrov, che si è unito stamane ai negoziati in corso nell'hotel Coburg.

Secondo il Ft un'intesa non solo trasformerebbe la faccia dell'economia iraniana, con la revoca delle sanzioni, ma modificherebbe nel profondo lo scenario mediorientale. Per l'amministrazione Obama è la priorità numero uno in politica estera, nonostante la feroce opposizione dei suoi alleati nella regione, Arabia Saudita e Israele in primis. I diplomatici Usa vogliono arrivare a un'intesa entro il 7 luglio al massimo, consapevoli che questa va presentata al Congresso prima di giovedì in modo da evitare lo stop di due mesi delle attività, che lascerebbe troppo margine per disfarla ai falchi contrari a un accordo. Per il segretario di Stato americano, John Kerry, è arrivato il momento di chiudere un accordo, ma il risultato non e' affatto scontato, ha sottolineato, benche' "non siamo mai stati piu' vicini". Parlando domenica, il capo della diplomazia americana ha riferito che "negli ultimi giorni abbiamo fatto progressi genuini, ma voglio essere assolutamente chiaro con tutti, nonsiamo ancora dove dobbiamo essere su diverse delle questioni piu' difficili".

In particolare, spiega ancora il Financial Times, delle tre questioni ancora sul tavolo - il percorso di revoca delle sanzioni, i temi inerenti alla "possibile dimensione militare" del programma nucleare iraniano e l'accesso agli osservatori Onu, potenzialmente anche alle basi militari - le prime due sembrano vicine a una soluzione mentre sull'ultima i negoziatori si stanno ancora dando battaglia. Su questa, infatti, Teheran mantiene il punto, con la Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, che ha più volte ribadito la sua opposizione.

Festeggiamenti vietati a Teheran
l ministero dell'Interno di Teheran ha vietato qualsiasi forma di festeggiamento in pubblico nel caso venga raggiunto l'accordo definitivo sul programma nucleare con il gruppo dei 5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia, Gb e Germania). Lo ha annunciato un portavoce del ministero, citato dai media ufficiali, secondo il quale il governo - nel caso sia raggiunta l'intesa - non ha previsto alcun evento né saranno "tollerati" festeggiamenti "spontanei" in strada.

Quando ad aprile, in Svizzera, l'Iran e i paesi del 5+1 hanno trovato l'intesa per un accordo quadro, migliaia di manifestanti si riversarono nelle strade di Teheran per celebrare la notizia. Vennero lanciati slogan a favore del presidente iraniano, Hassan Rohani, del ministro degli Esteri, Mohammad Javad Zarif e del presidente Usa, Barack Obama.