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MONDO

I lavori della 69° assemblea

Obama all'Onu: "L'Isis va distrutto, non si negozia con il male"

"Uniti contro l'Isis, ma non saremo mai in guerra con l'Islam", ha detto il presidente Usa nel suo intervento alle Nazioni Uniti. E alla Russia: "Pagherà per l'aggressione all'Ucraina: "Ma se avvia percorso pace, possibile revoca sanzioni"

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Barack Obama all'Onu
"Nessun Dio perdona questo terrore. Non si può ragionare, non si può negoziare con questo marchio del male. L’unico linguaggio che questi terroristi capiscono è il linguaggio della forza. Gli Usa lavoreranno con una coalizione allargata per smantellare questa rete della morte". All’assemblea generale dell’Onu mentre Obama rilanciava la lotta globale all'autoproclamato Stato Islamico e al terrorismo in generale viene diffuso . "Il gruppo terroristico conosciuto come l’Isis deve essere distrutto - ha aggiunto - già 40 paesi si sono offerti di unirsi alla nostra coalizione e chiedo al mondo di unirsi al nostro sforzo". Ma Obama ci tiene a precisare: "Gli Stati Uniti non saranno mai in guerra contro l’Islam perché insegna la pace e milioni di musulmani-americani fanno parte del nostro Paese. Non è uno scontro di civiltà".

Storica risoluzione, obblighi vincolanti
Quindicimila jihadisti stranieri da oltre 80 Paesi sono andati in Siria negli ultimi anni: all'Onu, il Consiglio di Sicurezza ha trovato unità in una risoluzione vincolante adottata all'unanimità per arginare la minaccia dei combattenti arruolati dall'Isis e Al Qaida nelle guerre d'oltremare. Il testo chiede agli Stati membri di "prevenire e reprimere" il reclutamento e il flusso dei combattenti stranieri sotto l'ombrello del capitolo 7 della Carta Onu, il quale fornisce al Consiglio l'autorità di comminare sanzioni e prevedere l'uso della forza. Per Barck Obama però, le intenzioni del mondo espresse oggi "devono essere tradotte in azioni concrete", poichè "le promesse sulla carta non sono in grado di mantenerci al sicuro".

La risoluzione adottata dai Quindici, sostenuta da oltre 101 co-sponsor, chiede che gli Stati membri rendano illegale recarsi all'estero o facilitare il viaggio di altri individui per "pianificare, preparare, perpetrare o partecipare ad atti
terroristici", e rafforzino la cooperazione regionale ed internazionale intensificando lo scambio di informazioni. Obbliga inoltre a "impedire l'ingresso o il transito nel territorio dei Paesi membri di qualunque persona che in base a
informazioni credibili stia cercando di pianificare o eseguire attacchi o entrare in un gruppo militante estremista".

L’appello ai musulmani e l'invito all'Iran
Obama non si è rivolto solo alle potenze occidentali nel suo intervento ma anche al mondo musulmano che "deve respingere con forza l’ideologia di Al Qaida e dell’Isis". Perché, spiega il presidente Usa, i cittadini musulmani devono "rispettare e onorare la tradizione dell’islam, ovvero l’istruzione, l’innovazione e la dignità della vita". Dal podio del Palazzo di vetro, Obama lancia quindi un nuovo appello all’Iran sul nucleare: "Non lasciate che passi questa opportunità storica: possiamo raggiungere una soluzione che soddisfi il vostro bisogno di energia e rassicuri il mondo che il vostro programma è di pace".  

Il medio oriente
Sulla questione israelo-palestinese Obama aggiunge che "lo status quo in Cisgiordania e Gaza non è sostenibile", ribadendo la posizione degli Usa a sostegno della soluzione alla questione israelo-palestinese con "due Stati che possono vivere fianco a fianco in pace e sicurezza". 

L'attacco a Mosca  
Non solo Isis però nell'intervento del presidente americano. Gli Stati Uniti, spiega Obama, "continueranno a far pagare alla Russia il prezzo dell’aggressione" in Ucraina, e la comunità internazionale deve fare la propria parte per aumentare l’isolamento di Mosca. "Le grandi Nazioni non dovrebbero essere in grado di essere prepotenti nei confronti di quelle più piccole", ha proseguito Obama che ha però concesso un'apertura a Mosca. Le sanzioni imposte alla Russia, ha infatti spiegato, saranno sollevate se "Mosca deciderà di seguire la via della diplomazia e della pace".

Sul terrorismo “non abbiamo fatto abbastanza”  
L’America è pronta ad assumere azioni "contro minacce" imminenti cercando allo stesso tempo un "mondo in cui la necessità di questo tipo di azioni diminuirà - afferma Obama -. Gli Stati Uniti non esiteranno a difendere i propri interessi, ma non si ritrarranno mai dalla promessa" della Dichiarazione Universale dei diritti umani, la nozione che la "pace non è l’assenza di guerra, ma la presenza di una vita migliore". Obama cita quindi il presidente John Fitzgerald Kennedy, che proprio all’Onu aveva parlato di terrorismo. "Il terrore non è un’arma nuova - aveva detto Kennedy -. nella storia è stato usato da chi non poteva prevalere con la persuasione e l’esempio". Poi il mea culpa del leader statunitense che sottolinea come il sistema internazionale "non sia riuscito a mantenere la pace e non è riuscito a fare applicare le norme internazionali".  

La risoluzione anti-reclutatori  
La crisi internazionale in Siria e in Iraq è al centro anche della riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, alla quale partecipano una decina di capi di Stato, durante la quale il presidente americano, che presiederà la seduta, presenterà una risoluzione che obbligherà tutti i 193 paesi membri ad adottare leggi per contrastare il reclutamento di jihadisti.

La risoluzione, quindi, imporrà alle nazioni di perseguire i propri cittadini che si sono recati in paesi stranieri per unirsi alla jihad ed i loro fiancheggiatori, compreso chi si dedica alla raccolta di fondi. Inoltre il testo proposto dagli Stati Uniti dovrebbe stabilire per la prima volta degli standard legali a cui i paesi membri dovranno aderire per prevenire e sopprimere il reclutamento di loro cittadini da parte delle organizzazioni terroristiche internazionali. E vietare l’ingresso e il transito sul proprio territorio nazionale di sospetti terroristi. L’obiettivo è quello di rafforzare ed unificare la cornice legale e politica dell’azione di contrasto al flusso di combattenti che si stanno recando in Iraq e Siria per unirsi all’Isis.