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POLITICA

Senato

Riforme, frattura Pd e Sel. Continua l'esame in Aula

A Palazzo Madama riprenderà alle 9,30 la discussione sugli emendamenti al ddl. Durante La seduta, caratterizzata dall'ostruzionismo attuato dalle opposizioni, sono stati respinti cinque emendamenti. Rissa sfiorata tra senatori dem e grillini

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La seduta notturna del Senato si è conclusa, con il voto e la bocciatura di soli cinque emendamenti alle riforme, a causa dell'ostruzionismo. I lavori riprenderanno domani alle 9,30. A fine seduta è stata bocciata la richiesta di M5s e Sel che il ministro degli Esteri Mogherini riferisse in Aula sulla Libia. E' stata invece decisa una imminente audizione in Commissione. Rissa sfiorata tra senatori del Pd e del M5s. Nei corridoi e nelle sale di Palazzo Madama. I contendenti sono stati però separati da altri colleghi e dai commessi. 

Ma la giornata è stata caratterizzata dalla rottura delle trattative tra il premier Matteo Renzi e le opposizioni sul ddl riforme, con protagonista la capogruppo Sel Loredana De Petris, alla guida di una pattuglia di sette parlamentari e sostenitrice della linea d'opposizione più dura al percorso delle riforme targato dal rottamatore. E lo stop alla trattativa, che scandisce l'alba di una giornata lunghissima, deflagra in una rottura più generale tra 'vendoliani' e Pd, in un duro botta e risposta tra chi nel 2013 correva assieme alle elezioni ed oggi, invece, rischia di avviarsi su sponde opposte alle future Regionali.

Partito come 'muro contro muro' sulle sorti del Senato e con la presentazione dei quasi 6mila emendamenti al testo da parte dei 'vendoliani', lo scontro tra Sel e Pd si accende ed estende in una manciata d'ore, da quando cioè la 'pasionaria' De Petris, scandisce in Aula il distacco da qualsiasi mediazione alla quale le varie anime dell'opposizione al testo sembravano avviate questa mattina dopo i fitti contatti di ieri. E lo scontro, in una manciata d'ore, diventa totale.

"La posizione di Sel preclude le alleanze future, soprattutto sul territorio", avverte il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti, che poi in Transatlantico, cerca di spiegare le ragioni sue e del Pd a Dario Stefano, tra i più morbidi nella pattuglia dei vendoliani a Palazzo Madama. "7 senatori Sel che non si piegano a ricatti sono un problema per'Italia? E i nuovi Padri della Patria sono Berlusconi e Verdini? #lottistaisereno", è la replica, piccata, di Nichi Vendola, che incassa l'immediata reazione del presidente del Pd, Matteo Orfini: "Caro Nichi, a rompere le alleanze è chi blocca le istituzioni".
 
Parole che scandiscono lo scivolamento di Sel verso lidi ben più lontani, rispetto a qualche mese fa, dal Nazareno, in un percorso segnato, di recente, dal passaggio dei deputati 'miglioristi' al Pd o nella corrente Led, anticamera, di fatto, di un futuro ingresso tra i Democrat. Nessuno, tra le fila di Sel, ha ancora dimenticato il recente terremoto, provocato, secondo lo stesso Vendola da una vera e propria 'opa' lanciata da Renzi.

Da lì in poi il deterioramento dei rapporti è stato progressivo, segnato dallo scontro su politica economica, riforme e Italicum, in merito al quale i vendoliani chiedono soglie più basse e uguali per i partiti che corrono dentro e fuori una coalizione. Ma, è l'accusa di Sel, da Renzi sono arrivate solo parole "irricevibili" e nessuna apertura concreta. "Dal governo nessuno ci ha chiamato", protestavano ancora questo pomeriggio tra le file vendoliane mentre un senatore ammetteva come Vendola "non fosse stato mai considerato come un interlocutore vero da Renzi".

Da qui la frattura. Con inevitabili conseguenze sulle alleanze in quelle Regioni dove, nelle prossime elezioni locali, il ruolo di Sel è e sarà oggetto di dibattito con il Pd e nel Pd, non senza malumori. "Che piacere andare alla festa di Sel stasera", twittava, serio e sarcastico, il leader della minoranza dem, Pippo Civati.