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ITALIA

Erano a Roma da una parente

Omicidio Emanuele ad Alatri, fermati due fratelli

Al vaglio le immagini di una telecamera che avrebbe consentito di individuare le persone coinvolte e i testimoni. In serata fiaccolata per Emanuele

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“La vicenda di una gravità spaventosa perché per motivi banali, una lite di una bevanda, si è arrivati alla morte di un ragazzo innocente e perbene. Tutto nato da un diverbio in discoteca non con un ragazzo albanese". Così il Procuratore Capo di Frosinone Giuseppe De Falco nel corso di una conferenza stampa nel Comando provinciale dei carabinieri di Frosinone sull'omicidio di Emanuele Morganti.

I due fermati, per i quali al momento è contestato l'omicidio volontario per motivi futili, sono due fratelli "riconducibili ad ambienti delinquenziali". "Non si sono consegnati - ha spiegato - sono stati presi a Roma perché là si trovavano. Sono stati trovati nell'abitazione di una parente". Si tratta di "soggetti noti negli ambienti alatrensi, cittadina assolutamente tranquilla, frequentata da frange delinquenziali violente nel settore del traffico contro il patrimonio e del traffico di stupefacenti".  Dobbiamo verificare se il comportamento così violente sia stato determinato da abuso di alcool o droga. Indagini devono accertare meglio - ha detto ancora De Falco - il movente di questa aggressione, se si sia trattato di esplosione di violenza fine a se stessa per affermare il controllo della zona o per altre ragioni ivi compreso l'equivoco iniziale che ha portato ad escalation".

I fermati sono due fratellastri: si tratta di Mario Castagnacci e Paolo Palmisani. Uno dei due è stato fermato a Roma, dove lavora in un ristorante. Sono le immagini delle telecamere della zona del pestaggio ad aver contribuito alla svolta nell'inchiesta, oltre ad alcune testimonianze raccolte dagli investigatori della Compagnia di Alatri e del Reparto operativo del Comando provinciale di Frosinone. Nell'inchiesta sarebbe coinvolto anche il padre dei due: il ruolo dell'uomo nella vicenda viene ora valutato dagli investigatori. Sembra che anch'egli fosse sul posto al momento dell'aggressione al giovane. Sono tre le fattispecie di reati ipotizzati a vario titolo per i 7 indagati: omicidio, rissa e detenzione e porto di strumenti atti a offendere.   

In centinaia a fiaccolata per Emanuele
Centinaia di cittadini hanno partecipato a Tecchiena (Frosinone) alla fiaccolata organizzata stasera per commemorare Emanuele. Tanta gente ha risposto all'iniziativa per dimostrare solidarietà ai genitori del giovane di Tecchiena. La fiaccolata è terminata davanti alla chiesa della frazione di Alatri dove Emanuele risiedeva con la famiglia. Subito dopo è iniziata una veglia di preghiera.

"Ancora non chiaro il movente, non è stato pestaggio di gruppo"
"Nonostante siano stati individuati indizi concreti a carico delle due persone fermate, c'è ancora molto da investigare. Questo con riferimento anche al movente". Ha precisato De Falco. Il procuratore ha sottolineato che le testimonianze raccolte finora sono contraddittorie. Proprio "la non sufficiente chiarezza dell'insieme delle dichiarazioni rese ha portato a menzionare l'esistenza di oggetti contundenti, un manganello e un tubolare, che non sono stati rinvenuti e sulla cui effettiva utilizzazione, le indagini al momento non hanno raggiunto risultati certi".  

Banale diverbio per una consumazione al bar
Secondo la ricostruzione degli inquirenti all'interno del locale "ha avuto origine un banalissimo diverbio tra Emanuele e un altra persona erroneamente indicata come di etnia albanese, circostanza non vera". "Una banale lite per motivi di accaparramento di una bevanda, per chi la beveva prima, ha condotto il personale del locale a portare fuori Emanuele" e la "persona con cui è nato il diverbio è rimasta dentro e non ha preso parte all'aggressione che, una volta fuori, c'è stata in posti diversi della piazza da parte di persone diverse in corso di identificazione. E con modalità diverse le une dalle altre. Per questo, allo stato delle indagini, non è possibile semplificare il tutto con affermazioni del tipo: pestaggio di gruppo". Morganti dopo esser stato cacciato dal locale nel quale stava trascorrendo la serata di venerdì è stato aggredito in momenti differenti, "da alcune persone con modalità diverse e diverse intensità. Dopo la prima aggressione Emanuele ha cercato di allontanarsi ed è stato seguito - spiega il magistrato - poi è ritornato per prendere la ragazza ed è stato nuovamente aggredito, con le lesioni al cranio che ne hanno provocato la morte".

La fidanzata: sembravano delle bestie
"Me l'hanno strappato dalle mani e mi hanno scansato via. Non riesco a credere che fossero così feroci: sembravano delle bestie": così la fidanzata di Emanuele rievoca il brutale pestaggio in un'intervista alla Stampa. "Quando ci hanno sbattuto fuori dal Miro' club e quelli hanno incominciato a picchiare, io ho cercato di tirarlo via, ma quelli erano troppo forti", ha spiegato. La giovane ha raccontato che è stato un ragazzo, "credo un albanese che era ubriaco", ad avvicinarsi a lei e a Emanuele dandogli fastidio: "Vicino a lui c'era anche un italiano, c'era la musica alta, molto alta, non si capiva neppure bene quello che dicevano. A un certo punto Emanuele ha replicato 'E adesso basta' e li' è cominciato il litigio". "M'hanno scavato un buco dentro, non ce la faccio, è un peso troppo grande da sopportare", ha raccontato Ketty. Secondo il quotidiano torinese la fidanzata di uno degli assassini ha platealmente sputato sui poveri resti di Emanuele urlando un "cosi' impari!".