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ITALIA

Catania

La scheda - Il clan Laudani tra famiglia, armi, affari e pentiti

Gli investigatori per anni lo hanno definito un "gruppo esterno" a Cosa nostra, come hanno raccontato diversi pentiti

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I Laudani di Catania ('Mussi ri ficurinia') negli ultimi decenni sono stati uno dei gruppi criminali più temibili della mafia catanese. A guidarli, da sempre, il "patriarca" Sebastiano Laudani, classe 1926, detenuto attualmente agli arresti domiciliari, considerata la sua età. Un clan a gestione familiare, violento, determinato con una propensione per gli affari - anche a Nord e in grande stile, come dimostra l'operazione antimafia di oggi - e ruoli strategici assegnati ai congiunti piu' stretti, tra i quali spiccano il figlio Gaetano Laudani, assassinato nel 1992 nella sua macelleria, e i nipoti Alberto Caruso e Giuseppe Laudani. 

Dei Laudani è sempre emersa l'indipendenza criminale rivendicata anche nei confronti di Cosa nostra catanese, con la quale, peraltro, durante gli anni Ottanta ha stretto un'alleanza: un patto funzionale all'irrobustimento del proprio peso criminale che ne ha fatto anche il braccio armato di Nitto Santapaola, il referente di Cosa nostra nella Sicilia orientale. Il clan inizialmente era una gruppo di allevatori che operava nel quartiere popolare catanese di San Cristoforo e molto vicino ai "Cursoti", i 'banditi' dell'Antico Corso che hanno caratterizzato l'alternanza a Cosa nostra nell'arcipelago frastagliato della criminalita' di Catania.

Per anni gli investigatori lo hanno definito un "gruppo esterno" a Cosa nostra, come hanno raccontato diversi pentiti: nati negli anni sessanta inizialmente i Laudani si sono concentrati sugli affari illegale del mercato clandestino della carne, rilevando macellerie e allevamenti in tutta la provincia etnea. Con ai vertici Sebastiano Laudani, la loro influenza all'interno di Catania si estese e il clan si ampliò. E' negli anni Ottanta che la famiglia raggiunge e consolida un ampio e strutturato potere militare ed economico, derivato da una incontrastata forza intimidatoria che trova nella commissione di numerosi omicidi, atti di violenza e minacce la sua forza propulsiva, riuscendo così a imporre la sua leadership.

Molteplici e variegate le attività illecite cui si dedicano i "Mussi": estorsioni, rapine, traffico di stupefacenti e usura, denaro reinvestito per espandere ancora il dominio del clan. E' a quel punto che magistratura e forze dell'ordine iniziato la loro attività di demolizione: per la prima volta - è il 1989 - viene arrestato il patriarca Sebastiano Laudani e la direzione del clan passa nelle mani del figlio Gaetano (ucciso nel 1992). Sono gli anni delle operazioni e dei processi "Fico D'India" che a più riprese trascinano in carcere la maggior parte degli affiliati. Alle corde i Laudani costringono le varie famiglie mafiose a stipulare una "pax mafiosa" che si allunga nel tempo. Ma sono anche gli anni della riorganizzazione silente per dare luogo ad una escalation criminale culminata con una serie di atti criminali efferati, tra questi l'attentato alla caserma dei carabinieri di Gravina di Catania (18 Settembre 1993), l'omicidio dell'agente di polizia penitenziaria Luigi Bodenza (24 marzo 1994) e l'assassinio dell' avvocato penalista Serafino Famà (9 novembre 1995).

Alla fine degli anni Novanta la leadership del clan passa nelle mani nel nipote prediletto di Sebastiano, Giuseppe Laudani che però qualche anno dopo tradisce la tradizione criminale di famiglia divenendo un collaboratore di giustizia. E' stato lui a svelare le macchinazioni e i retroscena di una delle famiglia più temute e potenti di Catania. Le sue dichiarazioni recentemente sono confluite in un atto d'accusa e culminate in un maxi blitz "Vicere'" che ha portato in carcere decine di affiliati.