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ITALIA

Libia, Presidente della Bonatti: rispettati gli obblighi di legge

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Cantiere Bonatti in Libia
"Ovviamente noi eravamo in Libia per un ruolo ben preciso che avevamo e abbiamo tuttora all'interno degli impianti della Mellitha oil and gas. Sono 8 mesi che collaboriamo a stretto contatto con l'unità crisi della Farnesina. Abbiamo adempiuto tutti gli obblighi di legge che deve rispettare chi opera in settori strategici e in aree critiche". Lo dichiara all'ansa Paolo Ghirelli, presidente della Bonatti, società per cui operavano i due tecnici uccisi e i due rientrati in Italia in merito alle ragioni per cui si trovavano in Libia.

Oggi è stato il premier Renzi a dichiarare che andranno accertate "le responsabilità, perché i quattro sono entrati in Libia quando c'era un esplicito divieto di entrarci da parte nostra".    

"Il tema è abbastanza delicato", ha sottolineato Ghirelli. "Noi capiamo il senso di queste parole in questi momenti, però ci sarà modo e tempo di chiarire ciascuno le proprie posizioni. Noi siamo sereni di aver agito e di aver fatto fare cose che tengono conto della situazione complessiva e della sicurezza della nostra gente".    

Ghirelli sottolinea che "soprattutto in queste ultime ore insieme all'unità di crisi e alle autorità libiche abbiamo provveduto ad assistere alla fase di rientro dei due tecnici sopravvissuti. Il nostro obiettivo prioritario era di coordinarci con unità di crisi sugli aspetti logistici per assicurare il rientro a casa. Una nostra delegazione era ovviamente a Ciampino stamani ad accogliere Gino Pollicardo e Filippo Calcagno e li ha incontrati. In questi giorni siamo stati in contatto con le famiglie dei rapiti e delle vittime. Certo contavamo che ci fosse una soluzione per tutti: sono nostri colleghi".    

Al momento, Ghirelli afferma di non avere informazioni sulle salme e sul rientro, se non quelle che arrivano dalle fonti libiche.

"Attualmente sono una decina gli italiani che operano per noi in Libia", dice Paolo Ghirelli. "Una parte dei nostri addetti, circa 250, sono espatriati internazionali, cioé personale non libico, e tra questi c'è un numero limitato di italiani, una decina, impegnati in funzioni che richiedono competenze tecniche evolute; gli altri, circa 300, sono libici".