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ITALIA

Ragazzi italiani

Ragazzi italiani, emozioni 'sospese' tra divertimento e abuso

Da una ricerca dell'Osservatorio nazionale sull'adolescenza emerge che il 6,5% degli under 18 fa o ha fatto parte di una "banda" giovanile, il 16% ha commesso atti vandalici, tre su dieci hanno partecipato a una rissa

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Emozioni sbagliate, come esibizionismo e sopraffazione, si ritrovano nelle 'baby gang', termine sempre più spesso agli onori delle cronache. Per indicare aggregazioni giovanili, quasi sempre poco strutturate se non proprio "improvvisate", che fanno del vandalismo, della rissa e della violenza gratuita le loro ragioni sociali.

Un fenomeno in crescita 'a macchia di leopardo' che - come dimostra anche l'episodio del Pincio a Roma - ha una sua specifica dimensione virtuale di "rivendicazione" via social.

Secondo l'analisi di "Poliziamoderna", il periodico ufficiale della Polizia di Stato, le bande giovanili si possono distinguere essenzialmente in tre sottocategorie.

La prima è quella costituita da ragazzi che quasi sempre si mettono assieme spontaneamente per commettere reati sospesi tra il "divertimento" e l'abuso, e che pure - in particolari contesti - possono diventare gravissimi: è il caso, tra gli altri, dell'uomo vittima di sevizie del "branco" a Manduria. Si tratta di "ragazzi che traggono dalla coesione un senso di forza, talvolta di onnipotenza": in sostanza, da soli non avrebbero mai il coraggio di entrare in azione, in gruppo - spesso sotto l'influenza di un leader - diventano pericolosi.

La seconda tipologia è tipica delle aree - tendenzialmente metropolitane - a più alta densità mafiosa: i minori 'respirano', loro malgrado, modelli di cultura criminale e cercano di replicarne i comportamenti. Un caso emblematico, nell'area partenopea, è quello delle cosiddette "stese", scorribande di giovani armati a bordo di scooter. "Un ibrido, in fondo - spiegano gli investigatori - tra una baby gang e i 'baby camorristì, ai quali le organizzazioni malavitose affidano compiti via via più impegnativi".

Terza ed ultima categoria è quella dei latinos, formata da figli di immigrati di seconda generazione di origine ispanica di età differenti: l'humus è quello delle periferie delle grandi città del nord. Si tratta di vere e proprie strutture organizzate che "in qualche modo cercano di recuperare l'orgoglio della propria appartenenza etnica, creando le pandillas, le bande di strada d'ispirazione sudamericana".

Difficile, se non impossibile, è individuare una matrice socio culturale. Le bande giovanili spesso sono formate da giovani di famiglie problematiche o a basso reddito, dove è più alta la dispersione scolastica, ma non di rado il fascino del gruppo conquista adolescenti "normali", che appartengono a famiglie della media borghesia e a quartieri bene: magari hanno in tasca una generosa "paghetta" e lo smartphone di ultima generazione e la rapina ai danni della vittima di turno asseconda solo un bisogno di sopraffazione fine a se stesso. Nessun rito di iniziazione, come accade nelle gang statunitensi o latino americane, e pochi, essenziali codici di comportamento. La parola chiave è "condivisione:" di regola il raid finisce nella memoria del cellulare, con video che restano nelle ristrette chat di gruppo o sui social, soprattutto su quelli più "in" tra i giovanissimi. In un vuoto ideologico sempre più evidente, con la politica completamente ignorata o quasi, il 'branco' non è indifferente - anzi - al richiamo dell'alcol (più che delle droghe) e musicalmente predilige rap e trap.

Da una ricerca dell'Osservatorio nazionale sull'adolescenza emerge che il 6,5% degli under 18 fa o ha fatto parte di una "banda" giovanile, il 16% ha commesso atti vandalici, tre su dieci hanno partecipato a una rissa. È all'interno di questo range che si inquadra, ma non si esaurisce, il fenomeno. Dai dati del ministero della Giustizia si evince che, in genere, "la criminalità minorile è connotata dalla prevalenza dei reati contro il patrimonio, in particolare furti e rapine". Frequenti le violazioni delle disposizioni in materia di stupefacenti, "mentre tra i reati contro la persona prevalgono le lesioni personali volontarie". Nel dettaglio, dei 51.900 reati addebitati a minori nel 2020 (il dato è aggiornato al 15 novembre) il 24,3% sono contro la persona e il 43% contro il patrimonio. E dei reati contro la persona, il 39,8% sono lesioni personali volontarie, il 16,1% minacce, il 7,5% violenze sessuali, il 7,4% violenze private e il 4,7% risse. La maggior parte dei minori autori di reato è in carico agli Uffici di servizio sociale per i minorenni (12.041 maschi e 1.305 femmine, per lo più straniere, provenienti da ex Jugoslavia e Romania): l'età della prima resa in carico è di meno di 14 anni per 116 minori e 14 anni per 877. Sempre al 15 novembre, i presenti negli istituti penali per minorenni erano 306 (ma più della metà, 176, ha tra i 18 e i 24 anni); 816 gli ingressi.