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“Bella Ciao”: un manifesto internazionale per la libertà

“Bella Ciao”: un manifesto internazionale per la libertà Tania/Contrasto
La canzone in italiana cantata da tutto il mondo diventata il simbolo della resistenza ucraina e della protesta iraniana
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Dall'Ucraina al Kurdinstan, a Hong Kong e ormai in Iran, i manifestanti di tutto il mondo si incontrano e uniscono nelle note e nelle parole di "Bella Ciao", il canto tradizionale italiano divenuto simbolo della libertà.

Virale sta diventando il duo di ragazze iraniane che canta la versione in farsi di "Bella Ciao", per protestare contro l'hijab e la morte, per mano della polizia morale, della 22enne Mahsi Amini, caso che ha scatenato un'ondata di proteste in Iran. Il video è stato rilanciato su Twitter dalla giornalista della Cnn, Frida Ghitis.

 

" Questa canzone è molto famosa in Iran, e in tutto il mondo, perché è un simbolo contro l'oppressione", ha dice Masah, un'espatriata iraniana di 29 anni, durante un raduno di solidarietà a Roma. 

"Bella Ciao" la ricordiamo nel canto delle donne combattenti curde in Turchia, in quello dei manifestanti dell'Umbrella Revolution, nel 2014 ad Hong Kong, mentre sfidano il governo cinese per chiedere più democrazia. La ritroviamo  nella recente protesta delle cantanti e attrici francesi contro il regime di Teheran sui social e cantata dagli espatriati iraniani di Parigi che nei giorni scorsi hanno protestato per la morte della giovane Mahsa.

Anche a Gerusalemme, l'anno scorso, gli oppositori del primo ministro uscente Benjamin Netanyahu, soprannominato "Bibi Netanyahu", hanno cantato "Bibi Ciao" sull'aria della canzone, in segno di gioia nella prospettiva che chiudesse il suo mandato. Nel 2019, i manifestanti dell'opposizione in Iraq si riunivano al canto di "Blaya Chara", che significa "non uscita" in dialetto iracheno, con la stessa melodia di "Bella Ciao"." 

In Italia, "Bella Ciao" è un inno nazionale ufficioso che abbiamo ascoltato con emozione dai balconi durante il lockdown dovuto alla pandemia di coronavirus nel 2020. 

Due soldatesse al fronte cantano 'Bella Ciao', versione Ucraina

Gli ucraini l'hanno intonata quest'anno di fronte alle forze russe. Un canto liberatorio e familiare risuona sul fronte di guerra. Lo aveva già fatto la cantante folk Khrystina Soloviy riadattando “Bella Ciao” in lingua ucraina. Intervistata dichiarò: “Questa canzone è universale, la dedico con parole nuove alle forze armate ucraine, ai nostri eroi e a tutti coloro che in questo momento stanno difendendo la mia terra”. Un messaggio che ha fatto breccia.

La storia della canzone “Bella Ciao”

Non vi sono prove che sia la canzone della Resistenza partigiana, secondo Carlo Pestelli, autore del libro "Bella Ciao: Il canto della libertà", intervistato dall’agenzia francese, Afp. La sua storia risale ai canti del diciannovesimo secolo del nord Italia. "È difficile stabilire con precisione le sue origini", spiega Carlo Pestelli, notando che la musica stessa ha fonti diverse. 

Le sue parole ambigue - evocando un invasore anonimo e l'onore di morire per la libertà - lo hanno fatto da allora un simbolo di solidarietà per molte cause. " Non era una canzone comunista, ma un manifesto per la libertà, rappresenta valori apolitici che tutti sono in grado di comprendere e condividere", spiega Pestelli. È anche "una canzone facile da cantare", con un ritornello accattivante che anche i non italiani possono riprendere in coro.

La popolarità di "Bella Ciao" 

La sua internazionalizzazione arriva con la serie di successo “La casa de papel”. Recentemente è poi stata protagonista di dibattiti nel mondo della musica per la scelta di Laura Pausini di non intonarla durante un programma televisivo spagnolo.