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MONDO

Il racconto di Pollicardo e Calcagno

Libia."Noi 4 sempre insieme. Poi hanno portato via Fausto e Salvatore".Le salme forse oggi in Italia

Gino Pollicardo e Filippo Calcagno hanno appreso della morte degli altri due tecnici una volta rientrati in Italia. Hanno condiviso gli 8 mesi di prigionia fino a mercoledì scorso. Un tempo segnato da calci e pugni e da lunghi periodi di digiuno. I corpi dei due colleghi potrebbero rientrare oggi in Italia

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"I corpi sono sempre a Surman", nei pressi di Sabrata ma "è molto probabile che il rimpatrio avvenga oggi". Così il sindaco di Sabrata, Hussein Al-Zawadi, rispondendo a domande sul rientro in Italia delle salme dei tecnici uccisi in Libia, Salvatore Failla e Fausto Piano. Surman è una cittadina contigua da Sabrata (i rispettivi centri distano meno di 10 km uno dall'altro) la cui milizia si coordina con quella del municipio guidato da Al Zawadi. Le due milizie, insieme, sono state impegnate nello scontro a fuoco in cui hanno perso la vita i due tecnici italiani.

Pollicardo e Calcagno raccontano i giorni della prigionia: "Picchiati e affamati"
Hanno subito violenze psicologiche e fisiche Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, i due tecnici italiani tenuti ostaggio in Libia per quasi otto mesi. Lo hanno raccontato ieri agli inquirenti. In questi 8 mesi di prigionia, sarebbero stati picchiati con calci e pugni e in alcuni casi colpiti con il manico del fucile. Le violenze sarebbero state anche di natura psicologica con i carcerieri che a volte non davano loro cibo per giorni. I due sarebbero riusciti a liberarsi da soli venerdì scorso. Agli inquirenti hanno raccontato che mercoledì i carcerieri hanno prelevato Salvatore Failla e Fausto Piano forse per effettuare un trasferimento in una nuova prigione. Da allora Pollicardo e Calcagno non hanno più incontrato i loro sequestratori e non hanno ricevuto né acqua né cibo. Hanno così deciso di sfondare la porta del luogo in cui erano segregati e sono riusciti a fuggire.

Prigionieri di una banda di criminali
Dall'audizione emrege anche che i tecnici italiani sono stati tenuti prigionieri da un gruppo islamista non direttamente riconducibile all'Isis, quasi certamente una banda di criminali comuni. Secondo quanto ricostruito da Calcagno e Pollicardo, sono stati tenuti prigionieri sempre nella zona di Sabrata e sempre dalle stesse persone. Due i carcerieri che si alternavano. Del gruppo faceva parte anche una donna.

Non sapevano della morte di Failla e Piano
Pollicardo e Calcagno hanno saputo della morte dei due colleghi solo una volta giunti a Roma. In base a quanto si è appreso, i due non conoscevano la sorte tragica di Salvatore Failla e Fausto Piano. "Penso ai colleghi che non ci sono più", ha detto Pollicardo rientrato a casa a Monterosso. Anche Calcagno ha appreso solo una volta tornato a casa, a Piazza Armerina, nell'Ennese. "Soltanto oggi ho saputo della morte di Salvatore Failla e Fausto Piano..." ha detto, tra le lacrime.

Autopsia di Failla e Piano a Tripoli
Il sindaco di Sabrata, Hussein al-Zawadi, ha confermato che "la questione dei corpi e dell'autopsia è nelle mani della Procura e del Procuratore generale, al fine di determinare le cause della morte". Le salme saranno consegnate oggi a Tripoli e, dopo l'autopsia di rito, il procuratore chiamera' il legale della ditta Bonatti presente in Libia per il rientro in patria". 

La famiglia Piano rompre il silenzio
Ha rotto il lungo silenzio la famiglia di Fausto Piano. E' il figlio Stefano a parlare: "Ora aspettiamo solo il ritorno a casa del corpo di nostro padre. Lo Stato ci deve dire la verità sulla sua morte". "Non abbiamo nominato alcun legale, quello che chiediamo in questo momento sono solo le risposte alle nostre domande. Ci devono spiegare cosa è accaduto veramente e perché mio padre e il suo collega sono morti. Non abbiamo potuto riabbracciarlo da vivo - conclude Stefano Piano - l'unico nostro pensiero adesso è poterlo riavere presto a casa per dirgli addio dignitosamente".

La vedova Failla: "Il messaggio di cordoglio di Mattarella? Per me non ha valore"
"Non ha valore per me quel messaggio. Mi dispiace dirlo. Non vale niente. Non mi tocca": cosi' Rosalba Castro, vedova di Salvatore Failla, commenta il messaggio di cordoglio ricevuto dal capo dello Stato. "Non voglio le condoglianze - dice la donna - dovevano riportarmelo vivo. Dovevano fare il possibile". E alle sollecitazioni dei giornalisti dice: "si', lo Stato ha fallito. Perche' mi sta riportando mio marito in una bara".