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MONDO

Il dossier

Migranti, a Bruxelles il vertice con la Turchia. Ma sull'accordo con Ankara pesa il caso Zaman

E' ancora caos sulla rotta balcanica. Oggi il summit europeo con la Turchia 

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 E' un Consiglio europeo ancora una volta complicato quello che si svolgerà oggi a Bruxelles. Si tratta infatti di un vertice straordinario che era stato convocato per fare il punto con la Turchia sulla crisi migratoria, dal momento che all'ultimo summit del 18 e 19 febbraio il premier Ahmet Davutoglu non era potuto intervenire, trattenuto in patria dall'attentato ad Ankara. Occorreva fare il punto sui progressi dell'accordo del 29 novembre scorso: tre miliardi di euro e l'accelerazione del processo di adesione all'Ue in cambio dell'impegno a tenersi i rifugiati siriani. La Turchia non fa abbastanza, aveva denunciato però in questi mesi Bruxelles, i profughi continuano ad arrivare in Grecia e a risalire i Balcani. "Il flusso di rifugiati resta ancora troppo alto ed una ulteriore azione è necessaria" era andato a dire di persona il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk a Davutoglu giovedì. Insomma, "fermateli" era il senso del messaggio.

Il caso Zaman
Ma tra venerdì e sabato qualcosa potrebbe essere cambiato. La notizia del commissariamento del principale quotidiano turco, Zaman, e le immagini della repressione delle proteste con i gas lacrimogeni, hanno fatto il giro del mondo. Segnali troppo forti questa volta per essere ignorati. Finora la repressione sempre più violenta della minoranza curda e l'incarcerazione dei giornalisti di opposizione era di fatto stata messa tra parentesi dall'Ue, alle prese col rischio di veder crollare Schengen. Persino l'appello di Can Dundar, direttore del quotidiano turco Cumhuriyet arrestato per un'inchiesta del suo giornale, rivolto dal carcere (nel quale rimase tre mesi insieme al suo vice) ai leader europei proprio alla vigilia dell'accordo Ue-Turchia del 29 novembre scorso, non aveva sortito effetti.

Le reazioni
Questa volta sarà più difficile far finta di niente. Se da una parte i massimi vertici europei, il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker e quello del Consiglio Donald Tusk evitano commenti, e la cancelliera tedesca Angela Merkel sembra prepararsi a insistere ancora una volta sull'asse con Ankara, in ordine sparso arrivano un po' di voci in direzione opposta. E' lo stesso ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, eterno rivale della Merkel, a far sapere in una intervista alla Bbc che il governo di Berlino nutre seri dubbi sul processo di adesione di Ankara all'Unione europea. Mentre il commissario europeo per la Politica di vicinato e i negoziati per l'allargamento, Johannes Hahn, si dice "estremamente preoccupato", annunciando che l'episodio "mette in pericolo i progressi fatti dalla Turchia in altri ambiti". "Seguiremo questo caso da vicino. La Turchia, come Paese candidato, deve rispettare la libertà dei mezzi di comunicazione", scrive. "L'Unione europea ha ripetutamente sottolineato che la Turchia, come Paese candidato, deve rispettare e promuovere alti standard e pratiche democratiche, inclusa la libertà di stampa", ammonisce l'alta rappresentante per la Politica estera dell'Unione europea, Federica Mogherini, in una nota. "Voglio sollevare questa questione lunedì con Ahmet Davutoglu", annuncia il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, perché "se qualcuno non è d'accordo con le notizie di un giornale dovrebbe opporsi con i fatti, non imbavagliando il giornalismo". 

Tusk ai migranti: "Non venite in Europa"
Proprio Tusk si era dato molto da fare per preparare questo summit, visitando in tre giorni, da martedì a giovedì, Vienna, Lubiana, Zagabria, Scopie, Atene e terminando il tour proprio ad Ankara. Aveva lodato gli sforzi turchi per il rafforzamento il pattugliamento delle coste, invitandoli a fare di più. Da Atene aveva lanciato un drammatico appello nel corso dell'incontro col premier greco Alexis Tsipras. "Qui da Atene - aveva detto - voglio fare appello a tutti i potenziali migranti economici da dovunque voi veniate. Non venite in Europa". Poi aveva lanciato l'idea di un "meccanismo rapido e su vasta scala per rimpatriare i migranti irregolari che arrivano in Grecia" in Turchia, meccanismo, aveva detto, che apparirebbe "a molti in Europa il metodo più promettente".

Asse Roma-Berlino
Tra i "molti in Europa" ci sono sicuramente Italia e Germania. Il ministro dell'Interno Angelino Alfano e il suo omologo tedesco Thomas de Maiziere, infatti, hanno scritto una lettera alla Commissione europea, chiedendo di attivare un "robusto e coordinato meccanismo di rimpatrio europeo" per rimandare indietro i cosiddetti 'migranti economici'. Alfano e de Maiziere chiedono di creare un sistema di registrazione dei migranti a livello Ue e auspicano un'armonizzazione delle procedure per i richiedenti asilo, proponendo di destinare più fondi all'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (Easo). I due suggeriscono di identificare i migranti che hanno bisogno di protezione internazionale nei loro Paesi di origine o nei Paesi di transito prima di portarli in Europa, in particolare in Turchia, e propongono di istituire un "sistema istituzionalizzato di ricollocamento in Ue". In altre parole, di superare Dublino.

Il caos Balcani
L'asse Roma-Berlino (il premier Matteo Renzi ha sentito giovedì la cancelliera tedesca Angela Merkel, oltre al premier olandese e presidente di turno Mark Rutte) nasce soprattutto in contrapposizione ai Paesi dell'Europa centrorientale e dei Balcani. Il cancelliere austriaco Werner Faymann, incontrando Tusk, ha ribadito che i migranti "devono essere fermati lungo la rotta dei Balcani", denunciando il "caos disorganizzato dell'Europa" e confermando l'intenzione di fermare a 37.500 il numero dei rifugiati da accogliere nel 2016: "Se l'Europa agisse in modo simile all'Austria allora prenderebbe due milioni di persone", ha rivendicato. La sua preoccupazione è sempre la stessa: la rimonta dei populisti. E il caso della Slovacchia (che a luglio assumerà la presidenza di turno dell'Ue) sembra dargli ragione: il voto ha consegnato la vittoria al premier uscente, il socialdemocratico Robert Fico, ma ha anche segnato una forte avanzata delle forze dell'estrema destra.

Praga contro Atene
Il tutto mentre ancora una volta si confondono i piani e si incrociano i terreni di conflitto tra i Paesi europei: se in settimana la Commissione Ue ha annunciato 700 milioni di euro in tre anni per aiutare la Grecia (ufficialmente "i Paesi più colpiti dalla crisi migratoria") ad affrontare la situazione, il presidente della Repubblica Ceca Milos Zeman, ha attaccato, avanzando la proposta che la Grecia ripaghi i debiti ai creditori stranieri accettando di ospitare dei centri per migranti in cui riportare indietro i profughi giunti in Europa. "Un'idea originale - ha detto - che permetterebbe di prendere due piccioni con una fava". Aggiungendo: "Si costruirebbero centri di detenzione sulle isole greche e qui i migranti verrebbero riportati dall'Europa" mentre "la Grecia, mantenendo questi centri di detenzione pagherebbe il suo debito estero altrimenti inesigibile".


Navi nato nell'Egeo per combattere i trafficanti
Le navi della Nato saranno impegnate nel Mar Egeo e in particolare nelle acque territoriali di Grecia e Turchia nella lotta contro i trafficanti di esseri umani e per fare fronte all'emergenza migranti. Le unità della Nato opereranno in stretto contatto con quelle dei due paesi e di Frontex. Lo ha reso noto la stessa alleanza.  "Lo scopo - afferma la nota - non è fermare o respingere le barche dei migranti, ma aiutare gli alleati Grecia e Turchia, così come l'Unione europea, nei loro sforzi per contrastare il traffico di esseri umani e le reti criminali che alimentano questa crisi". Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, parla di "un eccellente esempio di come Nato e Ue possono lavorare insieme per rispondere a sfide comuni".