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MONDO

I potenti cinesi e il paradiso fiscale

Panama Papers. Lo scandalo tira in ballo Mao e il Global Times si chiede: come mai pochi nomi Usa?

Nuovi nomi e dettagli dei familiari dei potenti cinesi collegati allo scandalo sono stati pubblicati dal quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung. La principale testata cinese, il Global Times, pubblica oggi un editoriale che getta ombre sull'indipendenza dell'inchiesta e si interroga sulla possibilita' di agenti dei servizi statunitensi infiltratisi tra i giornalisti dell'Icij

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Spuntano nuovi nomi e dettagli dei familiari dei potenti cinesi collegati allo scandalo dei Panama Papers e nuovi numeri del giro di affari in Cina degli uomini collegati ai documenti riservati dello studio legale panamense ottenuti dal quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung e diffusi ai media internazionali dall'International Consortium of Investigative Journalists (Icij).

I personaggi coinvolti sono figli, nuore, nipoti, generi e cognati della "nobilta' rossa" di Pechino, in parte identificati nei giorni scorsi, ma le nuove scoperte rivelano nel dettaglio molto piu' di quanto si sapesse sulle fortune dei leader cinesi, passati e presenti. Tra gli intestatari di societa' offshore, c'e' anche quello di Chen Dongsheng, genero di Mao Zedong, che ha creato la Keen Best International Limited con sede alle Isole Vergini Britanniche nel 2011. Jasmine Li, nipote dell'ex numero quattro del Partito Comunista Cinese Jia Qinglin, e' l'unica azionista di due societa' registrate alle Isole Vergini Britanniche, la Harvest Sun Trading Limited e la Xin Sheng Investments Limited, con almeno due filiali a Pechino costituite nel 2009, specializzate in investimenti e consulenze nel settore immobiliare e con un capitale registrato di circa 250mila euro. Li aveva acquistato per un dollaro la Harvest Sun nel 2010, quando era ancora una studentessa a Stanford, da un imprenditore di Hong Kong, Cheung Yu Ping, noto come "il re degli orologi", che apparentemente non avrebbe legami con Li ne' con il potente nonno. Cheung e' a capo della Hengdeli, valutata 470 milioni di dollari alla Borsa di Hong Kong ed e' uno dei maggiori rivenditori in Asia di orologi di noti brand svizzeri.

Tra i nomi gia' emersi c'e' quello di Deng Jiagui, il cognato del presidente cinese, Xi Jinping. La figlia dell'ex primo ministro Li Peng. Li Xiaolin, nota per lo stile di vita vistoso e l'amore per il lusso. Attualmente, e' vice presidente del gruppo statale China Datang Corporation ed e' tra i delegati della Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese, l'organo di consulenza dell'Assemblea Nazionale del Popolo, il parlamento cinese. Tra gli altri familiari di nomi di spicco della politica cinese ci sono quelli di Liu Yunshan e Zhang Gaoli, attuali membri del Comitato Permanente del Politburo, il vertice del potere in Cina; Zeng Qinghong, vice presidente cinese fino al 2007, e Hu Yaobang, segretario generale del Partito Comunista Cinese dal 1982 alla morte nel 1987. Zeng Qinghuai, fratello dell'ex vice presidente cinese.

Hong Kong e la Cina: la maggiore fonte di introiti per Mossack Fonseca
Hong Kong e soprattutto la Cina, dove lo studio Mossack Fonseca aveva uffici in sette citta' (Shanghai, Shenzhen, Dalian, Hangzhou, Jinan, Ningbo e Qingdao) sono la maggiore fonte di introiti per Mossack Fonseca, con clienti intestatari o con partecipazioni in circa 40mila societa' offshore. Almeno diecimila di queste erano ancora pienamente operative lo scorso anno, secondo i conti dello studio Mossack Fonseca. Lo scorso anno circa mille miliardi di dollari hanno lasciato la Cina, seicento miliardi dei quali senza essere soggetti ad alcun controllo bancario. I capitali sono usciti spesso attraverso complicati sistemi di 'money transfer' che aggirano le attuali regole che permettono a ogni singolo cittadino trasferimenti di denaro per un massimo di cinquantamila dollari all'anno.

Il Global Times: indipendenza dell'inchiesta discutibile
Il quotidiano cinese Global Times, dopo I'editoriale al vetriolo di due giorni fa, esce oggi con una analisi scaturita dalle dimissioni, sull'onda dello scandalo, del premier islandese David Gunnlaugsson. Il giornale cita il fatto come una vicenda che "ha lasciato la forte impressione che i documenti avrebbero avuto un impatto sui politici di molti Paesi europei. Ma la realta' non e' cosi'". "Vale la pena meditare sull'impatto dei Panama Papers sui Paesi non occidentali", spiega il Global Times, secondo cui i Panama Papers sono a rischio di manipolazioni e l'indipendenza dell'inchiesta sui conti offshore gestiti dallo studio Mossack Fonseca e' discutibile.

Due i punti principali su cui concentra l'attenzione. "L'international Consoritum of Investigative Journalists che esamina i Panama Papers e' stato lanciato come progetto del Center for Public Integrity la cui indipendenza e' stata messa in dubbio", sottolineando che pochi nomi statunitensi sono stati messi in relazione allo scandalo. In seconda battuta, il Global Times si interroga sulla possibilita' di agenti dei servizi statunitensi infiltratisi tra i giornalisti dell'Icij. "Piu' grande e' la mole di documenti, piu' spazio ci sara' per le manipolazioni dell'intelligence". Pur smussando i toni rispetto all'editoriale di due giorni fa sulla vicenda, la conclusione del Global Times e' che "esaminare i Panama Papers con prudenza e' di necessita' vitale".

Da Pechino, intanto, non arrivano nuove dichiarazioni ufficiali dopo gli ultimi esami dei documenti dello studio Mossack Fonseca che entrano nel dettaglio dei rapporti tra i familiari dei leader e le societa' offshore nei paradisi fiscali. Il Ministero degli Esteri cinese ritiene "accuse senza fondamento" le rivelazioni contenute tra gli 11,5 milioni di documenti provenienti da Panama, e la vicenda e' largamente assente dalla stampa ufficiale. Nei giorni scorsi, era entrata in azione anche la censura che bloccava le ricerche su Baidu, il Google cinese, e su Weibo, la piattaforma di microblogging assimilata spesso a una versione cinese di Twitter.