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MONDO

Lo scandalo

Panama Papers, rivelazioni senza fine. C'è anche la pista che porta al "tesoro" di Jean-Marie Le Pen

Il quotidiano rivela che una parte della ricchezza come il "tesoro" del fondatore del Front National è stata dissimulata attraverso la società offshore Balerton Marketing Limited, creata nei Caraibi nel 2000. Tra i clienti dello studio panamense anche aziende colpite da sanzioni internazionali. I legali di Platini e Trulli: "investimenti legali". La Guardia di Finanza di Torino intanto- su delega della Procura - ha avviato indagini per riciclaggio 

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Ci sono anche persone vicine a Marine Le Pen nel "sofisticato sistema di evasione fiscale off-shore messo insieme tra Hong Kong, Singapore, Isole Vergini britanniche e Panama".


Lo scrive il quotidiano francese Le Monde puntando l'indice contro "il cerchio di fedelissimi del presidente del Fronte Nazionale": un sistema messo in piedi "per portare fuori dalla Francia il denaro, attraverso società di comodo e fatture false e così sfuggire al sistema fiscale francese". Secondo Le Monde, "al centro del questo complesso sistema di ingegneria finanziaria off-shore ci sarebbe Frédéric Chatillon" . Ex leader del gruppo Unione per la difesa ( GUD ),  gruppuscolo studentesco di estrema destra  presso l'Università di Assas, Chatillon avrebbe incontrato Le Pen all'inizio degli anni '90. Da allora sarebbe diventato il principale fornitore del Front National er la comunicazione durante le campagne elettorali.




C'è pista "tesoro" Jean-Marie Le Pen
Direttamente coinvolto nello scandalo - sempre secondo Le Monde - anche il papà, Jean-Marie Le Pen. Il quotidiano rivela che una parte della ricchezza come il "tesoro" del fondatore del Front National è stata dissimulata attraverso la società offshore Balerton Marketing Limited, creata nei Caraibi nel 2000. Banconote, lingotti, monete d'oro, ci sarebbe di tutto el "tesoro", intestato al prestanome Gerald Gerin, ex maggiordomo di Jean-Marie e della moglie Jany Le Pen. 

Gli oltre 11 milioni di documenti riservati denominati "Panama Papers", pubblicati in contemporanea dai media di mezzo mondo sta scuotendo i palazzi del potere da un angolo all'altro del globo: da Mosca a Londra, dalla sterminata Pechino alla piccola Reykjavik. Ora iniziano ad arrivare le smentite, le reazioni ma anche le nuove accuse e sospetti nei confronti di leader, vip e faccendieri coinvolti direttamente o indirettamente - secondo le carte dello scandalo - in un giro mirabolante di miliardi di dollari dirottati sotto traccia verso le inespugnabili casseforti dei paradisi fiscali.

Caccia ai contribuenti italiani nei paradisi fiscali
L'Agenzia delle Entrate chiederà i dati italiani relativi allo scandalo Panama Papers.  Analogamente a quanto sta avvenendo in altri Paesi coinvolti nel più grande scandalo fiscale della storia, anche l'Italia si starebbe muovendo per saperne di più sui connazionali che avrebbero fatto ricorso ai servizi dello studio legale di Panama per occultare fondi in paradisi offshore. "L'agenzia sta valutando come ottenere i documenti", scrivono le agenzie di stampa, citando fonti delle Entrate.  In alcuni Paesi - Panama, ma anche Australia e India - scattano già le prime indagini formali. "Siamo pronti a cooperare con convinzione di fronte a qualsiasi inchiesta giudiziaria", fa sapere il presidente dello Stato centroamericano, Juan Carlo Varela.

Spunta anche l'Inter
Secondo l'Irish Times, nei documenti ci sarebbero i nomi di almeno una ventina di grandi calciatori del passato e del presente appartenenti a top club del calibro di Barcellona, Manchester United e Real Madrid. Fra i nomi quello di Leo Messi e dell'ex interista Ivan Zamorano. Ma nei files risulterebbero anche i nomi di proprietari attuali o del passato di almeno 20 grandi club di calcio, fra cui Inter, Boca Juniors e Real Sociedad. - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Panama-Papers-non-si-fermano-le-rivelazioni-spunta-anche-Inter-Si-muove-Agenzia-delle-entrate-aa3c7a70-3c79-4b43-abd5-93331d08982f.html

In Russia il portavoce del presidente Vladimir Putin - citato in effetti dai 'leaks' mai in prima persona, ma attraverso una cerchia di amici o presunti prestanome, dal violoncellista pietroburghese Serghei Roldughin al banchiere Yuri Kovalciuk - risponde al sospetto della stampa anglosassone che hanno dedicato una particolare attenzione verso il 'nemico' Vladimir Putin,col altro sospetto. Grida alla "montatura", evoca trame occulte per oscurare i successi di Mosca in Siria e addita come megafoni del Dipartimento di Stato, o addirittura come "agenti della Cia", alcuni reporter dell'International Consortium of Investigative Journalists: il cartello di testate di 76 Paesi che ha intercettato la mole di file 'sfuggita' agli archivi del mega studio legale panamense specializzato in operazioni offshore Mossack Fonseca. Ad alimentare i dubbi russi forse anche il fatto che non s'intravvede per ora il coinvolgimento di alcun personaggio Usa che conti. Neppure per sbaglio. Tuttavia le carte documentano dei fatti che andranno approfonditi e verificati ma intanto le ombre si addensano sui vertici politici di molti Paesi parlando di movimenti massicci di denaro in cui affari legali, traffici criminali e sospetti proventi di corruzione risultano aver incrociato tenebrosamente le loro strade. I nomi che rimbalzano sui media si moltiplicano di ora in ora: sono quelli di uomini di Stato, di protagonisti dello sport miliardario, di imprenditori, di bancarottieri, di stelle dello show business.

Se Putin viene preso di mira per interposta persona, vari governanti compaiono nei Panama Papers con il loro nome e cognome. E' il caso del premier islandese, Sigmundur Gunnlaugsson, il primo a rischio d'impeachment. Ma anche del presidente filo-occidentale ucraino Petro Poroshenko, l'uomo che avrebbe dovuto ripulire dalla corruzione Kiev stando agli slogan della rivolta di Maidan, o del primo ministro del Pakistan. Nell'elenco compaiono, con il loro nome, anche il re saudita Salman, il neopresidente argentino Mauricio Macri, che nega tutto sdegnato, e di quello messicano, Enrique Pena Nieto. Qualcuno è compare dietro a intrecci di famiglia, come il leader cinese Xi Jinping, il re del Marocco, il presidente siriano Bashar al-Assad, quello azero Ilhan Aliev, rais caduti o defunti quali Mubarak o Gheddafi. Anche il premier britannico, David Cameron, è costretto a fare i conti con le ricchezze nascoste oltre mare dal padre finanziere Ian, scomparso nel 2010.

Coinvolti familiari di altri due leader cinesi 
Si allarga ad altri due nomi di primo piano della politica cinese lo scandalo dei Panama Papers. Oltre al cognato del presidente cinese Xi Jinping, Deng Jiagui, tra gli 11,5 milioni di file confidenziali dello studio legale di Panama compaiono anche quelli dei familiari di Liu Yunshan e Zhang Gaoli, rispettivamente il capo della Scuola Centrale del Partito Comunista Cinese e il vice primo ministro esecutivo. Entrambi siedono nel Comitato Permanente del Politburo, il vertice del potere del Partito Comunista Cinese.

I familiari di Liu e Zhang, secondo quanto scrive la Bbc, figurano nelle cariche di direttori o di azionisti di società offshore in alcuni paradisi fiscali. I loro nomi si aggiungono a quelli dei leader gia' usciti ieri, collegati tramite familiari alla galassia di società offshore gestite con l'aiuto dello studio legale panamense. Oltre a Xi, il cui cognato e' dal 2009 a capo di due società fiduciarie alle Isole Vergini Britanniche, compaiono i nomi di Li Xiaoning, figlia dell'ex primo ministro Li Peng, quello di un parente di Jia Qinglin, fino al 2012 membro del Comitato Permanente del Politburo, e quello di Patrick Henry Devillers, architetto e socio in affari di Gu Kailai, moglie dell'ex astro nascente caduto in disgrazia Bo Xilai. 

L'elenco dei leader cinesi che hanno collegamenti con società offshore sarebbe ancora più lungo nel caso in cui si tenesse conto anche dei legami con i paradisi fiscali emersi da un'inchiesta analoga di due anni fa, in cui venivano fatti anche i nomi, tra gli altri, di familiari dell'ex presidente cinese, Hu Jintao, e dell'ex primo ministro, Wen Jiabao. All'elenco c'e' da aggiungere anche il nome di Wu Jianchang, genero di Deng Xiaoping, il padre delle riforme economiche di Pechino.

Le ricerche sui collegamenti tra i leader cinesi e lo scandalo dei Panama Papers sono state bloccate in Cina. Su Baidu, il maggiore motore di ricerca cinese, la ricerca "Panama Papers" non produce risultati, ma solo un avviso in cui si spiega che l'argomento potrebbe essere "non in linea con leggi, regolamenti e politiche" e si consiglia di proseguire utilizzando altri termini. Su Weibo, il Twitter cinese, compaiono, invece, soltanto riferimenti ai casi riguardanti personaggi e leader stranieri. La notizia dei Panama Papers era stata in gran parte ignorata ieri dai media ufficiali. L'agenzia Xinhua aveva citato soltanto un caso minore riguardante la Nuova Zelanda.

Per i cittadini cinesi non è illegale costituire societa' offshore, ma la divulgazione di questo tipo di informazioni costituisce una fonte di imbarazzo per i dirigenti cinesi che stanno portando avanti da oltre tre anni una campagna anti-corruzione che solo lo scorso anno ha punito, in varie forme, circa trecentomila funzionari a tutti i livelli dell'amministrazione pubblica. 

In Islanda migliaia di persone sono scese in piazza per chiedere le dimissioni del premier Sigmundur Gunnlaugsson, travolto dalla bufera Panama Papers perché accusato di possedere insieme con la moglie una società offshore sulle isole Vergini mai dichiarata. La società avrebbe avuto inoltre investimenti per milioni in obbligazioni presso tre banche islandesi, fallite durante la crisi finanziaria del 2008. Il premier è intervenuto ierii in Parlamento e ha detto a chiare lettere che "non intende rassegnare le dimissioni". "Il governo ha ottenuto buoni risultati fino a oggi e deve finire il suo lavoro", ha dichiarato ai parlamentari negando di avere assets in paradisi fiscali. L'intervento non è bastato a placare la rabbia degli islandesi che sono scesi per le strade di Reykjavik lanciando lacrimogeni e urlando slogan contro il premier. Intanto sono salite a 26.000, l'8% della popolazione, le firme di una petizione per chiederne le dimissioni e le opposizioni hanno presentato una mozione di sfiducia.

Tra gli ultimi nomi svelati fa capolino il profilo del commissario Ue all'Energia, lo spagnolo Miguel Arias Canete, e quello dello speaker del Parlamento del Brasile, in prima fila fra i censori della 'mani pulite' brasiliana di questi mesi oltre all'ex premier moldavo Ion Sturza (1998-1999) che, secondo Rise Moldova, nel 2005 divenne socio della Markside Holdings Ltd, una offshore con sede nelle Isole Vergini britanniche liquidata nel 2012. Sturza sostiene comunque di non aver commesso alcuna attività illegale.

In altri paesi, tra cui la Francia e l'Italia, la bufera investe invece soprattutto il mondo degli affari. E anche qui piovono smentite a raffica, come quelle divulgate da Luca Cordero di Montezemolo. Nel nostro Paese l'associazione azionisti Ubi-Banca e l'Adusbef annunciano esposti contro Ubi Banca alle procure di Milano, Bergamo e Roma per, dichiarano, "accertare fatti e circostanze riguardanti il Gruppo Ubi-Banca. Si parla di cifre enormi potenzialmente sottratte al fisco italiano e di altri Paesi europei. Nel caso di Ubi Banca, l'istituto si è professato paladino dei valori e delle tradizioni cattoliche, inserendo testualmente nel proprio Bilancio Sociale tale affermazione: 'Il Gruppo non è presente in paradisi fiscali o altri centri finanziari non ancora adeguati agli standard fiscali internazionali'". "Gli investimenti all'estero, se dichiarati, sono legali. Non ho nulla da nascondere, sono azionista della Basker Street su suggerimento di alcuni consulenti immobiliari, perché io mi muovo spesso in questo settore". Tra i nomi spinta anche quello dell'ex pilota di Formula Uno Jarno Trulli che si difende dalle accuse: "Sono tranquillissimo. Quando ho letto il mio nome ovunque, su ogni giornale, anche straniero, mi sono fatto una risata. Insieme a mia moglie Barbara. Il mattone è il mio settore preferito, ma io investo ovunque, un po' in tutto il mondo, in America, Sud America, Uruguay - ha proseguito in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera - Vivo a Lugano, ho casa a Londra, altrove, in America, in Italia...Però le tasse le pago. Le mie società con base nel mio Paese pagano le tasse sugli utili prodotti. Nel rispetto della legge".

Indagini per riciclaggio sui 'Panama Papers' intanto le ha avviate il nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Torino, su delega della Procura della Repubblica del capoluogo  piemontese. "Le fiamme gialle sono state delegate - spiega la Gdf - ad acquisire dati e informazioni in ordine ai contenuti della lista ed avviare le procedure necessarie per l'acquisizione della medesima". 

L'attività di investigazione della Guardia di finanza di Torino "si inserisce - viene precisato - nell'ambito di indagini di polizia giudiziaria, coordinate dalla Procura della Repubblica di Torino e già avviate nel corso del 2015 per il reato di riciclaggio, per il quale sono in corso di approfondimento, da parte del Nucleo Polizia Tributaria di Torino, le posizioni relative a numerose societa' panamensi riconducibili allo stesso studio legale 'Mossack & Fonseca'".

Non potevano mancare anche i nomi di personaggi legati al mondo del calcio come Lionel Messi, che ammette di avere una società off-shore, ma non di evadere il fisco, minacciando di querelare chiunque sostenga il contrario. Sono tirati in ballo anche Michel Platini e altri dirigenti già toccati dallo scandalo Fifa-Blatter. E l'avvocato di Platini fa sapere che "Il conto panamense dell'ex calciatore, numero uno dell'Uefa, è stato dichiarato alle autorità della Svizzere, il paese in cui vive". E spiega: "Tenere conti bancari tramite società non è illegale finché vengono dichiarati, come in questo caso".

Tra i nomi che spuntano dai documenti anche celebrità del cinema come il regista spagnolo Pedro Almodovar (che giura sulla sua onestà) e l'attore cinese Jackie Chan.

In Germania, mentre Angela Merkel e Wolfgang Schaeuble assicurano che il governo tedesco prende "molto sul serio" lo scandalo, si apprende che sono almeno ventotto le banche tedesche che avrebbero fatto ricorso allo studio Mossack Fonseca per i loro clienti, oltre a diverse migliaia di tedeschi. La Casa Bianca ha espresso apprezzamento per l''operazione trasparenza' contro gli evasori fiscali. Lo stesso messaggio che arriva da Francois Hollande e altri. Ma la Suddeutsche Zeitung, capofila del consorzio di giornali che ha svelato lo scandalo, non intende mettersi al servizio delle procure. Intanto mentre molte ong, come ad esempio la Oxfam, chiedono a gran voce trasparenza vera sulle transazioni finanziarie, non le mezze misure o le promesse partorite finora dai vertici internazionali, da Bruxelles, l'Ue s'impegna ad agire. - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Panama-Papers-non-si-fermano-le-rivelazioni-spunta-anche-Inter-Si-muove-Agenzia-delle-entrate-aa3c7a70-3c79-4b43-abd5-93331d08982f.html

Anche aziende sanzionate da Onu, una nordcoreana 
Ci sono anche aziende che erano colpite da sanzioni internazionali tra i clienti dello studio panamense, Mossack Fonseca, epicentro del planetario scandalo di evasione fiscale.  Tra gli 11,5 milioni di documenti emersi, alcuni corrispondono alla società DCV Finance, con sede legale a Pyongyang e registrata nelle Isole Vergini britanniche dallo studio panamense, rivelano il Guardian e la BBC. Ma Mossack Fonseca ha lavorato in tutto con oltre 30 individui o aziende che erano state colpite dalle sanzioni delle Nazioni Unite o del Tesoro americano: aziende non solo nordcoreane, ma anche dell'Iran o dello Zimbabwe.

Nel 2006, la Corea del Nord fece il suo primo test nucleare, il che valse al regime di Pyongyang le prime di una lunga serie di sanzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu. DCB Finance fu registrata nelle Isole Vergini da un uomo d'affari nordcoreano, Kim Chol-Sam e dal banchiere britannico Nigel Cowie, che si era installato in Corea del Nord undici anni prima.