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MONDO

Il caso

Cesare Battisti, giudice Mendes: l'estradizione sarà veloce. La difesa: no, è impossibile

Se il Brasile confermerà la mia estradizione in Italia "mi consegneranno alla morte": lo ha detto Cesare Battisti intervistato da 'O Estado de Sao Paulo'.

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"Come esistono dei gruppi di sinistra che furono decisivi per la permanenza di Battisti, così esiste una maggioranza silenziosa favorevole alla sua estradizione. Se il presidente dovesse concedere l'estradizione, avrebbe un ampio sostegno da parte della popolazione" e non ci sarebbe "nessun impedimento" di tipo giuridico. "Battisti può  essere tranquillamente estradato".
 
Lo dice in un'intervista al Messaggero il giudice Gilmar Mendes che nel 2009 seguì il caso Battisti con un doppio incarico (presidente della Corte suprema brasiliana, Stf, e relatore di uno dei due casi riguardanti l'italiano) e oggi ancora membro del massimo organo giudiziario del Brasile. Sulla richiesta preventiva di habeas corpus della difesa "non è ancora stato deciso nulla", spiega. "Il caso è affidato al giudice della corte Luiz Fux, che però non si è manifestato". "Il governo deve rivedere la decisione di Lula, non quella della Corte, che si è già pronunciata a favore. Bisognerebbe sottomettere nuovamente la richiesta al presidente Temer, ma immagino che le autorità italiane l'abbiano già fatto".
 
Mendes sottolinea che Temer può modificare la decisione di Lula, "anche perché l'atto che autorizza l'estradizione di Battisti continua ad essere in vigore". Il giudice respinge anche l'ipotesi che il recente reato di Battisti interferisca con una possibile estradizione: "È sufficiente che il presidente lo esenti dal rispondere al processo, determinando la sua consegna allo stato italiano". Anche il fatto che Battisti sia sposato con una brasiliana e abbia un figlio a carico "non è un impedimento, abbiamo una giurisprudenza robusta a riguardo", dice Mendes.

Presidente Temer revoca status di rifugiato
Per il quotidiano Jornal do Brasil, il presidente Michel Temer avrebbe revocato lo status di rifugiato - concesso dall'ex presidente Inacio Lula da Silva - e dato ordine di estradarlo in Italia sempre che, nel mentre, i giudici del Tribunale Supremo Federale non accettino la richiesta di 'habeas corpus' (si esprimano contro la limitazione delle libertà personali) chiesta dai suoi legali lo scorso 25 settembre quando il governo italiano ha ripresento la richiesta di estradizione. La decisione spetta ora al giudice Luiz Fux. 

Battisti fermato il 4 ottobre
Battisti era stato arrestato il 4 ottobre vicino al confine con la Bolivia mentre, secondo la polizia, stava provando a scappare. L'ex membro dei Pac è stato condannato in Italia in contumacia in via definitiva nel 1993 per quattro omicidi. È fuggito prima in Francia e poi in Brasile: qui fu arrestato nel 2007 e, a seguito dell'arresto, l'Italia ne chiese l'estradizione. Nel 2009 la Corte suprema brasiliana aveva autorizzato l'estradizione, ma si trattava di una decisione non vincolante, che lasciava l'ultima parola al capo dello Stato. L'allora presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, nel suo ultimo giorno di mandato il 31 dicembre del 2010, negò l'estradizione.

La difesa di Battisti: estradizione impossibile
La revisione della decisione del presidente brasiliano Michel Temer non è possibile "a causa del lasso di tempo e del fatto che non esiste alcun difetto nella conclusione finale, come riconosciuto dalla stessa Corte suprema federale". Lo ha spiegato il legale di Cesare Battisti, convinto che il Brasile non lo consegnerà all'Italia. Come riporta il quotidiano brasiliano O Globo, secondo la difesa di Battisti, "la prescrizione della richiesta punitiva per i reati attribuiti nel Paese di nascita impedisce anche la sua estradizione". "La fiducia - continua il legale - è che il presidente della Repubblica, noto professore di diritto costituzionale, rispetterà le leggi brasiliane anche a fronte di pressioni politiche interne ed esterne".

Alfano: attendiamo con grande fiducia
"Vogliamo esprimere rispetto per le decisioni del presidente brasiliano e delle sue valutazioni che attendiamo con grande fiducia". Il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, a margine di un evento a Milano, sulla estradizione dell'ex terrorista Cesare Battisti, ha espresso fiducia nelle decisioni che prenderà il presidente brasiliano e ha sottolineato che l'Italia ha fatto "un grande lavoro, di cui non vi do conto, perché meno proclami si fanno in questo momento più probabilità ci sono di arrivare all'obiettivo". Come ministero degli Esteri e della Giustizia abbiamo fatto un ottimo lavoro, abbiamo contatto i nostri colleghi di governo brasiliani, abbiamo fatto tante azioni, ma adesso dobbiamo esprimere rispetto per le decisioni del presidente brasiliano". A chi gli chiedeva se fosse ottimista sull'estradizione di Battisti, Alfano ha risposto: "Noi abbiamo fatto tutto ciò che era nelle nostre possibilità, ma non è il momento dei proclami, è il momento dell'attesa". 

Una vita in fuga
Condannato in contumacia all'ergastolo con sentenze passate in giudicato, l'ex militante dei Proletari Armati per il Comunismo è latitante da 36 anni. Inchiodato per i delitti Santoro e Campagna, commessi materialmente, e in concorso con altri per l'assassinio di Torregiani e Sabbadin, il terrorista con vocazione da scrittore vanta fughe roccambolesche. Arrestato nel 1979, Battisti evade dal carcere e scappa a Parigi. Successivamente in Messico fonda la rivista Via Libre e ancora in Francia diventa scrittore di noir. Nel 2007 viene arrestato in Brasile dove ottiene lo status di rifugiato politico. Inizia così un lungo braccio di ferro con l'Italia, che ne chiede l'estradizione. Più volte il suo nome finisce sulle prime pagine dei giornali, ma puntualmente il ritorno in Italia non avviene.  

I quattro omicidi
La prima vittima di Battisti è Antonio Santoro, maresciallo della polizia penitenziaria, ucciso il 6 giugno 1978 a Udine. Il delitto viene rivendicato dai Proletari Armati per il Comunismo (Pac). Secondo la sentenza, il terrorista italiano è uno dei due killer. Il 16 febbraio 1979 vengono commessi due omicidi: alle 15 circa, a Milano viene ucciso il gioielliere Pierluigi Torregiani (il 22 gennaio precedente aveva ucciso un rapinatore durante una tentata rapina), alle 18 a Santa Maria di Sala (Venezia) Lino Sabbadin (si era opposto con le armi ad un tentativo di rapina), macellaio di Mestre. Per il primo delitto (nella sparatoria rimase anche ferito Alberto, il figlio 15enne, da allora costretto su una sedia a rotelle) Battisti viene condannato come co-organizzatore, per l'altro i giudici gli contestano la "copertura armata" all'esecutore materiale. L'ultimo omicidio attribuito a Battisti risale al 19 aprile 1979: a morire è Andrea Campagna, agente della Digos.

La fuga dall'Italia
Nel 1979, nell'ambito di un'operazione antiterrorismo di vaste proporzioni, Battisti venne arrestato. Detenuto nel carcere di Frosinone e condannato a 13 anni e 5 mesi per l'omicidio del gioielliere Torregiani. Nel 1981 riesce a evadere. Passano quattro anni e arriva la condanna all’ergastolo nel processo contro i Pac, sentenza confermata in Cassazione. Per circa un anno vive da latitante a Parigi, poi è la volta del Messico dove fonda la rivista culturale Via Libre. Nel 1990, fa ritorno a Parigi. Viene arrestato di nuovo ma, cinque mesi dopo, la Francia nega l'estradizione. Autore di Noir, nel 1997 è uno degli "esuli" dei movimenti politici dell'estrema sinistra italiana rifugiati in Francia, riuniti nell'associazione "XXI secolo", che chiedono all'allora presidente Oscar Luigi Scalfaro una soluzione politica "di indulto o di amnistia" dei reati loro addebitati.

In quegl'anni, Battisti si scopre giallista e pubblica con la Éditions Gallimard, una delle più grandi case editrici francesi. Nel 2004, sceglie come rifugio il Brasile, poco prima del pronunciamento definitivo del Consiglio di Stato francese che l'avrebbe estradato in Italia. Arrestato in Brasile ottiene successivamente lo Status di rifugiato politico. Protetto dall'ex presidente Lula, Battisti ha goduto fino ad ora delle "clausole del trattato di estradizione in vigore tra Brasile e Italia". Nel 2011, l'estradizione in Italia viene definitivamente negata dal Tribunale Supremo brasiliano. Così Battisti ottiene il permesso di soggiorno nel Paese. Come lui stesso dirà in alcune dichiarazioni: "Non è vero che non posso lasciare il Paese. Non sono un rifugiato, sono un immigrato con un visto permanente, posso viaggiare all'estero ogni volta che voglio". Ma il tentativo di varcare i confini brasiliani per entrare in Bolivia - il fatto è avvenuto lo scorso 4 ottobre - ha riacceso i riflettori sul caso. "Non stavo fuggendo, non ho motivo di lasciare il Brasile, l'unico Paese in cui sono protetto è questo". Eppure Battisti è convinto si tratti di un'imboscata: "Tutti i poliziotti erano felici di avermi arrestato, poi quando sono stato rilasciato mi sono sembrati molto tristi".

"Se mi estradano mi consegnano alla morte"
Se il Brasile confermerà la mia estradizione in Italia "mi consegneranno alla morte": lo ha detto Cesare Battisti intervistato da 'O Estado de Sao Paulo'.