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MONDO

I due giornalisti sono accusati di diffusione di documenti riservati

Vatileaks 2 oggi in aula. Il giornalista dell'Espresso Fittipaldi: "Processo a libertà di stampa"

Gianluigi Nuzzi e Emiliano Fittipaldi sui banchi degli imputati davanti ai giudici pontifici per aver pubblicato libri che sarebbero frutto della sottrazione di documenti riservati. Nuzzi twitta #noinquisizione, Fittipaldi parla di processo alla libera stampa.

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Roma
"Martedì entrerò in vaticano per sedermi al banco degli imputati e farmi processare portando 'Via crucis' come corpo del reato". Lo annuncia il giornalista Gianluigi Nuzzi in un tweet riferendosi al processo davanti ai giudici pontifici che comincerà oggi e che lo vede rinviato a giudizio, per la diffusione di documenti riservati della Santa sede, assieme a mons. Angel Lucio Vallejo Balda, Francesca Immacolata Chaouqui, Nicola Maio, e al giornalista Emiliano Fittipaldi. Nuzzi conclude il tweet con l'hashtag #noinquisizione.
 
"Mai avrei immaginato" che dopo la pubblicazione di 'Avarizia' "sarei finito sotto inchiesta, mandato alla sbarra e processato davanti ai giudici pontifici. Processato perché accusato di un reato che prevede una pena che va dai 4 agli 8 anni di carcere". Lo dice il giornalista Emiliano Fittipaldi, rinviato a giudizio nell'inchiesta per sottrazione di documenti in vaticano, in una lettera al quotidiano La Repubblica.
   
Fittipaldi sperava che "il libro, invece di essere messo all'indice come ai tempi del Sant'uffizio, provocasse anche una reazione costruttiva da parte del mondo ecclesiastico". Invece, "mi ha portato a dovermi difendere da accuse gravi, e – secondo le norme della giurisprudenza italiana - illiberali. Perché io non sono incolpato per aver diffamato qualcuno, né per aver scritto falsità" ma "perché un nuovo articolo del codice penale vaticano, approvato da papa Francesco nel luglio del 2013, prevede pene severe per chiunque 'riveli notizie o documenti riservati'".
  
"La giurisprudenza vaticana considera un delitto l'essenza stessa del nostro mestiere, ossia il dovere di pubblicare i fatti che il potere, qualunque forma esso prenda, vuole tenere occultati alla pubblica opinione", aggiunge. "Inizia il dibattimento e sarò in aula. Ma questo che inizia non è un processo contro di me. E’ un processo alla libera stampa", conclude.