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MONDO

Il giorno del referendum

La Scozia al voto, si decide il futuro del Regno Unito

Appuntamento con la storia: Edimburgo decide se rimanere con Londra o staccarsi per sempre. Seggi aperti alle 8. Secondo gli ultimi sondaggi l'esito è ancora incerto

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Alex Salmond (AP Photo/Matt Dunham)
È il giorno della verità per la Scozia: si vota per il referendum che potrebbe sancire l'indipendenza di Edimburgo da Londra e la fine del Regno Unito. Se vincesse il sì, finirebbe la politica sancita nel 1707, quella dell'Act of Union che ha legato Inghilterra e Scozia per oltre tre secoli. I seggi sono stati aperti alle 8 e i giornali inglesi parlano di una giornata epocale.

I sondaggi e gli ultimi appelli per il sì
Secondo gli ultimi sondaggi, l'esito è ancora incerto. I 'No' risultano in testa con il 53% rispetto al 47% dei 'Sì'. Ecco perché gli indecisi saranno determinanti alle urne: sono calcolati tra l'8% e il 14%, cruciali per una decisione senza precedenti e dalla quale non si torna indietro. Soprattutto a loro sono stati rivolti gli ultimi appelli: il leader dell'Snp e premier scozzese, l'indipendentista Alex Salmond, ha scritto ai concittadini una lettera aperta: "Facciamolo", li ha esortati, "let's do it". Poi ha trascorso l'ultimo giorno prima del voto spostandosi in elicottero da un capo all'altro della Scozia, per parlare con tutti faccia a faccia, a conclusione di quella che definisce una "campagna politica straordinaria".

Il no alla secessione
Per il fronte unionista, l'ex primo ministro laburista Gordon Brown ha rivolto un forte appello patriottico: "La Scozia non appartiene ai nazionalisti, ai politici, ad Alex Salmond, ma appartiene a noi". Tornando a mettere in guardia sui rischi della secessione: "Il rischio per il futuro della moneta e il rischio di un default. Dovete votare pensando ai bisogni dei vostri figli", ha scandito, ricordando che la decisione sarà "irreversibile. Se avete qualsiasi dubbio, il vostro voto deve essere un 'no'".
 
Gli appelli dagli Stati Uniti
Gordon Brown non è solo nell'appello per mantenere unito il Regno della regina Elisabetta. Dagli Stati Uniti Bill Clinton si è unito all’attuale presidente americano, Barack Obama, e all’ex segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, che già nelle scorse settimane avevano auspicato il mantenimento dell’unità del Regno Unito. Pur riconoscendo che la decisione spetta unicamente ai 4,3 milioni di elettori scozzesi, Bill Clinton ha sottolineato quelli che sono i potenziali rischi dell’indipendenza, a partire da quello di mantenere la sterlina senza il sostegno che far parte del Regno Unito comporta e dall'incertezza economica che innescherebbe un lungo e complesso processo negoziale a seguito di una separazione. 

L'effetto sulle altre regioni indipendentiste
Con il referendum scozzese, in tutta Europa i movimenti indipendentisti sono tornati al centro dell'attenzione. Non solo quello in Catalogna (che potrebbe decidere se staccarsi dalla Spagna il 9 novembre). Ma anche quello dei Paesi baschi, che ha fatto della lotta per l'indipendenza uno scontro armato. C'è poi chi, in Belgio, spinge per l'indipendenza delle Fiandre e chiede che il Belgio venga diviso in tre Stati: Fiandre, Vallonia e la città-Stato di Bruxelles. Più a sud, il Fnlc in Corsica lotta dagli anni settanta per l'indipendenza dalla Francia. Da non dimenticare poi i movimenti indipendentisti in Veneto: il 12 giugno scorso il Consiglio regionale ha approvato la legge per l'indizione di un referendum consultivo sull'indipendenza della regione, su proposta di Stefano Valdegamberi (Futuro Popolare) e dalla Lega Nord.