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MONDO

Una strada percorsa anche da altri Paesi

Colpire i clienti e non le prostitute: il modello svedese piace all'Ue ma non a tutti

In Svezia dal 1999 la legge non punisce chi si prostituisce ma chi paga per fare sesso. Secondo alcuni studi, gli effetti sono stati evidenti. Una risoluzione votata dal Parlamento Europeo a febbraio ha invitato i Paesi membri a seguire questo esempio, anche se non mancano le posizioni contrarie 

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Una prostituta (Ansa)
Colpire il cliente e non la prostituta: è questa la ricetta svedese per affrontare il tema della prostituzione. Né tolleranza né liberalizzazione, quindi, ma un giro di vite che a fine febbraio è stato preso come modello anche dal Parlamento Europeo. Non senza polemiche.

Clienti nel mirino 
La Svezia ha modificato la propria legislazione in materia nel 1999. Il principio di base è che la compravendita del sesso è una forma di violenza, svilisce l’essere umano e mina la parità di genere. Il paese ha depenalizzato l’attività di chi si prostituisce, ma ha vietato l’acquisto di sesso. In altre parole, a commettere un reato è il cliente: un modo alternativo per scoraggiare il commercio sessuale.
 
Studi: prostituzione in calo dopo l'introduzione della legge
Secondo alcuni studi, gli effetti sono stati evidenti. Nel Paese il numero di persone che si prostituiscono sarebbe un decimo rispetto alla vicina Danimarca, dove acquistare sesso è legale e la popolazione è inferiore. La legge ha anche avuto effetti sull'opinione pubblica: nel 1996 il 45% delle donne e il 20% degli uomini erano a favore della criminalizzazione dell'acquisto di sesso da parte degli uomini, mentre nel 2008 il 79% delle donne e il 60% degli uomini erano favorevoli alla normativa. Secondo la polizia svedese, il provvedimento ha esercitato un notevole effetto deterrente sulla tratta a fini di sfruttamento sessuale.  
 
La risoluzione del Parlamento Europeo

I dati sono contenuti nella proposta di risoluzione votata e approvata nel febbraio 2014 dal Parlamento Europeo con 343 voti favorevoli, 139 contrari e 105 astensioni. Gli eurodeputati si sono espressi favorevolmente sul modello svedese, ribattezzato “modello nordico” perché nel frattempo adottato anche da Norvegia e Islanda (e, di recente, anche dalla Francia). La risoluzione non è vincolante per i Paesi membri, ma influenzerà un’eventuale direttiva in merito della Commissione Europea. La strada sta per essere percorsa anche dall’Irlanda del Nord, dove una legge che punisce i clienti poche settimane fa ha ricevuto un primo “sì” dall’Assemblea legislativa.  

Teoria controversa 
Si tratta di un cambio di prospettiva, contrario alla teoria della prostituzione come lavoro e alla liberalizzazione del fenomeno come metodo per liberare dallo sfruttamento i sex workers. Il punto di vista non è però condiviso da tutti. In alcuni Paesi l’attività è perfettamente legale: tanto per restare in Europa, questo accade ad esempio in Olanda, Germania, Austria e Danimarca. In Italia, la Lega Nord fa campagna sostenendo che la legalizzazione consentirebbe di regolamentare il settore, far pagare le tasse alle prostitute e contrastare lo sfruttamento, tesi che ha diversi sostenitori anche al di fuori del Carroccio.

Sex workers contro il modello nordico
C’è anche chi contesta i dati. Alla vigilia del voto del Parlamento Europeo, lo hanno fatto delle associazioni di sex workers insieme ad associazioni e accademici, con una lettera aperta. Al suo interno si sostiene che colpire i clienti è inefficace contro lo sfruttamento, mentre rendere illegale il fenomeno aumenta la stigmatizzazione, l’emarginazione sociale e la marginalità di chi si prostituisce. Secondo l’Economist, ad esempio, la prostituzione in strada si è inizialmente ridotta, ma poi è tornata e il nuovo approccio, definito tra l’altro “illiberale”, non ha fatto nulla per ridurre i danni ad essa associati. “Il commercio del sesso esisterà sempre”, scrive il giornale britannico. Così come il dibattito in merito.