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MONDO

Lunedì riprende il processo

Vatileaks2, a luglio monsignor Balda scrisse a Parolin per scaricare la Chaouqui

"Ho ritenuto mio dovere comunicare quanto sopra al fine di assumere i provvedimenti che la prudenza consiglia in casi simili", scriveva il prelato spagnolo che domani sarà sentito dalla magistratura vaticana 

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Riprende lunedì in Vaticano il processo per Vatileaks2 e l'intenzione è di procedere a tambur battente, con udienze giornaliere e l'obiettivo dichiarato di chiudere al più presto il primo grado, addirittura entro l'8 dicembre, avvio del giubileo. Il primo a salire sul banco degli imputati per essere interrogato sarà mons.Lucio Vallejo Balda. Subito dopo Francesca Immacolata Chaouqui; poi toccherà a Nicola Maio, e ai giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi.    

La lettera
Alla vigilia della ripresa del procedimento, il quotidina "La Repubblica" pubblica una lettera datata luglio 2015 scritta dai uno dei due principali imputati, Monsignor Balda, al segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin. Una lettera in cui il prelato accusa apertamente l'altra imputata, la Chaouqui, di "star diventanto un rischio" a causa di "atteggiamenti e valutazioni non sempre congrui".

 "Trattandosi di persona in possesso di notizie di rilevante importanza per la Sede Apostolica e con frequentazioni di rilievo in ogni ambito - scriveva ancora Balda -, ho tentato di moderare ed orientare positivamente attenzioni e attività".

Una presa di distanze netta che precede, di oltre tre mesi, gli arresti scattati a novembre e in cui Balda ricostruisce: "Forse la vicinanza ad ambienti e problematiche importanti, insieme alla giovane età e alla probabile concorrenza di elementi di natura personale, ha potuto determinare un'evoluzione così tristemente problematica di una persona che, all'inizio della collaborazione in Santa Sede, aveva mostrato doti non comuni a livello di intuizione, capacità di elaborazione e connessione dei dati, nonché di relazione interpersonale". Fino a suggerire: "Ho ritenuto mio dovere comunicare quanto sopra al fine di assumere i provvedimenti che la prudenza consiglia in casi simili".

Balda e Chaouqui
Personaggi chiave della vicenda, Balda e Chaouqui sono accusati di aver divulgato documenti riservati, reato che prevede da 4 a 8 anni di carcere, ma anche di associazione a delinquere insieme a Nicola
Maio, ex collaboratore della Commissione referente sulle strutture economiche e amministrative della Santa sede, il che può far lievitare la pena da 3 a 6 anni aggiuntivi. Tutti e tre hanno fatto parte della Cosea, la commissione costituita in Vaticano per affrontare i problemi finanziari ed economici. Materiale della Cosea, ma anche carte sul patrimonio immobiliare, sui "forzieri" vaticani, lo Ior e l'Apsa, sulla condotta di alcuni porporati, sono finiti nei libri di Fittipaldi e Nuzzi diventati in qualche modo 'corpo del reato': "Avarizia" e "Via crucis". I cronisti sono per questo accusati di concorso nel reato di divulgazione di materiale segreto. Nel fascicolo processuale sono agli atti anche i messaggini che Chaouqui e Balda si sono scambiati e che rivelano anche tensioni tra i due. E su facebook lei scrive: "Balda consegnò l'archivio di Cosea ai giornalisti come si fa con un figlio al patibolo, avendo lui, come il maggiordomo, visto in Gianluigi 'l'ultima spiaggia per smuovere le coscienze'".    

La precedente udienza
La scorsa udienza, il 24 novembre, ha visto respinta la richiesta di nullità del processo avanzata dal legale di Fittipaldi. Sia Nuzzi sia Fittipaldi saranno in aula già lunedì, per seguire le altre deposizioni e poi nei giorni successivi per farsi interrogare.

Il colpo di scena?
Il colpo di scena potrebbe arrivare da Chaouqui, che - come anticipato dall'avvocato Giulia Bongiorno - potrebbe astenersi dal procedimento in Vaticano e invocare lo 'status' di rifugiata in Italia come incolpata di reati politici. Un passaggio che chiamerebbe in causa anche le autorità italiane, anticipando in qualche misura un tema che potrebbe porsi in caso di condanna e rischia di essere delicato sul piano diplomatico. Se la sentenza confermerà le accuse, il Vaticano potrebbe chiedere o l'estradizione o che la pena sia eseguita in Italia, richiesta che transiterebbe dal ministero della Giustizia: via Arenula valuterà a tempo debito eventuali istanze.