Covid anno terzo

Due anni fa le prime notizie su misteriose polmoniti a Wuhan

Ma non furono prese granché sul serio: come andò nei giorni a cavallo tra il 2019 e il 2020 che avrebbero cambiato la storia del mondo

Due anni fa le prime notizie su misteriose polmoniti a Wuhan
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Wuhan a gennaio 2020 fu la prima città del mondo ad andare in lockdown per i primi contagi da Covid-19 (ma ancora non si chiamava così)

Il 30 dicembre 2019 i giornali italiani titolavano sui piani di Giuseppe Conte e del suo secondo governo, su pensioni e reddito di cittadinanza, sul passaggio di proprietà della Roma. Li si leggeva distrattamente, con la testa già tutta ai cenoni di San Silvestro, ai veglioni, alle feste, qualcuno compulsava oroscopi che promettevano un'annata mirabolante.

Quella notte, in Cina, venne emesso un avviso urgente dalla commissione sanitaria municipale di Wuhan, una metropoli quattro volte volte più popolosa di Roma ma che solo chi faceva affari a Oriente probabilmente aveva già sentito nominare. Riguardava casi di polmonite di origine sconosciuta, e sebbene sarebbe dovuto restare riservato rimbalzò molto in fretta sui social media orientali e da lì sul sito della Radio-televisione di Hong Kong. Se ne accorse un utente del forum flutrackers.com, dedicato dal 2006 a raccogliere informazioni sulle pandemie influenzali, e aprì una discussione con il link alla notizia.

La mattina del 31 l'agenzia Reuters fu probabilmente il primo media occidentale a battere la notizia: 27 casi di polmonite virale, 7 in condizioni critiche, "rumors sui social media" dicono che potrebbe trattarsi di Sars. Lì per lì nessuno da questa parte del mondo ci fece troppo caso. Passati i festeggiamenti di inizio anno, il 3 gennaio l'attenzione fu catalizzata dall'attacco statunitense all'aeroporto di Bagdad in cui fu ucciso il generale iraniano Qasem Soleimani, e il 2020 sembrò potesse essere l'anno di un nuovo sanguinoso conflitto mediorientale, o mondiale. I primissimi articoli italiani sulle polmoniti in Cina, pubblicati lo stesso giorno, si persero all'ombra di un allarme che in quel momento sembrava molto più serio.

Il 9 gennaio le autorità cinesi comunicarono che all'origine delle polmoniti c'era un nuovo coronavirus, successivamente fu possibile datare al 17 novembre 2019 la prima infezione certa e stabilire che era già diffuso in Europa da dicembre, sospinto dai numerosi viaggi tra oriente e occidente. Il 23 gennaio Wuhan e altre città della regione del Hubei furono poste in un rigidissimo lockdown: "Una decisione senza precedenti nella storia della salute pubblica", la definì Gauden Galea, rappresentante dell'Oms a Pechino, aggiungendo "sicuramente non è qualcosa che noi abbiamo raccomandato".

Gennaio in Italia passò tra chi allontanava il pensiero, convincendosi che come le altre epidemie degli anni precedenti sarebbe rimasta confinata in paesi lontani e presto non se ne sarebbe più parlato, chi iniziò a guardare con sospetto chiunque avesse un aspetto vagamente orientale fino ad arrivare ad apostrofare con insulti razzisti i passanti, chi ci scherzò sopra (chi ricorda l'audio whatsapp del cinese con la tosse?). A fine mese due turisti cinesi furono trovati positivi al nuovo coronavirus e ricoverati allo Spallanzani, il governo Conte dichiarò lo stato d'emergenza, ancora oggi in vigore. "Li abbiamo trovati subito, non hanno contagiato nessuno", pensarono un po' tutti. Il virus, intanto, non disturbato da nessun tampone stava già circolando abbondantemente in Nord Italia: dal 20 febbraio, con il ricovero di Mattia Maestri a Codogno, fu tutta un'altra storia.