Il Paese teatro di proteste senza precedenti

Kazakistan, la potenza energetica che non riesce a migliorare gli standard di vita

La sua storia degli ultimi 30 anni è legata a doppio filo a quella del suo ex presidente, il "padre della nazione" Nursultan Nazarbayev, che ha persino dato il suo nome alla capitale, già Astana fino al 2019, garantendo stabilità

Kazakistan, la potenza energetica che non riesce a migliorare gli standard di vita
GettyImages
Kakazistan. Miniera di carbone nella città di Shakhtinsk, a circa 200 chilometri a sud della capitale Astana

Riflettori accesi sul Kazakistan, gigante centroasiatico e potenza energetica teatro di proteste senza precedenti proprio per il rincaro dei prezzi dell'energia, aprendo uno scenario di crisi e incertezza seguito con la massima attenzione dai suoi partner, Russia in primis. Il Kazakistan è la più grande delle Nazioni nate dalle ceneri dell'Unione Sovietica - Russia esclusa - l'ultima ad aver dichiarato l'indipendenza dal suo scioglimento, il 16 dicembre 1991. Si trova in Asia Centrale ma la parte più occidentale, al di là del fiume Ural, fa parte geograficamente dell'Europa.

La sua estensione davvero notevole ne fa il 9 Paese al mondo per dimensioni, più di 2,7 milioni di km2, oltre ad essere il più grande Stato del mondo senza accesso al mare in quanto il Mar Caspio è considerato un lago. A Nord e Ovest confina con la Russia, ad Est con la Cina, a Sud con Kirghizistan, Uzbekistan e Turkmenistan. 

Storicamente abitato da gruppi e imperi nomadi - in successione sciti, popoli dell'Impero persiano achemenide, turchi, mongoli dell'impero di Gengis Khan, kazaki e russi - il Kazakistan è ancora oggi un mosaico di etnie, a maggioranza musulmana - 70,4%, per lo più sunnita - ma con una significativa minoranza russa. Il 24,8% dei suoi circa 18,7 milioni di abitanti è cristiano, in maggioranza ortodossi.

La sua storia degli ultimi 30 anni è legata a doppio filo a quella del suo ex presidente, il "padre della nazione" Nursultan Nazarbayev, che ha persino dato il suo nome alla capitale, già Astana fino al 2019. Modernizzatore autoritario, ha garantito al Paese pace e stabilità tra le diverse etnie oltre ad averlo trasformato in una potenza energetica. In effetti il Kazakistan possiede sterminate risorse minerarie - il 60% di quelle dell'ex Unione Sovietica - tra cui ferro (bacino Kustanaj, Nord-Ovest), carbone (Karaganda e Ekibastuz), petrolio, metano e diversi metalli usati nell'elettronica, nell'ingegneria nucleare e nella missilistica. Risorse che ne fanno la prima economia dell'Asia centrale, nonchè il più importante produttore ed esportatore di petrolio nell'ambito della Comunità di Stati indipendenti (CSI). 

Il Paese ospita anche il 20% delle terre coltivate dell'ex Urss, ovvero un immenso campo di frumento in grado di produrre un terzo del totale dell'ex blocco sovietico. Nelle aree coltivate del Sud crescono frutta, ortaggi, tabacco, riso, canapa e cotone mentre le aree più asciutte della sua sterminata steppa vengono usate per il pascolo stagionale di pecore, mucche, cavalli e cammelli. Infine piantagioni di oppio - legale fino al 1991 - sono presenti in diverse parti del Kazakistan, prima destinate alla produzione di medicinali oppiacei, oltre a quelle di cannabis, soprattutto nel centrosud dello Stato (sulla carta il programma governativo contro il narcotraffico è cominciato nel 1993, non senza difficoltà di attuazione).

L'ex presidente Nazarbayev è stato inoltre capace di tenere un equilibro geopolitico e strategico invidiabile: da una parte l'alleanza con la Russia di Vladimir Putin, dall'altra la continua mediazione, anche economica, con la Cina, e questo senza perdere mai di vista il dialogo con l'Occidente. Una linea di politica estera che ha permesso al Kazakistan di essere il Paese ospitante per i negoziati sulla crisi ucraina, quelli sull'Iran e per i colloqui internazionali sulla Siria.

L'emblema della crescita economica sostenuta trainata dal ricco settore energetico - almeno fino al 2014 - è stata la capitale Astana, trasformata da una sonnecchiante città di provincia in una luccicante metropoli con edifici ultramoderni progettati da architetti di fama mondiale.  Oggi la capitale ribattezzata Nur-Sultan è il simbolo di un potere che promette di andare ben oltre il nuovo millennio, nonostante le recenti proteste popolari sintomatiche del crescente malcontento socio-economico a partire dal 2019. Gestita con autoritarismo, la repubblica presidenziale del Kazakistan è uno Stato mono-partitico - il Nur Otan, di cui Nazarbayev è il leader - nel quale raramente la popolazione ha apertamente criticato il regime. A scendere in piazza due anni fa sono state le donne kazake, manifestando a favore di maggiori sostegni alle famiglie e migliori condizioni abitative.

Conseguenza diretta di una crescita economica che negli ultimi anni ha subito numerose battute d'arresto, figlia del crollo del prezzo del petrolio nel 2014. Come già successo nel 2019, ora è il governo del presidente Kassym Jomart Tokayev ad essere accusato di incapacità di migliorare gli standard di vita e di non riuscire a rendere il Paese un po' più indipendente dal petrolio e dal gas.