L'intervista

Green pass, Bassetti: "Non ha senso mantenerlo dopo il 31 marzo"

Secondo l'infettivologo, se l'obbligo si protrae oltre questa data si tratterà di una scelta politica e non sanitaria

Green pass, Bassetti: "Non ha senso mantenerlo dopo il 31 marzo"
Ansa
Matteo Bassetti

Dal 31 marzo stop al Green Pass, “non ha senso mantenere questo strumento dopo la fine dello stato di emergenza, non ci sono motivazioni sanitarie. Se il certificato verde rimarrà in vigore sarà solo per una decisione politica”. A sostenerlo è Matteo Bassetti, infettivologo e primario dell'Ospedale San Martino di Genova. 

Per Bassetti il Green pass ha avuto un ruolo fondamentale per favorire la vaccinazione. Un risultato ampiamente raggiunto, in quanto “dalla sua introduzione abbiamo guadagnato il 30% di vaccinati in 5 mesi. A fine marzo quindi avremo un 95% di popolazione vaccinata e, se si aggiunge la fetta di popolazione guarita dal virus, probabilmente possiamo affermare di aver raggiunto l’immunità di gregge".

Bassetti torna anche a insistere sull'obbligatorietà dei vaccini: “La comunità scientifica aveva chiesto a gran voce l’introduzione dell’obbligo vaccinale per gli over 40 a settembre, richiesta non accolta dalla politica, gli scienziati vengono tenuti in considerazione quando fa comodo altrimenti vengono ignorati. Oggi chiediamo di allentare questa misura anche guardando ciò che accade negli altri Paesi”.

E sulla nuova ordinanza del ministero della Salute che dal 1 marzo equiparerà gli arrivi extra Ue a quelli Ue commenta: "Non si può pensare che per uno straniero in Italia basti il certificato base e gli italiani over 50 ne debbano avere uno diverso per lavorare, mi sembra evidentemente una anomalia”. Per l'ingresso sul territorio nazionale sarà sufficiente solo il Green pass base: certificato di vaccinazione, certificato di guarigione o test negativo.

Bassetti sottolinea quindi le differenze tra l'Italia e il resto del continente: “Gli altri Paesi europei ed extraeuropei stanno progressivamente levando le restrizioni o pensando di toglierle. La gestione di una pandemia deve permearsi anche di ciò che fanno gli altri, è sbagliato che non ci sia interscambio". Per l'infettivologo siamo insomma tornati alle discussioni di un anno fa, “peccato che oggi abbiamo il 95% di italiani protetti grazie ai vaccini e alla super circolazione del virus” ha aggiunto.

E intanto arriva in Italia il primo vaccino proteico anti Covid della Novavax. Le dosi di Nuvaxovid, questo il nome ufficiale, potranno essere prenotate da oggi, 23 febbraio. Basato sulla tecnica più tradizionale delle proteine ricombinanti, si pensa che possa convincere gli italiani più refrattari a vaccinarsi. Secondo Matteo Bassetti non è così: "Non si vaccinerà nessuno o in pochissimi anche se non è un vaccino mRna, ma proteico. Perché il problema è ideologico, di pregiudizio nei confronti della vaccinazione in generale”.

Bassetti chiede quindi un deciso allentamento delle restrizioni sottolineando però l’importanza della terza dose come completamento del ciclo vaccinale: “i dati uniti all’esperienza quotidiana ci dicono che il vaccino è lo strumento principale di protezione individuale. In ospedale vediamo quasi esclusivamente pazienti non vaccinati o che non hanno effettuato la dose booster, fondamentale per rafforzare la risposta immunitaria”.

E a chi si interroga già sulla quarta dose di vaccino l’infettivologo risponde: “Non ha senso in questa fase interrogarsi sulla necessità o meno della quarta dose. Al momento i dati ci suggeriscono di raccomandarla solo alla popolazione fragile. Non sappiamo cosa accadrà in autunno, se assisteremo o meno ad una recrudescenza pericolosa del virus e se saranno disponibili nuovo vaccini aggiornati alle varianti. Per ora è tutto prematuro”.