L'intervista

Il Covid-19 e la nuova geopolitica del traffico internazionale di droga

Sul delinearsi di una nuova geopolitica del traffico internazionale di sostanze stupefacenti abbiamo chiesto un’opinione a Vincenzo Musacchio, giurista, criminologo ed esperto di strategie di lotta alla criminalità organizzata transnazionale

Il Covid-19 e la nuova geopolitica del traffico internazionale di droga
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La pandemia ancora in corso ha inciso negativamente sul traffico e sul commercio di droghe da parte della criminalità organizzata internazionale?

Le mafie non si fermano mai e mentre il mondo è ancora impegnato a confrontarsi con la pandemia e le sue ripercussioni a livello politico, economico, sociale e sanitario, loro stanno sfruttando l’emergenza per proseguire i propri traffici illegali e accrescere i loro introiti. Si sono subito adeguate alle nuove circostanze adattandosi, grazie alla loro natura duttile, alle nuove dinamiche della pandemia. Hanno modificato, adeguandolo alle circostanze oggettive, ogni singolo settore che caratterizza il grande sistema economico del traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Hanno utilizzato, ad esempio, le nuove tecnologie (mini sommergibili senza pilota, droni) e il mondo di internet (dark web, deep web).

Questa emergenza planetaria ha scalfito la produzione di materia prima?

Direi di no. I dati statistici ci dicono che sia la produzione, sia la richiesta di droghe durante il biennio 2020/2021 sono aumentate rispetto al biennio precedente. In Nazioni come Messico, Colombia, Perù e Bolivia, i livelli di produzione di coca sono aumentati sia in quantità prodotta, sia in seminato. L’eroina, invece, è garantita dall’Afghanistan che produce il 96% dell’oppio mondiale, materia prima per l’ottenimento dell’eroina. Con l’arrivo al potere dei talebani si stima che la produzione aumenterà ulteriormente. Durante la guerra, tuttavia, è bene precisare che il mercato suddetto non ha subito alcuna flessione garantendo l’88% dell’eroina giunta nel continente europeo.

Come hanno fatto queste organizzazioni criminali a mantenere fermi i livelli di produzione di droga quando anche le industrie mondiali più solide sono andate in crisi?

Le mafie non hanno gli stessi problemi che possono avere imprese e industrie che operano nel rispetto delle leggi. La diminuzione nella disponibilità di manodopera e la mancanza di materie prime fondamentali non sono state un grande problema per le organizzazioni criminali. In America Latina alla carenza di benzina, ad esempio, ha provveduto il Venezuela (primo produttore al mondo) foraggiando i narcos che quindi hanno potuto mantenere gli standard di produzione pre-pandemia. Sulla manodopera, invece, la crisi economica ha aiutato le mafie aumentando la manovalanza a disposizione della criminalità organizzata, proprio per la situazione di bisogno determinata dall’emergenza sanitaria. In Afghanistan, il raccolto dell’oppio avviene generalmente da marzo a giugno e l’impatto della pandemia in quei mesi è sempre stato poco incisivo per cui la manodopera proveniente da paesi limitrofi, che normalmente costituisce una grande porzione del totale dei coltivatori, non è mancata. Nonostante queste difficoltà le mafie hanno ancora una volta dimostrato di sapersi adattare mantenendo stabile la produzione di droga e garantendo i consumi provenienti dall’enorme domanda europea e internazionale.

Nel contesto geopolitico mondiale come avviene la distribuzione delle sostanze stupefacenti?

L’eroina arriva in Europa dall’Afghanistan, e segue tre rotte principali: la “rotta balcanica”, che dall’Iran porta la sostanza stupefacente in Turchia e poi percorre i Balcani (Albania, ex Jugoslavia, Italia) verso l’Europa; la “rotta del sud” che dal Pakistan, fondamentale snodo di transito, distribuisce lo stupefacente nei mercati della Cina, del Sud-Est asiatico, della penisola Araba e dell’Africa; e la “rotta asiatica” che, nonostante sia meno importante, è la rotta che trasporta l’eroina attraverso l’Asia centrale per poi arrivare sino in Russia. Nell’America settentrionale, però, arriva ben poca eroina proveniente dall’Oriente: il maggiore esportatore in America meridionale è il Messico, che rifornisce i mercati statunitensi in primo luogo, ma anche quelli canadesi e i piccoli mercati dell’America latina. La cocaina trova i suoi maggiori centri di produzione in Perù e Colombia, e il traffico avviene in modo massiccio via mare. Le rotte più importanti attraversano l’oceano Pacifico, verso l’Ecuador e altre zone dell’America centrale, per poi proseguire via terra verso il confine tra Messico e Stati Uniti. I principali punti d’ingresso per il traffico di cocaina in Europa dal Sudamerica, direttamente o attraverso regioni di transito come l’Africa occidentale, rimangono Spagna, Belgio e Paesi Bassi. L’Africa occidentale, ad esempio, è un’importante area di transito per il traffico di cocaina dal sud dell’America all’Europa, e anche per il traffico verso l’Asia. Il traffico di cocaina verso l’Australia rimane molto redditizio, dato il prezzo elevato della cocaina in quel paese. Questo per sommi capi è il quadro geopolitico mondiale.

In un contesto più ristretto, mi riferisco alle piazze di spaccio, come ha inciso la pandemia e le relative restrizioni imposte dai vari Governi nazionali?

Sicuramente le modalità di spaccio sono cambiate proprio perché la diversa domanda dei consumatori ha imposto ai clan di adeguarsi, adottando un nuovo modus operandi. La catena di approvvigionamento e, di conseguenza, lo spaccio sono cambiati. Si è passati dalla consegna nelle piazze a quella a domicilio del richiedente. Si sono utilizzati i canali di internet per gli ordini. Addirittura durante il coprifuoco (lockdown) c’è stata una crescita della domanda. Le mafie hanno aumentato anche la fornitura di oppioidi sintetici, in particolare di fentanyl, spesso consumati in combinazione con l’alcol. Durante le restrizioni il rifornimento online è aumentato ovunque. L’acquirente paga la sua droga e riceve via social network o sms la posizione per ritirarla. Un caso emblematico di vendita online è la piattaforma Hydra, uno dei più grandi mercati del dark net, che ha gestito una buona parte della distribuzione di droghe anche in Europa. Il classico spacciatore a cui eravamo abituati è diventato oggi un provetto “corriere espresso” che consegna a domicilio.

In questo sistema geopolitico appena disegnato, l’Europa quali rischi corre?

L’Unione europea in questo momento è schiacciata in una morsa mortale. Da occidente arriva la droga proveniente dall’America latina, da Oriente giunge quella afgana e in mezzo purtroppo c’è l’Europa. Il rischio è di essere invasi soprattutto perché nel vecchio Continente c’è una richiesta crescente di sostanze stupefacenti. Le istituzioni europee comincino a porsi il problema e ad alzare la guardia altrimenti nel breve periodo rischiamo il “knock out” definitivo proprio sul versante della lotta al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. 

Vincenzo Musacchio, criminologo, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80. È oggi uno dei più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali, un autorevole studioso a livello internazionale di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative a livello europeo.