L'ex presidente Fia

Max Mosley si suicidò perché aveva un cancro incurabile

Diverse testate britanniche hanno diffuso gli esiti della perizia giudiziaria sul suo decesso, avvenuto nella sua casa di Londra lo scorso maggio

Max Mosley si suicidò perché aveva un cancro incurabile
(EPA/CHRISTOPHE KARABA via Ansa)
Max Mosley nel 2011

Max Mosley, dal 1993 al 2016 presidente della Fédération Internationale de l'Automobile (Fia) organizzatrice della Formula 1 e altri importanti campionati motoristici, morì il 24 maggio scorso, ma sulle circostanze del decesso si espresse solo in termini vaghi la nuora Emma Mosley, parlando di “una lunga lotta contro il cancro”. Oggi diverse testate britanniche riportano gli esiti della perizia dell'ufficio del coroner di Westminster: Mosley si sparò dopo aver appreso di avere un linfoma incurabile e che gli sarebbero rimaste solo alcune settimane da vivere. 

Un foglietto fu trovato a fianco del suo letto ma era a malapena leggibile, a causa della grande quantità di sangue, le uniche parole leggibili erano “Non avevo scelta”. La coroner Fiona Wilcox ha affermato che  "il 24 maggio 2021 la polizia accorsa all'abitazione di Mosley lo trovò sdraiato sul suo letto con accanto una pistola”. Ha inoltre confermato che non c'erano tracce di scasso né nulla di sospetto, e accertato che Mosley aveva confidato l'intenzione di togliersi la vita al suo assistente personale Henry Alexander e a un suo medico curante.

Max Mosley si dedicò all'automobilismo fin da giovane età e il massimo campionato ebbe la sua impronta dall'anno dell'ultimo titolo di Alain Prost a quello del primo campionato vinto da Lewis Hamilton, passando per i trionfi di Michael Schumacher, Mika Hakkinen e Fernando Alonso. Fu però anche una figura controversa: suo padre, recentemente interpretato sullo schermo da Sam Clafin nella serie Bbc Peaky Blinders, era Oswald Mosley, il fondatore della British Union of Fascists al cui matrimonio partecipò Adolf Hitler. A porre fine alla lunga permanenza di Mosley jr. ai vertici della Fia fu lo scandalo suscitato da un servizio del tabloid News of the World sula sua partecipazione a un festino in uniformi naziste. La testata fu condannata a una sanzione di 60 mila sterline per violazione della privacy.