L'intervista

Remuzzi: "Perché preoccupa la nuova variante e come si manifesta la sindrome post Covid"

Il direttore dell'Istituto Mario Negri: "In estate si attende una riduzione dei casi. Fondamentale la protezione del vaccino"

Remuzzi: "Perché preoccupa la nuova variante e come si manifesta la sindrome post Covid"
ANSA/TIZIANO MANZONI
Giuseppe Remuzzi

Ottimismo e preoccupazione convivono in questo periodo che vede la fine dello stato di emergenza e nello stesso tempo la forte circolazione di varianti molto contagiose. Dunque è ancora troppo presto per lasciarci alle spalle l’esperienza della pandemia anche se alcuni elementi ci fanno guardare con fiducia al futuro. Ad affermarlo è Giuseppe Remuzzi, direttore dell’istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e nefrologo di fama internazionale. 

I fattori che suggeriscono un miglioramento della situazione

Secondo il professore la discesa dei casi “dovrebbe iniziare a metà aprile per poi proseguire fino a luglio, anche grazie alla bella stagione”. Le previsioni sono del Global burden of disease (Gbd), programma internazionale che valuta l’impatto delle principali malattie a livello di mortalità e disabilità. Queste elaborazioni, messe a punto però prima dell’avvento di Omicron BA.2, indicano zero casi di Covid in Italia tra giugno e agosto. Una prospettiva davvero significativa anche se in questi anni abbiamo imparato a non fare troppe previsioni. 

Ci sono inoltre altri elementi da considerare: “Innanzitutto la popolazione è quasi completamente infettata o vaccinata e quindi possiamo affrontare eventuali nuove mutazioni con una base protettiva che non avevamo nel 2020. Un altro dato positivo è che Omicron, nonostante l’elevatissima capacità di diffusione, tende a localizzarsi generalmente nella parte alta delle vie respiratorie, risparmiando bronchi e polmoni. Oggi inoltre abbiamo diverse armi al nostro arco: non solo vaccini, ma anche antivirali e anticorpi monoclonali”.

Motivi di preoccupazione

Secondo Remuzzi però, ci sarebbero anche tre motivi di preoccupazione: “In primo luogo quello che sta accadendo a Hong Kong: un’ondata pesantissima che dimostra come Omicron non sia poco pericolosa in una popolazione, soprattutto anziana, poco vaccinata. Solo il ciclo completo con tre dosi ci può proteggere da questa e altre varianti. In Italia abbiamo ancora troppi over 70 che non hanno completato il ciclo vaccinale: un grosso serbatoio di circolazione per il virus”. Inoltre in Paesi a noi vicini, come quelli africani, le percentuali di vaccinazione sono bassissime come nella popolazione ucraina che stiamo accogliendo nel nostro Paese nelle ultime settimane a causa del conflitto.

Anche la variante XE, che “sta prendendo piede in Inghilterra desta preoccupazione e ci aspettiamo che possa essere già presente anche in Italia”. Si tratta di una variante ricombinante, ovvero di una forma che mixa caratteristiche di più varianti (nel caso specifico di Omicron BA.1 e di Omicron BA.2) e si sta diffondendo molto rapidamente, al contrario di altri ceppi ricombinanti come XD e XF (unione di Delta e Omicron), che sembrano non avere una così ampia diffusione. “In Inghilterra- sottolinea Remuzzi- sono stati già riscontrati oltre 600 casi di XE. Al momento non sembrano essere così gravi, anche se sappiamo ancora troppo poco sull'aggressività della variante”. 

Infine, c’è il problema degli ospedali: “Tra il 5 e il 10% dei pazienti guariti da Covid presenta sequele di vario genere, la cosiddetta sindrome post Covid”: una platea di persone quindi alle prese con una serie di problematiche di vario genere e causata dall’invasione diretta del virus nei tessuti e dall’infiammazione che ne consegue”. Ad essere colpiti da questa sindrome sono frequentemente i polmoni, l’apparato gastrointestinale, il cuore, il rene, il sistema nervoso fino al cervello. Le manifestazioni cliniche sono diverse: dall’insufficienza respiratoria, all’affaticamento ma anche perdita di memoria, manifestazioni a carico dell’apparato cardiovascolare, ischemiche fino alla possibilità di sviluppo del diabete.

C’è però una buona notizia: “secondo gli ultimi studi, citati in un editoriale su “Nature” del 3 febbraio scorso, la vaccinazione con tre dosi riduce del 50% il rischio di complicanze nel lungo periodo dopo l’infezione”.

La quarta dose

Secondo Remuzzi gli ultimi studi pubblicati sul “The New England Journal of Medicine” sembrano suggerire l’importanza di “vaccinare le persone anziane in particolare quelle che hanno malattie associate, perché più esposte alla malattia grave. Nello stesso tempo - spiega - i giovani, che sono meno a rischio di sviluppare sintomi gravi, trarrebbero un beneficio minore da una quarta dose in questo momento".  Un auspicio espresso dal professore è che "per l'autunno si possa avere anche un vaccino disegnato sulle varianti, per quanto i vaccini disegnati sul virus di Wuhan si sono rilevati formidabili anche contro Omicron.

In questo momento la priorità è quella di proteggere i pazienti fragili e abbiamo una quota alta di over 65 che non ha effettuato la terza dose. Questo è molto pericoloso, sia per la velocità di diffusione del virus che è difficile da contenere, sia per i pericoli che le persone più fragili corrono".