Discriminazione di genere

Google pagherà 118 milioni di dollari a 15.500 dipendenti donne

La causa nata nel 2017 da quattro querelanti che sostenevano di essere state pagate di meno di colleghi di sesso maschile. Firmata transazione con l'azienda. Il tribunale mette sotto la lente le risorse umane del gigante della tecnologia

Google pagherà 118 milioni di dollari a 15.500 dipendenti donne
@wikimedia commons
mountain view california

La società madre di Google, Alphabet, pagherà 118 milioni di dollari a 15.500 dipendenti donne per risolvere una causa intentata da quattro dipendenti in corso da cinque anni, dal 2021 divenuta una class action. Secondo le accuse la società le avrebbe pagate 17.000 dollari in meno, rispetto ad uomini impiegati in ruoli simili. Tra i querelanti ingegneri tecnici, rappresentanti di vendita ed almeno una insegnante di scuola materna. Google era accusata di negare le promozioni alle donne, mettendo dipendenti sovraqualificate, in ruoli pagati di meno, ed "in generale pagando le donne meno degli uomini", ora la transazione tra le ex dipendenti e la compagnia con l'esborso record.
 

Poco dopo l'inizio del procedimento, una delle querelanti sarebbe stata molestata dicendole che "meritava di essere violentata", da un ex appaltatore della compagnia americana.

Cosa ha deciso il tribunale
Oltre all'enorme somma di denaro, il tribunale ha ordinato a Google di utilizzare un esperto - come parte terza - per "analizzare le pratiche delle risorse umane dell'azienda", ed un economista del lavoro indipendente per esaminare la retribuzione del gigante della tecnologia per i prossimi tre anni. L'accordo dovrà essere ratificato da un altro giudice, dopo la prossima udienza prevista per il 21 giugno.

Le storie delle querelanti
Le ex dipendenti hanno accusato la compagnia di aver violato "l'Equal Pay Act" della California - legge federale sulla parità di retribuzione tra uomini e donne, firmata dal presidente Kennedy nel 1963 -. Il Wall Street Journal riporta i nomi di quattro dipendenti che si sono rivolti al giudice: Kelly Ellis, Holly Pease, Kelli Wisuri e Heidi Lamar. Tutti ex lavoratrici di Google.

Kelly Ellis lavorava come ingegnere di software presso l'ufficio di Mountain View di Google per quattro anni, a partire dal 2010. Quando ha lasciato la compagnia nel 2014 - così nella ricostruzione del Wall Street Journal - era in una posizione di senior manager, ma lasciò l'azienda "a causa della cultura sessista dell'azienda": Ellis ha affermato di essere stata pagata come un ingegnere di livello base, nonostante avesse quattro anni di esperienza. Mentre un collega di sesso maschile - con stessa laurea ma con meno esperienza - "veniva pagato di più".

Nel 2018, un giudice di San Francisco ha disposto un'ordinanza restrittiva ad un ex appaltatore di Google, che avrebbe scritto su Twitter che "Ellis meritava di essere violentata per aver citato in giudizio l'azienda". Holly Pease invece, è stata dipendente della compagnia per più di 10 anni, ricoprendo numerosi ruoli tra cui quello di senior manager dell'integrazione dei sistemi aziendali e manager di dati aziendali. Pease ha affermato di essere "ottimista sul fatto che le azioni che Google ha accettato di intraprendere come parte di questo accordo, assicureranno maggiore equità per le donne".