Le previsioni dell'andamento dell'economia globale

Il Fondo Monetario Internazionale alza le stime del Pil italiano per il 2022 (ma non per il 2023)

Riviste al ribasso le stime di crescita nell'Eurozona (-0,1 rispetto ad aprile), idem il prossimo anno (-1,1). Frenata anche negli Usa: -1,4 rispetto ad aprile; -1,3 nel 2023. Cina: crescita al 3,3%, livello più basso in 4 decenni. Allarme inflazione

Il Fondo Monetario Internazionale alza le stime del Pil italiano per il 2022 (ma non per il 2023)
(WikipediaCommons)
La sede del Fondo Monetario Internazionale (FMI) a Washington

Il Fondo Monetario Internazionale alza le stime per l'Italia nel 2022 ma taglia quelle per il 2023: il Pil è atteso crescere quest'anno del 3,0%, ovvero 0,7 punti percentuali in più rispetto al +2,3% previsto in aprile. Nel 2023 la crescita è attesa rallentare al +0,7%, un punto percentuale in meno rispetto alle previsioni precedenti. L'accelerazione italiana nel 2022 è legata al miglioramento del turismo e dell'attività industriale. L'Italia è l'unico Paese del G7 per il quale vengono riviste al rialzo le stime 2022, anno in cui è attesa crescere più di Germania e Francia.

 

Europa e Stati Uniti al ribasso

Un quadro nazionale incoraggiante, quindi, a dispetto della frenata attesa nel prossimo anno, che però non induce all’ottimismo: l’FMI, infatti, rivede al ribasso le stime di crescita di tutta l’area euro e degli Stati Uniti. Il Pil americano è atteso crescere quest'anno del 2,3%, ovvero 1,4 punti percentuali in meno rispetto alle stime di aprile, per poi segnare nel 2023 un +1,0% (-1,3 punti percentuali). Per l'area euro il Fondo prevede un +2,6% nel 2022 e un +1,2% nel 2023, rispettivamente -0,2 e -1,1 punti percentuali rispetto alle stime precedenti. La crescita di Stati Uniti ed Europa potrebbe scivolare vicino allo zero nel 2023 nel caso in cui i rischi legati allo stop del gas russo e alla volata dell'inflazione si materializzassero.

Kristalina Georgieva, Direttore Generale del Fondo Monetario Internazionale (ApPhoto)
Kristalina Georgieva, Direttore Generale del Fondo Monetario Internazionale

Rischio inflazione per la riduzione del gas russo

Proprio su quest’ultimo punto, si prevede un tasso d’inflazione intorno al 6,6% per quest'anno nelle economie avanzate; e al 9,5% in quelle emergenti e in via di sviluppo. Le stime sui prezzi sono state riviste al rialzo - rispettivamente di 0,9 e 0,8 punti percentuali - e il Fondo prevede che i prezzi resteranno elevati più a lungo di quanto inizialmente previsto. Lo scenario si fa più nero estendendo il discorso allo stop alle importazioni di gas dalla Russia, cui il tema dell’inflazione è intrecciato. Il Fondo monetario internazionale, diretto da Kristalina Georgieva, lancia infatti l’allarme: lo stop completo delle esportazioni di gas russo nel 2022 “aumenterebbe in modo significativo l'inflazione a livello mondiale attraverso l'aumento dei prezzi dell'energia. In Europa, potrebbe costringere a un razionamento dell'energia, con ripercussioni sui principali settori industriali, e ridurre drasticamente la crescita nell'area dell'euro nel 2022 e nel 2023, con ricadute negative a livello transfrontaliero” scrive nero su bianco l’organismo economico-finanziario internazionale nell'aggiornamento del World economic outlook (vale a dire, la previsione sull’andamento dell’economia a livello globale). “Da aprile 2022 - spiega ancora il Fondo - la quantità di gas russo fornito dai gasdotti all'Europa è diminuita drasticamente, attestandosi a circa il 40% del livello dello scorso anno, il che si riflette nelle revisioni al ribasso delle ultime previsioni rispetto ad aprile”.

 

Anche la Cina rallenta

Se Atene piange, Sparta non ride: al previsto rallentamento della crescita di Europa e Stati Uniti non corrispondono prospettive di crescita rosee per la Cina; anche Pechino, infatti, stando alle stime dell’FMI, dovrebbe subire una battura d’arresto: 3,3% quest'anno, a causa degli ulteriori lockdown e dell'aggravarsi della crisi immobiliare. Si tratta del livello di crescita più lento in oltre quattro decenni, escludendo la pandemia. Nell'aggiornamento al World economic outlook, il Fondo stima una crescita di 1,1 punti percentuali in meno per il 2022 e di 0,5 punti percentuali in meno per il 2023, al 4,6%, rispetto alle previsioni di aprile.

L'economia globale, quindi, deve fare i conti con prospettive “cupe”: afferma infatti il Fondo Monetario Internazionale che “con l'aumento dei prezzi che si fa sentire sugli standard di vita, ridurre l'inflazione deve essere la priorità. Una stretta della politica monetaria avrà inevitabilmente costi economici reali ma ritardare” un'azione avrebbe come conseguenza solo quella di “esacerbarli”.