Le conclusioni sul disastro marittimo dell'aprile 1991

Moby Prince, la commissione d'inchiesta: collisione perché in mare c'era una terza nave

"Purtroppo questa nave non è ancora stata identificata con certezza" ha detto Andrea Romano, presidente della commissione parlamentare, presentando la relazione conclusiva approvata oggi all'unanimità

Moby Prince, la commissione d'inchiesta: collisione perché in mare c'era una terza nave
di Federico Zatti
Andrea Romano presidente della commissione parlamentare d'inchiesta sul disastro Moby Prince

A Palazzo San Macuto, dove ha avuto sede la Commissione d’inchiesta parlamentare sulla Moby Prince, sono state raccontate alla presenza dei familiari delle vittime, le conclusioni di una commissione che ha dovuto chiudere in fretta le ricerche a causa della fine anticipata della legislatura. Sul tavolo c’erano diverse domande a cui doveva rispondere. Prima fra tutte condizioni meteo della notte del 10 aprile 1991, giorno della tragedia, e del traghetto Moby Prince. Su questo aspetto l’ennesima conferma. Non c’era un meteo avverso, anzi il mare era calmo e il tempo sereno e  non ci sono state avarie di alcun tipo su eliche e motori della nave. E’ stata individuata con certezza la posizione della petroliera in una zona della rada del porto di Livorno in cui non doveva sostare. 

Ma la vera novità, grazie alla perizia della società di ingegneria navale Cetena, è stata individuare un cambio di rotta improvviso, di oltre 15 gradi, realizzato nel giro di 30-40 secondi e provocato dall’improvvisa comparsa di una terza nave di fronte alla Moby. Non si conosce l’identità di questa terza nave, sulla quale la Commissione stava ancora indagando. 

Andrea Romano ha poi chiarito che ci sono due piste di indagine sulla fantomatica terza nave: La nave 21Oktober, una carretta dei mari implicata nei più torbidi misteri, che ufficialmente era in riparazione in una banchina del porto di Livorno oppure una o più bettoline, probabilmente impiegate in un'azione di bunkeraggio di petrolio di contrabbando con la petroliera Agip Abruzzo. 

Hanno poi preso la parola alcuni familiari delle vittime. Luchino Chessa, figlio del comandante Chessa ha dichiarato: “E’ la prima volta che sono solo, sento un vuoto terribile (ndr. dopo la recente morte del fratello Angelo). Voi, politici virtuosi, avete fatto un lavoro bellissimo, avete aperto uno squarcio di verità e messo dei tasselli per ricomporre il puzzle”. Certo, ha proseguito, “la mancanza dell’esplosione ci fa cadere un castello. Dobbiamo capire chi è che ha depistato finora”.

Nicola Rosetti, dell'Associazione Io sono 141: “Mancano due persone importanti, proprio quelle che ci hanno insegnato come si rispettano le istituzioni anche quando le istituzioni non rispettano noi. Bisogna ancora andare avanti per capire chi ha depistato, probabilmente dei pezzi dello Stato. Siamo vicini alla fine ma tanto rammarico per la fine della legislatura che ha fatto chiudere anzitempo la commissione".

Un familiare delle vittime, Giuseppe Tagliamonte, ha poi tirato fuori una lettera mandata a un parente di una vittima dell’equipaggio dall’armatore Onorato: “Dopo la strage nei mesi seguenti, nel Sud, con famiglie con bambini piccoli da mantenere, siamo stati ricattati. Quelli dell’equipaggio erano l’unica fonte di guadagno di una famiglia. Vi leggo le ultime righe della lettera mandata da Onorato, l’armatore della Navarma: ‘Ci siamo attivati per rimuovere ogni in accordo coi nostri assicuratori risarciremo nel più breve tempo possibile i danni per la morte dei passeggeri e dei marittimi questa iniziativa viene presa esclusivamente per motivi umanitari. Preghiamo gli interessati che non l’avessero ancora fatto – ecco il ricatto – di contattare i nostri legali per fornire la documentazione necessaria per la liquidazione del risarcimento’”.

Quest'ultima testimonianza si collega a uno degli altri obiettivi raggiunti, in parte, dalla Commissione: il famoso accordo assicurativo fra le parti, tra Eni e Navarma. Un accordo, definito dal presidente della commissione Andrea Romano, di “non belligeranza” tra soggetti che erano consapevoli di avere una responsabilità. Un accordo segreto. Romano ha chiesto pubblicamente che siano resi noti i documenti della relazione interna dell'Eni al momento dei fatti e tutti i materiali che hanno portato all'accordo assicurativo. Materiali che la Commissione aveva richiesto e che non ha ricevuto.