I suoi figli hanno scelto di continuare a tenerne vivo il ricordo

Anna Politkovskaja, 16 anni fa l'omicidio a Mosca della giornalista "scomoda" di Novaja Gazeta

L’ultimo articolo sul quale stava lavorando voleva documentare la tortura e l'uccisione di due persone da parte di un corpo delle forze dell'ordine comandato dal leader ceceno Ramsan Kadyrov

Anna Politkovskaja, 16 anni fa l'omicidio a Mosca della giornalista "scomoda" di Novaja Gazeta
Ansa
Anna Politkovskaja

Sono una reietta. E’ questo il risultato principale del mio lavoro di giornalista in Cecenia e della pubblicazione all’estero dei miei libri sulla vita in Russia e sul conflitto ceceno”. 

Questo diceva Anna Politkovskaja, giornalista e scrittrice russo-americana, nata il 30 agosto 1958 e morta il 7 ottobre 2006, uccisa in un agguato a Mosca. 

Stava rientrando a casa. L’hanno freddata con 4 colpi di pistola (una Makarov arma di standard militare) mentre aspettava l’ascensore. 4 colpi di cui l’ultimo, quello di sicurezza, esploso dal killer quando lei, probabilmente, era ancora viva.

Il 5 ottobre 2006 la Politkovskaya aveva rilasciato un'intervista a Radio Svodoba durante la quale affermava senza indugi che Kadyrov (noto alle cronaca come il “macellaio” di Grozny e che oggi è disponibile a mandare in guerra i suoi tre figli minorenni) era un "codardo armato fino ai denti”, "lo Stalin dei nostri giorni". L’ultimo articolo sul quale stava lavorando, secondo le cronache, voleva documentare la tortura e l'uccisione di due persone da parte di un corpo delle forze dell'ordine (Kadiroti) comandato dallo stesso Kadyrov.

Per la pura casualità che il fato impone alla vita di ognuno di noi, il 7 ottobre in Russia si festeggia il compleanno di Vladimir Putin.

L' 8 ottobre, la polizia russa sequestra il computer della Politkovskaja e tutto il materiale dell'inchiesta che la giornalista stava portando avanti. Il 9 ottobre, l'editore della Novaja Gazeta Dmitri Muratov (Premio Nobel per la Pace nel 2021)  afferma che la giornalista stava per pubblicare, proprio il giorno in cui è stata uccisa, un lungo articolo sulle torture commesse dalle forze di sicurezza cecene legate al Primo Ministro Ramsan Kadyrov . Muratov aggiunge che mancano anche due fotografie all'appello. Gli appunti non ancora sequestrati vengono pubblicati il 9 ottobre stesso, sulla Novaja Gazeta. 

I funerali si svolgono il 10 ottobre presso il cimitero Troekurovskij di Mosca. Più di mille persone - fra cui i colleghi e semplici ammiratori della giornalista - partecipano alla cerimonia funebre. Tra i partecipanti alle esequie c'è anche Marco Pannella, amico personale della scrittrice.  Nessun rappresentante del governo russo però vi partecipa.

Putin, dopo l’omicidio, affermò sprezzantemente che l’influenza della giornalista uccisa sulla vita politica russa era sopravvalutata, che la sua morte avrebbe fatto più danni dei suoi scritti e che dietro a questo crimine avrebbe potuto esserci qualcuno interessato a delegittimare le autorità ufficiali.

Petros V.Garibyan il 9 novembre del 2012 al New York Post, in quanto a capo  delle indagini sull’assassinio, dichiarò apertamente: "Credo che la persona che ha ordinato l'omicidio lo abbia fatto non solo come ritorsione contro Anna Politkovskaya per le sue pubblicazioni critiche". E ancora, parlando del mandante dell'assassinio: "Ha commesso un atto dimostrativo, in primo luogo volto a intimidire tutti i giornalisti, così come la società e le autorità". Dopo aver indagato a lungo sulla vita della giornalista, sui suoi trascorsi, sui suoi rapporti e sul suo lavoro, gli investigatori di Mosca hanno stabilito che l'assassino era legato ai suoi “reportage provocatori”, continua l’investigatore, che però non ha trovato collegamento alcuno tra l’operato della giornalista e l’establishment russo.

Dopo un primo processo nel 2009 che vedeva due imputati distanti dai fatti, il 9 giugno del 2014 si è concluso il processo condannando i cinque sicari ceceni che sono stati giudicati colpevoli dell’esecuzione “materiale” dell’omicidio della giornalista. Questo senza poter identificare in alcun modo i mandanti. Secondo quanto emerso in seguito i cinque uomini, due dei quali condannati all’ergastolo, erano killer a pagamento che in cambio di 150mila dollari misero a tacere una giornalista scomoda. Chi avesse pagato quella somma rimase un mistero e lo rimane tutt’oggi.  La Corte europea dei diritti dell’uomo, su ricorso dei familiari della vittima, condannerà nel 2018 la Russia per la violazione dell’articolo 2 della CEDU (Commissione europea dei diritti umani)   proprio per non avere voluto approfondire l’ipotesi investigativa del coinvolgimento dei servizi di sicurezza russi e ceceni, per accertare le responsabilità dell’omicidio.

Copertina del libro di Anna Politkovskaja "Per questo", ed. Adelphi Ansa
Copertina del libro di Anna Politkovskaja "Per questo", ed. Adelphi

La carriera 

Negli anni della perestrojka c’era la speranza  che la Russia si aprisse alla democrazia e diventasse uno stato di diritto ma il progressivo affermarsi di un modello autoritario di governo, di cui la violenta guerra in Cecenia è uno specchio, spingono la Politkovskaja ad una critica sempre più serrata ed implacabile della politica condotta da Putin in Russia e nel Caucaso. La Politkovskaja diventa una voce scomoda, che, con i modi del giornalismo di inchiesta, porta avanti temi propri alla tradizione già sovietica del dissenso. 

Fin dai primi pezzi dedicati alla Cecenia, riceve minacce di morte, ma continua a seguire le sorti del Caucaso per la “Novaja Gazeta”, correndo alti rischi, ma cercando sempre il contatto con gli attori della guerra, sia russi sia ceceni, sia militari, sia, soprattutto, civili. Scrive “Nell’arco della mia esistenza voglio riuscire a vivere una vita da essere umano in cui ogni individuo sia rispettato”. 

Nell’ottobre del 2002 è chiamata dai terroristi ceceni che hanno occupato il teatro Dubrovka a mediare nelle trattative con il governo russo. Il blitz delle autorità russe rende vana ogni trattativa: il gas immesso nel teatro uccide tutti i terroristi e molti degli ostaggi. Questo accentua la critica della Politkovskaja nei confronti del governo, che accusa di essere indifferente alla vita dei suoi cittadini, pur di vincere con la forza la partita con i terroristi. 

Memore di questo precedente, nel 2004 cerca di raggiungere Beslan dove i terroristi hanno occupato una scuola, ma sull’aereo viene colpita da un malore che la costringe a tornare a Mosca: affermerà, senza poterlo dimostrare, d’essere stata vittima d’un tentativo d’avvelenamento. 

La Politkovskaja continua nel suo impegno civile e giornalistico – nonostante le crescenti intimidazioni da cui è colpita – dalle pagine di «Novaja Gazeta» fino al 7 ottobre 2006. La giornalista resta una figura scomoda, su cui si cerca di far cadere il silenzio in patria, nonostante la sua notorietà internazionale, testimoniata, fra l’altro, dai numerosi premi che ha ricevuto durante la sua carriera e anche dopo la sua morte.
I suoi figli hanno scelto di continuare a tenerne vivo il ricordo e l’esempio, e di ricercare la verità sulla sua fine lontano dalla ribalta della politica, ma con determinazione.

"Noi russi", scriveva “non vogliamo essere granelli di sabbia sugli stivali altolocati” di un tenente colonnello del Kgb (riferendosi a Putin).

Tra il 1992 ed il 2021 in Russia e dintorni si sono verificate le morti di 58 giornalisti dissidenti o distanti dagli ideali del Cremlino. Anna Politkovskaya è la più nota tra questi.