Il premio Nobel Shirin Ebadi:"Sembra l'inizio di una rivoluzione"

Iran: Amnesty International denuncia la morte di 23 minorenni

Gli attivisti iraniani hanno lanciato appelli a proteste di massa domani in tutto il paese. I manifestanti distruggono le statute di Khomeini

Iran: Amnesty International denuncia la morte di 23 minorenni
AP/LaPresse
Proteste a Tehran, Iran

'Dopo quanto accaduto a Mahsa Amini,  la rabbia della gente verso il regime è aumentata. Da 43 anni le richieste della popolazione sono ignorate. E adesso vediamo in varie città iraniane scene di gente che protesta contro le autorità che sparano nelle città tutta la notte. Tante persone sono state uccise. Tante, almeno duemila, sono state arrestate. Sembra l'inizio di una rivoluzione'.

'Noi tutti speriamo nel futuro e anche io spero che questo regime cada e smetta di spargere sangue. Spero che la gente abbia quello che vuole, un sistema democratico e secolare. E quel giorno, quando accadrà, io sarò la prima persona a tornare in  quel Paese e lavorerò per servire il mio popolo come un avvocato''. Lo ha detto Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace 2003, intervistata nel corso di Sky Tg24 Live In Firenze.     

 ''Spero che le mie figlie così come tutti i giovani che sono stati  costretti a lasciare il paese possano tornare in Iran e che così aiutino a ricostruire il Paese dopo la Repubblica islamica. Noi abbiamo giovani molto validi e di talento che adesso vivono  all'estero, sia nel campo della medicina, della tecnologia ma anche nell'ambito dei diritti umani e della letteratura. Tutte queste  persone adesso sono costrette a lasciare il proprio Paese. Io spero che per loro ci sia la possibilità di tornare in Iran. Prima però, come condizione, il regime islamico deve crollare e si deve ristabilire un sistema democratico e secolare nel paese'', ha aggiunto Ebadi.

Il premio Nobel per la Pace, l'iraniana Shirin Ebadi Ansa
Il premio Nobel per la Pace, l'iraniana Shirin Ebadi

Da quando sono iniziate le proteste a seguito della morte in custodia di polizia di Mahsa Amini, le forze di sicurezza iraniane hanno ucciso almeno 23 minorenni e ne hanno feriti un numero ancora maggiore. Lo ha denunciato Amnesty International, secondo la quale le autorità iraniane stanno ricorrendo a ogni mezzo per stroncare lo spirito di resistenza delle proteste giovanili e per mantenersi aggrappate al potere. Di un totale di 144 manifestanti uccisi accertati da Amnesty International, questi minorenni costituiscono il 16 per cento. L'elenco redatto da Amnesty International, riferito solo al periodo tra il 20 e il 30 settembre, contiene i nomi di 20 ragazzi di età compresa tra 11 e 17 anni e di tre ragazze, due di 16 anni e una di 17. L'organizzazione per i diritti umani sta cercando conferme sulla morte di almeno altri cinque minorenni. Nella maggior parte dei casi, 17 sul totale, le vittime sono state uccise da proiettili veri, due da pallini da caccia e quattro a seguito di pestaggi. Dieci vittime su 23 appartenevano alla minoranza oppressa dei beluci e sono state uccise nel "venerdì di sangue" del 30 settembre nelle province di Zahedan e del Sistan e Belucistan, colpite agli organi vitali. Gli altri 13 minorenni sono stati uccisi in 11 città delle province di Teheran, Azerbaigian occidentale, Alborz, Kermanshah, Kohgilouyeh e Bouyer Ahmad e Zanjan.

Proteste per la morte in Iran di Mahsa Amini GettyImages
Proteste per la morte in Iran di Mahsa Amini

Gli attivisti iraniani hanno lanciato appelli a proteste di massa domani in tutto il paese, mentre il movimento di protesta scatenato dalla morte di Mahsa Amini è entrato nella sua quinta settimana nonostante le violente repressione del regime. L'indignazione per la morte il 16 settembre della 22enne curdo-iraniana ha scatenato la più grande ondata di proteste e violenze in Iran dalle manifestazioni del 2019 indette per l'aumento dei prezzi del gas, in un paese ricco di petrolio.

Le autorità di Teheran hanno fermato all'aeroporto la figlia dell'attivista per i diritti umani e avvocatessa iraniana Nasrin Sotoudeh, attualmente agli arresti domiciliari, impedendole di prendere l'aereo che l'avrebbe portata in Olanda per motivi di studio. Lo rende noto ad Aki-Adnkronos International l'attivista Taher Djafarizad, presidente della ong 'Neda Day', che ha raccolto la denuncia del marito di Sotoudeh, Reza Khandan. ''Il 3 ottobre sua figlia, che doveva andare a studiare in  Olanda, è stata fermata mente cercava di salire su un aereo e le è  stato sequestrato il passaporto'', spiega l'attivista. ''È la terza  volta che viene fermata mentre andava all'estero per motivi di studio",  aggiunge, ricordando che una volta, mentre era in carcere, Sotoudeh aveva intrapreso uno sciopero della fame per difendere i diritti della figlia.     

La nota avvocatessa iraniana si trova ora agli arresti domiciliari per motivi di salute, ''ma la scorsa settimana le autorità hanno detto che avrebbe dovuto tornare in carcere. Le proteste in atto nel Paese hanno però sospeso la decisione e permesso a Sotoudeh di curarsi a casa", precisa. L'ong presieduta da Djafarizad prende il nome di Neda Agha-Soltan, la ragazza uccisa a Teheran e diventata il simbolo delle proteste del  2009 contro l'allora presidente Mahmoud Ahmadinejad. Sotoudeh è uscita dal carcere di Qarchak, nella zona sud di Teheran, a luglio del 2021  per motivi di salute. Sotoudeh, che nega tutte le accuse, è stata  processata per "propaganda antigovernativa" da un tribunale rivoluzionario nel 2018 e condannata a 33 anni e sei mesi di carcere e 148 frustate. Deve scontare almeno 12 anni di quella condanna. Le sue condizioni di salute sono state motivo di preoccupazione a seguito dello sciopero della fame di quasi 50 giorni condotto per denunciare le condizioni dei prigionieri politici in Iran durante la pandemia.

"Il regime iraniano cercherà di dipingere tutte le espressioni di solidarietà con coloro che difendono le loro libertà come la prova che queste proteste sono in qualche modo organizzate fuori dall'Iran. Se i leader di Teheran credono questo fondamentalmente non capiscono la loro gente". Lo ha detto il segretario di Stato americano, Antony Blinken, in un incontro a Washington con rappresentanti della società civili sui diritti della donne in Iran. Le proteste, ha sottolineato, sono espressione della "lotta del popolo iraniano per le libertà fondamentali che gli sono state negate da tempo. Prima il regime lo capirà e agirà di conseguenza, sarà meglio per tutti". Blinken ha anche ricordato le sanzioni imposte dagli Usa contro "la cosiddetta polizia morale" e ribadito l'impegno di Washington per "sostenere coloro che difendono le loro libertà fondamentali nonostante gli sforzi del regime per negare loro la possibilità di riunirsi e comunicare tra loro".