L'analisi

La nuova strategia Usa in Africa. Intervista a Mario Giro

Quali sviluppi della politica americana nel continente africano? Ne parliamo con il viceministro degli affari esteri nei governi Renzi e Gentiloni ed esponente della Comunità di Sant’Egidio esperto di cooperazione internazionale

La nuova strategia Usa in Africa. Intervista a Mario Giro
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Joe Biden con Cyril Ramaphosa, presidente del Sud Africa

Professore, a metà dicembre si terrà a Washington il secondo vertice Usa-Africa, dopo quello del 2014 organizzato da Obama. Come nasce questo nuovo interesse Usa nei confronti dell'Africa? 
Gli Usa hanno sempre avuto un interesse in Africa anche se diverso da quello europeo. È stata e rimane una presenza strategica e non tanto commerciale, nel senso che a Washington interessa il continente sul piano globale, soprattutto per ciò che la Cina vi costruisce come reti e influenza. La via della seta interessa agli americani non tanto per le sue ricadute economiche ma per quelle strategiche, cioè militari. Nuovi corridoi terrestri e porti “dual use”, cioè utilizzabili sia dal punto di vista commerciale che militare: è questo ciò che interessa gli Usa. E su questo rimangono molto attenti, come si vede dalle relazioni che hanno in alcune aree di crisi come nel Corno. A ciò ora si aggiunge il controllo delle mosse della Russia in Africa. Su questo si può dire che c’è una novità: armi e contractor russi in Mali o Burkina rappresentano una reale preoccupazione. 

Quanto pesa il ruolo della diaspora africana negli Usa in questo nuovo interesse? 
La diaspora africana pesa sempre di più, soprattutto quelle nigeriana e etiopica, le due maggiori presenze organizzate negli Usa. Nell’amministrazione Biden ci sono vari esponenti della diaspora nigeriana ad esempio, ovviamente naturalizzati. Addirittura è stata fatta a Washington una festa in un grande albergo del centro per festeggiare questa novità. 

Qual è il nuovo paradigma geopolitico che guida la politica Usa nei confronti dell'Africa? 
La presenza della Cina innanzi tutto, e quella russa soprattutto dei suoi contractors. In Africa la guerra in Ucraina ha fatto aumentare i prezzi dell’energia e delle derrate alimentari in maniera esponenziale. Questo rende la vita molto difficile nei paesi non produttori di idrocarburi mentre favorisce gli altri. Dall’Europa l’Africa è vista soltanto come problema migratorio; tuttavia gli Stati Uniti guardano al continente complessivamente come ad una risorsa. La pandemia ha cambiato le cose in peggio ma è soprattutto la guerra ad aver aggravato l’intero quadro. 

Sappiamo che nell'Africa del terzo millennio si mescolano ricchezza (di materie prime) e fragilità istituzionale. Una fragilità che lascia, spesso, dei vuoti riempiti da organizzazioni criminali. Cosa offre l'amministrazione Biden ai governi africani? 
Sicuramente molto in termini di sicurezza. Per numerosi governi africani l’apporto in termini di formazione e tecnologia è fondamentale. Manca ancora, ma ciò non riguarda soltanto gli Usa, una trama di relazioni e di scambi di informazioni sulle grandi reti criminali globali che si nutrono di traffici ma anche vengono utilizzate dai gruppi eversivi o jihadisti. A questo livello serve ancora una cooperazione multilaterale che non esiste. L’Africa ha molte risorse e quindi attira le mafie di tutto il globo. 

Sappiamo che in Africa sono presenti, in modo massiccio, due avversari potenti degli Usa: Cina e Russia. Come si sta sviluppando la strategia di contrasto a queste due superpotenze? 
Il vero contrasto si fra con la presenza. Laddove l’Europa lascia dei vuoti, gli americani cercano di colmare e con essi anche altri loro alleati come la Turchia. Ciò che l’Europa non comprende, ma che gli americani hanno molto chiaro, è che la diminuzione della presenza (da quella istituzionale a quella umanitaria) lascia spazio ad altri. Una maggior collaborazione sarebbe auspicabile. D’altronde anche se molte democrazie sono in crisi, i regimi autoritari non riescono meglio. Si pensi alla pandemia: Cina e Russia hanno fallito il loro approccio al covid, sia organizzativamente che scientificamente, mentre le democrazie hanno avuto grande successo. Perché non si è aiutata l’Africa con i vaccini? 

Guardiamo alle prospettive. Gli Usa avevano puntato su giovani leader per rendere l'Africa protagonista di una rinascita democratica nel continente. Oggi, in generale, che tipo di classe dirigente c'è nel continente? È possibile una nuova "African renaissance'?
African Renaissance è possibile con leader democratici che rispondano ai bisogni della popolazione. Ce ne sono e le ultime tornate elettorali mostrano che le opposizioni possono scalzare chi è al potere e provare a dare un proprio contributo. È accaduto in Kenya, in Zambia, in Malawi: una nuova generazione di leader che può affrontare le necessità di sicurezza e benessere dei cittadini rispondendovi positivamente. In Africa non ci sono soltanto Stati fallimentari o in crisi: c’è anche una crescita consapevole della società civile. La società africana è molto più attenta ed esigente, di ciò che crediamo: in essa risiede la grande forza del continente.