Shams, la prima donna ad aprire un ristorante a Doha: “Ho abbattuto delle barriere”

E’ la proprietaria di uno dei locali più noti del mercato storico, il Souq Wakif: “Volevo dimostrare che una donna che lavora non va contro la nostra cultura”

Shams, la prima donna ad aprire un ristorante a Doha: “Ho abbattuto delle barriere”
rainews.it
Shams Al Qassabi, prima proprietaria di un ristorante a Doha

E’ una donna di 60 anni. Ma ne dimostra di più. In fondo neanche lei sa quanti ne abbia davvero. Perché in quegli anni ancora si nasceva in casa, non esisteva una vera e propria anagrafe. Sui documenti c’è scritto che è nata nel 1958. Ha 3 sorelle e 5 fratelli. 4 figlie e 1 figlio. Parla solo l’arabo. A farci da traduttrice Eman, una delle figlie.

Shams Al Qassabi è qatarina. Di famiglia facoltosa. E anche molto tradizionale. 

Eppure lei le tradizioni le ha rotte. In qualche modo ha fatto qualcosa di rivoluzionario. Ma senza voler essere una “anti-sistema”. Anzi, nel suo modo di vedere, nel pieno rispetto della cultura e dei valori suoi e del suo Paese.

Nel 2014, 8 anni fa, è stata la prima donna ad aprire un ristorante a Doha: Shay al Shamoos. Fino ad allora era una questione solo per uomini. E lo ha fatto nel luogo più storico delle attività commerciali della città, il Souq Wakif.

“E’ stata una vera rivoluzione”. Ma – tiene a specificare - la sua volontà non era diventare famosa.

“Il mio obiettivo non era cambiare la cultura. Ma cambiare come veniva visto il lavoro per le donne. Volevo solo dimostrare che una donna può lavorare, pur conservando la propria identità e la propria cultura. Volevo dimostrare che se una donna lavora non cambia la propria cultura”.

Un ragionamento che si muove lungo un filo sottile che punta a far capire che il cambiamento non è nemico della cultura, che anzi Shams rivendica con orgoglio.

“Lei – tiene a specificare la figlia Eman – non è andata contro la nostra cultura, ma contro le norme culturali”. Insomma, contro limiti costruiti dagli esseri umani. Che – in questo caso – sono uomini.

“Molti cambiamenti – riprende a parlare Shams Al Qassabi – sono stati introdotti. E ci deve essere sempre un bilanciamento tra la ricerca del successo e il rispetto della cultura. La cosa più difficile da cambiare era rendere uguali gli uomini e le donne nel lavoro. Prima era solo per uomini. Ma questo – ringraziando Iddio – è cambiato. Ora uomini e donne contribuiscono insieme alla crescita del nostro Paese”.

 

La storia di Shams inizia a 5 anni, quando seguiva il nonno nel suo negozio nel Souq. E già allora dimostrava di voler cercare la propria strada. Nella maniera più semplice, come si addice a una bambina. Così prendeva dei semplici fazzoletti e una forcina per capelli, e creava dei fiori. Una manualità che oggi – dopo quasi 60 anni – non ha smarrito: mentre ricorda quegli anni, prende un tovagliolo, si toglie una forcina da sotto al velo e lascia sbocciare uno splendido fiore bianco.

Poi a 11 anni ha iniziato a imparare a cucinare seguendo gli insegnamenti della nonna. Non ha studiato. In quegli anni, l’educazione per le donne era ritenuta non necessaria. Le donne erano chiamate ad occuparsi solo della casa e della famiglia.

Ma arrivata all'età di 40 anni – inizio anni 2000 – decise che doveva dare il proprio contributo al sostegno della famiglia. E così si mise in testa che voleva aprire un negozio per mettere a frutto ciò che sapeva fare: lavorare le spezie. 

Una sfida. Accolta infatti con ostilità diffusa: nessuno le parlava. “Ora anche una donna nel Souq – si diceva in giro. Cosa altro deve accadere?”.

Lei stessa decise di non dirlo neanche alla madre. Poi però la storia di questa donna che aveva aperto un negozio in un mercato per soli uomini iniziò a fare il giro del mondo.

Così anche la madre lo venne a sapere: “Ma cosa stai facendo? – le chiese – Lo fai per soldi? Tuo padre ha lasciato una fortuna. Vieni da una famiglia importante. Stai dando un colpo alla reputazione della nostra famiglia”.

“Ma io non sto facendo nulla di male – mi dicevo -. Di cosa devo avere paura? Puntavano il dito contro di me perché non ero istruita. Ma io non volevo più essere la ‘regina della casa’. Io so come produrre con le mie mani, perché non devo farlo?

In quel momento qualcosa è cambiato nella mia testa. Decisi di andare avanti non più solo per supportare la mia famiglia, ma per dimostrare a me stessa e alla società che le donne qatarine sono capaci. E volevo andare contro la vecchia mentalità della società”.

All'inizio il suo negozio aveva 6 sedie. Per i primi 2 mesi però fu deserto. Nessuno andava da lei. Ma lei non si è persa d’animo. Spinta anche dall'insegnamento del padre che le ripeteva: “Una storia di successo parte da zero. E chi vale zero può valere cento”. Così finalmente riuscì a farsi conoscere. Oggi i posti a sedere sono 285. E il locale è sempre pieno.

“Solo quando si è cominciato a parlare ovunque di questo locale, allora la comunità ha capito il valore di quello che avevo realizzato”.

Shams ha “abbattuto le barriere di qualcosa che non era permesso. Di qualcosa che era ritenuto una vergogna per una donna. Ma in realtà quello che era sbagliato era dare dei limiti ai nostri valori e alla nostra cultura: un uso sbagliato della cultura per imporre dei limiti”.

“Ad esempio – aggiunge la figlia Eman – è giusto lottare per l’educazione e la parità di genere. Come dimostra l’esempio di Malala”, pakistana Premio Nobel per la pace, colpita quasi mortalmente da talebani semplicemente perché voleva andare a scuola.

Con voce pacata, il viso sorridente, ma anche la sicurezza di chi alle spalle ha lunga esperienza, Shams tiene a sottolineare: “Il cambiamento non arriva da un giorno all'altro. Ha bisogno di passi. Di pietre miliari. Ma il cambiamento è sempre in cammino”.