Le nuove previsioni

Banca d'Italia stima che l'inflazione resterà alta anche nel 2023

Ritoccate però al rialzo le stime di crescita per questo e i prossimi due anni, mentre dovrebbe restare stabile la disoccupazione. Su il disavanzo. Rallentano i prestiti ma migliora lo spread. Criptovalute, l'Italia più diffidente della media Ue

Banca d'Italia stima che l'inflazione resterà alta anche nel 2023
Getty
Aumento dei prezzi stimato al 6,5% per l'anno in corso

La Banca d'Italia ha  ritoccato al rialzo le sue previsioni di crescita dell'economia italiana sull'insieme di quest'anno, per cui ora prevede un aumento dello 0,6% del Pil, mentre ha confermato la stima di un aumento del 1,2% sia sul 2024, sia sul 2025. Le cifre sono contenute nel Bollettino economico e segnano comunque un netto rallentamento dell'espansione rispetto al 3,9% di crescita stimato sul 2022. Nel Bollettino economico dello scorso ottobre Bankitalia prevedeva una crescita del Pil dello 0,3% quest'anno e dell'1,4% il prossimo, a metà dicembre aveva effettuato una prima revisione prevedendo crescite del 0,4% sul 2023 e all'1,2% su 2024 e 2025.

Bankitalia, poi, ribadisce la persistenza di un'elevata incertezza, dovuta innanzitutto agli sviluppi della guerra in Ucraina. E “in uno scenario in cui si ipotizza la sospensione permanente delle forniture di materie prime energetiche dalla Russia all'Europa, il prodotto si contrarrebbe nel 2023 e nel 2024 e crescerebbe moderatamente nell'anno successivo. L'inflazione salirebbe ulteriormente quest'anno, per poi scendere decisamente nel prossimo biennio”.

Per l'inflazione, salita quasi al 9 per cento nello scorso anno, Bankitalia prevede che resti elevata, con una moderazione al 6,5 nel 2023 - il dato è stato rivisto al ribasso rispetto alla stima del 7,3% dell'aggiornamento di metà dicembre - e poi un rallentamento "più marcato in seguito", al 2,6% nel 2024 e al 2% nel 2025.

In Italia oltre il 70% dell'inflazione complessiva è stata dovuta ai rincari dell'energia, sulla media del quarto trimestre, mentre "nello stesso periodo le misure governative in materia energetica avrebbero mitigato la dinamica dei prezzi al consumo per oltre un punto percentuale"

La disoccupazione invece dovrebbe restare stabile all'8,2%, per ridursi al 7,9% nel 2024 e al 7,6% l'anno successivo. Il numero di occupati, dopo un balzo del 2,2% lo scorso anno, segnerà però un ulteriore +0,4% nel 2023, un +0,5% nel 2024 e un +0,7% nel 2025: “è ancora sostenuto dalla componente a tempo indeterminato per effetto delle trasformazioni delle posizioni temporanee avviate nel 2021”, spiega Banca d'Italia.

Riguardo al disavanzo, si va verso una “riduzione significativa” sul pil nel nel 2022, mentre la legge di bilancio approvata dal Parlamento "accresce di 1,1 punti percentuali di Pil il disavanzo del 2023" rispetto ai piani precedenti.

Tra agosto e novembre i prestiti bancari al settore privato non finanziario hanno rallentato, risentendo dell'indebolimento sia della domanda delle imprese per finalità di investimento sia di quella delle famiglie per l'acquisto di abitazioni. "Il rialzo dei tassi ufficiali" della Bce "si è trasmesso al costo del credito bancario, in misura sostanzialmente in linea con l'incremento medio nell'area euro", si legge.

Le condizioni dei mercati finanziari sono nel complesso migliorate dalla metà di ottobre. Il differenziale di rendimento dei titoli di Stato italiani rispetto ai corrispondenti titoli tedeschi, cioè lo "spread", si è collocato alla metà di gennaio intorno a 185 punti base, ben al di sotto dei valori massimi raggiunti durante lo scorso anno.

Criptovalute, l'Italia più diffidente della media Ue

In Italia lo scorso anno il 2,2 per cento delle famiglie deteneva attività in criptovaluta, a fronte del 12 per cento negli Usa e del 4 per cento per la media Ue. Negli ultimi anni, secondo un sondaggio di Bankitalia, l'interesse verso queste attività da parte delle famiglie è cresciuto a livello globale, nota Bankitalia, anche se in modo eterogeneo tra paesi. In Italia la quota di possessori di criptoasset è più elevata tra i nuclei abbienti: si passa dal 4,3 per cento delle famiglie nel quartile più elevato della distribuzione del reddito a meno dell'1 per cento di quelle nel secondo quartile. La diffusione di criptoattività è inoltre maggiore tra i più giovani (5,7 per cento delle famiglie in cui il soggetto rispondente ha meno di 45 anni, a fronte dello 0,2 per cento della fascia più anziana), plausibilmente in connessione con un maggiore utilizzo degli strumenti informatici. La percentuale, poi, è più alta tra i liberi professionisti e gli altri lavoratori autonomi (6,7 per cento) e sale al 19 per cento tra i soggetti meno avversi al rischio. L'ammontare di criptoattività detenute dalle famiglie è limitato: due terzi dei nuclei hanno riportato di possederne fino a 5.000 euro, mentre solo l'11 per cento ha dichiarato importi superiori a 30.000 euro.