Il caso è stato riaperto dal Vaticano

Caso Orlandi: 40 anni di misteri, piste false e speranze disattese

Nessuno sa che fine abbia fatto la 15enne Emanuela, figlia di un commesso della Prefettura della Casa pontificia, scomparsa il 22 giugno 1983. E chi lo sa, non parla o non può più parlare

Caso Orlandi: 40 anni di misteri, piste false e speranze disattese
(Contrasto)
Emanuela Orlandi, 1968 - scomparsa 1983

I riflettori si riaccendono, a quasi 40 anni dalla sua scomparsa, su Emanuela Orlandi.

Sulla sparizione nel nulla della 15enne, figlia di un commesso della Prefettura della Casa pontificia, il 22 giugno 1983, si è detto e scritto di tutto. Dopo quasi 40 anni di misteri, di piste false, di inchieste giudiziarie aperte e concluse con un nulla di fatto, in un'alternanza quasi crudele di speranze e delusioni per la famiglia, nessuno sa che fine abbia fatto Emanuela e chi lo sa, non parla o non può più parlare. 

Il Vaticano riapre le indagini, provando a rileggere la mole di atti, documenti, testimonianze raccolte in tutto questo arco di tempo. Per i familiari di Emanuela si tratta dell'ennesima boccata di ossigeno. 

Le le fasi più significative dell'iter giudiziario 

Le fasi più significative dell'iter giudiziario sul caso di Emanuela Orlandi sono quelle che seguono la riapertura dell'inchiesta nel 2005. 

Nel luglio 2005 Una prima (apparente) svolta investigativa si registra in occasione di una puntata del programma 'Chi l'ha visto?' quando giunge una telefonata di un anonimo che invita a vedere chi è sepolto nella basilica di Sant'Apollinare: il defunto è Enrico De Pedis, detto Renatino, uno dei boss della Banda della Magliana, ucciso nel febbraio del 1990.

Nel giugno 2008 Sabrina Minardi, per qualche anno amante proprio di De Pedis, rivela agli inquirenti che Emanuela Orlandi era stata uccisa e che il suo corpo, rinchiuso in un sacco, era stato gettato in una betoniera a Torvaianica. Secondo la donna, la 15enne sarebbe stata tenuta prigioniera in un'abitazione romana vicino a piazza San Giovanni di Dio. 

Pur con tutte le perplessità del caso, i magistrati, che procedono per sequestro di persona a scopo di estorsione e omicidio volontario aggravato dalle sevizie e dalla minore età della vittima, si attivano per cercare i dovuti riscontri. Ma i risultati sono scarsi. Minardi viene sentita più volte dagli inquirenti, cade in contraddizione, smentisce precedenti sue ricostruzioni del fatto finendo lei stessa sotto indagine.

A marzo 2010 gli accertamenti della procura vengono estesi anche ad altri soggetti vicini a De Pedis: l'autista Sergio Virtù, i due stretti collaboratori Angelo Cassani, detto 'Ciletto' e Gianfranco Cerboni, detto 'Gigetto', e poi monsignor Pietro Vergari, fino al '91 rettore della basilica di Sant'Apollinare, dove si trova la tomba dello stesso De Pedis.

A maggio 2012 viene aperta la tomba di De Pedis: il corpo del boss viene identificato, ma null'altro di utile dal punto di vista investigativo emerge dall'esame dei reperti ossei ritrovati all'interno della cripta della basilica.

A novembre 2013 c'è un'altra novità istruttoria: le dichiarazioni rese da Marco Fassoni Accetti, di professione fotografo, per il quale il sequestro della Orlandi ha a che vedere con l'esistenza di trame internazionali ordite alle spalle dell'allora Pontefice. Ma Accetti viene liquidato da chi indaga come inattendibile e non credibile, tanto che la sua posizione finisce in archivio a seguito di una consulenza psichiatrica che ne certifica forti disturbi della personalità.

Dicembre 2014, l'ultima speranza dei familiari di Emanuela Orlandi è legata ad Alì Agca: l'ex Lupo Grigio, che aveva sparato a Papa Wojtyla nel 1981, si presenta a sorpresa a piazza San Pietro per portare dei fiori sulla tomba di Giovanni Paolo II. La famiglia si attiva immediatamente per presentare un'istanza alla magistratura affinchè l'ex terrorista turco venga interrogato.

Richiesta respinta: anche Agca è ritenuto "soggetto inattendibile" per aver reso piu' volte dichiarazioni sul caso Orlandi, sia pubbliche che in sede processuale, che si sono rivelate "infondate" e "scarsamente credibili". Da qui la richiesta di archiviazione inoltrata dalla procura secondo cui "da tutte le piste seguite e maturate sulla base di dichiarazioni di collaboratori di giustizia e di numerosi testimoni, di risultanze di inchieste giornalistiche e anche di spunti offerti da scritti anonimi e fonti fiduciarie, non sono emersi elementi idonei a richiedere il rinvio a giudizio di alcuno degli indagati". Una conclusione recepita prima dal gip e confermata poi dalla Cassazione.

A giugno 2017, in occasione del 34esimo anniversario della scomparsa di Emanuela, la famiglia Orlandi chiede alle autorità vaticane di accedere agli atti conservati sul caso. Ma l'istanza cade nel vuoto.

Ottobre 2018: durante alcuni lavori di ristrutturazione di un locale annesso alla Nunziatura Apostolica in via Po 27 vengono trovati alcuni frammenti ossei umani. Il pensiero va subito a Emanuela Orlandi e a Mirella Gregori, l'altra 15enne scomparsa nel 1983. Le analisi diranno che si tratta di reperti di epoca romana.

Marzo 2019: un' istanza viene presentata dal legale della famiglia Orlandi al Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, per avere informazioni su una tomba del cimitero teutonico all'interno della Santa Sede. Nell'istanza si reputa "opportuna una ricerca negli archivi di ogni documento relativo a tale loculo per individuare chi vi risulti essere stato sepolto. In ogni caso si chiede l'apertura della tomba" per fugare ogni dubbio sulla vicenda. 

Ad aprile 2019 la Segreteria di Stato vaticana autorizza l'apertura di un'inchiesta per avviare accertamenti sulla tomba del cimitero Teutonico.

Luglio 2019: il Vaticano dispone l'apertura delle due tombe presenti nel cimitero Teutonico. Dopo l'apertura, sono previste le operazioni di repertazione e catalogazione dei resti. Si dovranno attendere poi le perizie per stabilire la datazione dei reperti e per il confronto del Dna.

Aprile 2020: il procedimento relativo alla presunta sepoltura nel cimitero Teutonico viene archiviato dal Giudice Unico del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Le verifiche sui reperti trovati concludono che i frammenti rinvenuti sono databili a epoca anteriore alla scomparsa della ragazza. E i più recenti risalgono ad almeno cento anni fa.