La ‘ndrangheta è sempre più una multinazionale del crimine

Intervista a Vincenzo Musacchio, criminologo forense e docente di strategie di lotta alla criminalità organizzata transnazionale presso il RIACS di Newark

La ‘ndrangheta è sempre più una multinazionale del crimine
Ansa/Carabinieri Ros
'Ndrangheta: operazione del Ros

Professore come definirebbe oggi la ‘ndrangheta?

La definisco una multinazionale del crimine, sempre meno sanguinaria e sempre più transnazionale e mercatistica. È un’organizzazione criminale autoctona, oggi diventata transfrontaliera. In passato, s’imponeva con la violenza, oggi, s’integra nella società corrompendo. È potente economicamente, ben equipaggiata militarmente e ha numerosi contatti con la politica, la pubblica amministrazione, la finanza e la massoneria deviata. Le radici della ‘ndrangheta sono molto complesse da comprendere poiché è atipica, sia nel suo sistema di regole, sia nella sua organizzazione interna.

La ‘ndrangheta ha mantenuto la stessa organizzazione nel corso della sua storia?

Sostanzialmente sì. La ’ndrina, o cosca, è la cellula fondamentale che aggregata con altre forma il gruppo locale che è capeggiato dal capo-bastone, dal capo-crimine e dal contabile. Quest’ultimo si occupa delle finanze, della divisione dei proventi e della cassa comune. Il capo-crimine organizza delle azioni criminose. Il capo-bastone li controlla entrambi ed ha inoltre diritto di vita e di morte su tutti i suoi sodali, si può dire sia il vero capo del gruppo locale. Questo sistema organizzativo vale in Calabria, in Italia e ovunque la ‘ndrangheta s’insedi.

In cosa si differenzia dalle altre organizzazioni criminali italiane?

La ‘ndrangheta si regge soprattutto sui rapporti di consanguineità. Questa peculiarità le permette di avere un bassissimo numero di pentiti. Cosa Nostra aveva un’organizzazione di vertice con una cupola o commissione e un capo assoluto. Ora è in fase di riorganizzazione dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro. La camorra si differenzia dalle altre due mafie per la mancanza di un’organizzazione verticistica e questo la porta a una maggiore instabilità e a più guerre tra cosche rivali. Vi sono differenze anche a livello di potere. La ‘ndrangheta é molto più potente e influente di Cosa Nostra e soprattutto della camorra. Questo si nota dal fatto che spari molto meno rispetto alle altre due. La differenza principale fra la ndrangheta e le altre organizzazioni mafiose italiane è la ricchezza economica e la transnazionalità intesa sia come risorse umane, sia economiche. Gli affiliati sono attivi in moltissimi campi: traffico di stupefacenti, sanità, rifiuti, appalti, grande distribuzione commerciale, estorsioni, prostituzione, lavoro nero, frodi e contraffazioni.

Perché è ritenuta tra le organizzazioni criminali più potenti al mondo?

Perché è molto forte economicamente. L’organizzazione mafiosa si è potuta espandere nel mondo proprio grazie alla sua enorme disponibilità economica. Il giro d’affari annuo stimato per la ‘ndrangheta è superiore a quello di grandi multinazionali come ad esempio la catena McDonald’s. I maggiori guadagni ovviamente arrivano dal traffico internazionale di cocaina e di altri stupefacenti, con guadagni intorno ai trenta miliardi di euro. Dal riciclaggio del denaro sporco arriva la seconda fonte di guadagno con circa venti miliardi. Poi seguono le truffe e le frodi a organi pubblici, il traffico d’armi, le estorsioni e l’usura, gli appalti pubblici, la prostituzione, l’immigrazione clandestina e il lavoro nero che portano cifre molto più modeste. Secondo Eurispes il giro d’affari della ‘ndrangheta si attesta attorno ai sessanta miliardi di euro, pari a più del 3,6% del PIL italiano. L’organizzazione può contare su circa quattrocento famiglie, per un totale di oltre sessanta mila affiliati in trenta Stati. Dove circola denaro e ci sono guadagni, lì c’è la ‘ndrangheta. Questi sono i motivi per cui è ritenuta tra le organizzazioni criminali più potenti al mondo.

In quali Paesi è diffusa maggiormente?

È radicata in Canada, negli Stati Uniti, in tutta l’America Latina, in quasi tutta l’Unione europea, in Gran Bretagna, in Australia e in Nuova Zelanda. In Asia è presente in Thailandia, in Turchia e in Afghanistan. In Africa è presente in Marocco, in Congo (Repubblica democratica), in Namibia e in Sudafrica.

È presente anche nel continente africano. Perché?

È interessata ai diamanti sudafricani e al coltan congolese. Vende armi e scarica rifiuti. Ha veri e propri centri di stoccaggio in Africa occidentale (Guinea Bissau). Il perché è semplice. Fa affari e introita ingenti profitti. In Africa c’è abbondanza di materie prime che si rinvengono addirittura a cielo aperto. Si trovano minerali (es. cobalto) fondamentali per i telefonini di ultima generazione che ottimizzano il consumo della corrente elettrica nei microchip utilizzati. Gli investigatori di Europol hanno raccolto foto e testimonianze della presenza nella Repubblica Democratica del Congo di uomini affiliati alle mafie di mezzo mondo tra cui anche i calabresi. La ’ndrangheta per convincere i miliziani congolesi, vende loro la droga o le armi - che abbondano nelle disponibilità degli ndranghetisti - e ottiene in cambio quel cobalto che oggi è un elemento essenziale per l’industria che costruisce le batterie ricaricabili delle automobili elettriche. Nella Repubblica Democratica del Congo si sono consolidate anche alleanze criminali impensabili. Una di queste riguarderebbe la collaborazione tra clan calabresi e triadi cinesi.

La rete, il dark web, è la nuova frontiera della ‘ndrangheta?

La 'ndrangheta è sempre più presente in rete. È al passo con la digitalizzazione e i nuovi sistemi di trasferimento del denaro, come ad esempio le monete virtuali. Per elevare i margini di profitto, infatti, ha preferito ramificarsi anche nel web dove ha scoperto nuovi modi di guadagno. Comunica attraverso i social e la messaggistica di Internet. La rete ha cambiato anche il mercato della droga durante la pandemia da Covid. I consumatori di sostanze stupefacenti non incontrano più lo spacciatore sulle strade. Esiste, infatti, uno spaccio online che avviene attraverso i social network o siti specifici. La ‘ndrangheta è già dentro tutte queste nuove tecnologie.

La guerra in Ucraina è un grande affare per le cosche calabresi. È così?

Certamente. Crisi economica, emergenze nazionali, disordini, instabilità di governo, guerre e ricostruzione postbellica sono manna dal cielo per le mafie che su tali disgrazie speculeranno e faranno affari. La ‘ndrangheta che ha immense disponibilità finanziarie approfitterà di questa condizione operando a livello transnazionale. Sia durante il conflitto, sia quando quest’ultimo cesserà, la ‘ndrangheta sarà presente e farà i suoi affari. I principali settori su cui accendere i riflettori sono le forniture di armi e munizioni, il traffico di esseri e organi umani e la ricostruzione postbellica. In materia di traffico d’armi abbiamo un precedente cui fare riferimento. Nei Balcani, negli anni '90, durante il conflitto e con la fine del medesimo, c’è stato un mercato per la vendita di armi belliche. Lì, si sono approvvigionati mafiosi e terroristi. Credo (ma ovviamente spero di sbagliare) che si ripeterà la medesima situazione anche in Ucraina. Esplosivi, mitragliatrici, bombe e altre armi finiranno sul mercato nero e saranno facilmente accessibili alle reti criminali e ai gruppi terroristici di tutto il mondo. A rischio sono anche i nuovi flussi di profughi, c’è il settore delle forniture mediche e dei farmaci. Molti farmaci salvavita non si trovano più nei mercati legali. La droga stessa è un altro settore in cui aumenteranno i guadagni. Cresceranno corruzione, riciclaggio di denaro sporco e la ‘ndrangheta (e le altre mafie) avrà la capacità di investire nell’economia e nella finanza ucraina. Assisteremo a una sceneggiatura già scritta e vista in altri conflitti di natura bellica.

Perché la ’ndrangheta ha continuato a prosperare in Calabria?

Le ragioni sono molteplici. Hanno radici storiche, politiche, economiche e sociali. La latitanza dello Stato in Calabria ha certamente favorito un clima fertile per la crescita di consenso della ‘ndrangheta. L’altissima disoccupazione e la mancanza di adeguate politiche sociali, hanno fatto il resto rendendo questa mafia uno Stato nello Stato. Gli ‘ndranghetisti si fregiano di sostituire le Istituzioni dello Stato e di offrire quello che quest’ultimo non dà (denaro, servizi essenziali, risorse economiche e lavoro).  È bene tuttavia tenere a mente che la ‘ndrangheta qualora faccia un favore è per avere in seguito un proprio tornaconto. Dalla schiavitù di questa mafia, come delle altre, si esce soltanto in due modi: con la morte o collaborando con la giustizia.

Nicola Gratteri è una spina nel fianco di questa ‘ndrangheta che lei ha appena descritto. Qual è il suo
punto di forza?

Sicuramente non esiste nessun magistrato in Italia e all’estero che conosca la ‘ndrangheta come la conosce lui. Sa benissimo anche quali siano le dinamiche del traffico internazionale di stupefacenti. È una spina nel fianco, purtroppo, con le leggi attualmente in vigore, non sufficiente a incidere in maniera decisiva per la sconfitta di una simile multinazionale del crimine. È sicuramente il magistrato più esposto d’Italia nella lotta contro la ‘ndrangheta. Ha un grande vantaggio investigativo (simile a quello che ebbero Falcone e Borsellino in Sicilia nella lotta a Cosa Nostra) è calabrese, nato e vissuto lì, per cui, conosce tutte le dinamiche e la mentalità ndranghetista. Questo sicuramente è un suo punto di forza notevole.

Che cosa bisognerebbe fare per assestare colpi mortali a questa nuova ‘ndrangheta?

Considerarla per quello che è: mercatistica, transnazionale e silente. Siamo di fronte ad una nuova mafia con la struttura di una multinazionale che corrompe, ricicla, realizza frodi finanziarie, gode di paradisi fiscali ed ha un sistema bancario proprio. È ormai un fenomeno criminale con estensione globale. Per questi motivi occorrerà intensificare la cooperazione internazionale in materia penale come strumento indispensabile per combattere e prevenire questo tipo di criminalità organizzata transnazionale, la corruzione a essa connessa, il traffico internazionale di stupefacenti, il traffico di esseri e organi umani, la criminalità economico-finanziaria. Questi crimini ormai vanno tutti combattuti secondo regole di extraterritorialità. Penso si debbano sviluppare nuovi programmi e nuove strategie di lotta, preventive e repressive, a livello transfrontaliero. Gli obiettivi di queste azioni devono essere finalizzati a combattere la nuova criminalità organizzata armonizzando la legislazione penale degli Stati membri, migliorando il funzionamento dei sistemi giudiziari e rafforzando lo Stato di diritto. Per ottenere il massimo effetto nella prevenzione e nella repressione al fenomeno dell’attuale criminalità organizzata le strutture giudiziarie nazionali dovrebbero unire i loro sforzi volti all'attuazione coerente delle strategie più adeguate proprio agli sviluppi e alle nuove peculiarità di queste mafie a livello globale.

Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni Ottanta. È tra i più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali. Esperto di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto europeo di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative in ambito europeo.