Psicologia delle emozioni

La solitudine fa male ed è un circolo vizioso: chi si sente solo tende ad isolarsi ancora di più

Secondo una ricerca dell’università Sapienza di Roma chi ha pochi contatti sociali sarebbe meno ricettivo verso chi è disposto ad averne

La solitudine fa male ed è un circolo vizioso: chi si sente solo tende ad isolarsi ancora di più
(Pixabay)

La solitudine chiama solitudine. E’ questo il risultato di una ricerca condotta dal dipartimento di Psicologia dell’università Sapienza di Roma in collaborazione con l’Università inglese di Bournemouth e pubblicato sulla rivista Scientific Reports

“Un alto livello di solitudine influenza la capacità di riconoscere e ricordare le persone non familiari che per la loro espressione sorridente inviano messaggi di apertura e quindi potrebbero essere importanti per instaurare nuove relazioni” spiega Anna Pecchinenda, docente di Psicologia delle emozioni, alla guida del gruppo di ricercatori. In sostanza, più ci sentiamo soli e più tendiamo ad isolarci.

Solitudine e memoria

La cronicizzazione della solitudine ha l’effetto di indurre un bias a livello cognitivo, ovvero una distorsione del processo di giudizio, che influenza il modo in cui tendiamo a far attenzione ai segnali circostanti: chi si sente solo fa più attenzione ai segnali di minaccia e si “protegge” tendendo a non stabilire legami e contatti con altre persone. 

L'idea nata durante la pandemia

L’ipotesi di questa ricerca è nata durante il lockdown causato dal Covid-19. “Durante le lezioni a distanza noi docenti abbiamo notato che gli studenti avevano delle difficoltà e inoltre lamentavano varie frustrazioni, come avere a disposizione poco spazio oppure pochi contatti”- spiega la docente-. Mentre facevo lezione da remoto riferivano una minor capacità di concentrazione dovuta all’isolamento, ma allo stesso tempo erano refrattari a trovare soluzioni alla loro condizione”.

La ricerca 

“Abbiamo condotto lo studio su studenti universitari. Abbiamo mostrato loro volti da memorizzare e alla fine chiesto di indicare quelli che avevano visto o non visto” precisa Pecchinenda. Il risultato? “Abbiamo notato che gli studenti che riferivano livelli alti di solitudine erano meno bravi a riconoscere volti sorridenti visti in precedenza”.

La solitudine

La solitudine è un’emozione, uno stato d’animo, anche doloroso, attiva infatti dei circuiti neuronali che producono un effetto a livello fisico, e deriva dalla valutazione dei propri contatti come soddisfacenti o meno” aggiunge la ricercatrice. Non dipende quindi dal numero di contatti ma da come questi contatti vengono valutati: si possono incontrare tante persone quindi, ma avvertire di non avere un legame importante con nessuno.