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Ponte sullo Stretto, nel Def manca la copertura finanziaria. Impatto sul debito dagli immigrati

Dalla piena attuazione del PNRR si prevede un impatto sul Pil nazionale fino al 3,4% nel '26. Ieri Giorgetti aveva sottolineato il ruolo dell'Italia come hub energetico per i flussi di gas. L'attenzione degli Usa sull'accordo sulla Via della Seta

Ponte sullo Stretto, nel Def manca la copertura finanziaria. Impatto sul debito dagli immigrati
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Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti, a Palazzo Chigi

A due giorni dall’approvazione del Def da parte del governo, continuano le analisi e i dibattiti sugli impatti che le misure economiche in cantiere avranno sulla crescita del Paese e sulla tenuta dei suoi conti pubblici. Un occhio di riguardo è stato dedicato al PNRR e alle sue ricadute sull’andamento dell’economia. Dalla sua piena attuazione, ad esempio, arriverà una spinta alla crescita che potrebbe toccare il 3,4% del Pil nel 2026. Il calcolo contenuto nel Def spiega bene l'attenzione che il Parlamento dedica all'approvazione del decreto sulla nuova governance, approvato dal Senato e, tra le polemiche dell'opposizione, ora passato alla Camera. Dovrà essere varato entro il 25 aprile.

 

“Per il Ponte sullo Stretto mancano le coperture finanziarie”

Per il Ponte sullo Stretto di Messina, una delle misure più difese e sostenute dall’esecutivo, e in particolare dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, “ad oggi non esistono coperture finanziarie disponibili a legislazione vigente; pertanto, queste dovranno essere individuate in sede di definizione del disegno di legge di bilancio”.

Nel Def, inoltre, si sottolinea che il costo dell'opera oggetto di concessione, dagli aggiornamenti svolti, risulta di 13,5 miliardi. Le opere complementari e di ottimizzazione alle connessioni ferroviarie, lato Sicilia e lato Calabria, che dovranno essere oggetto del contratto di programma con Rfi, si stima avranno un costo di 1,1 miliardi”. Un costo complessivo, quindi, che è lievitato rispetto alle iniziali previsioni.

 

Scenari di rischio e previsioni: dalla presenza degli immigrati un impatto sul debito

Ma, oltre al Piano nazionale di ripresa e resilienza, ci sono variabili che rischiano invece di pesare negativamente sulla crescita: il Def prende in considerazione alcuni scenari di rischio, come un nuovo aumento delle materie prime energetiche, che potrebbe tradursi in una riduzione di 0,3 punti sul Pil del 2023 e di 0,4 il prossimo anno.

Sul debito invece potrebbe avere un impatto “rilevante” l'aumento o la diminuzione di immigrati: un +33% di immigrati produrrebbe un calo del debito al 2070 di “oltre 30 punti”. L'aumento o la diminuzione di lavoratori stranieri inciderebbe infatti sulle variabili demografiche e sugli scenari di lungo periodo che vedono la popolazione italiana in costante calo nei prossimi decenni. “Data la struttura demografica degli immigrati che entrano in Italia, l'effetto è significativo sulla popolazione residente in età lavorativa e quindi sull'offerta di lavoro”, si legge nel Def. Le altre variabili sono la speranza di vita (che aumenta e non modifica “di molto” le previsioni) e la “fertilità” (che cala e fa aumentare il debito).

 

Giorgetti: “Italia si candida a ruolo strategico come hub per il rifornimento energetico”

Ieri, in sede FMI, incontrando il segretario americano per la crescita economica, energia e ambiente Jose Fernandez, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva puntato molto sul descrivere l’Italia come futuro hub energetico nel raccordo tra i flussi di gas naturale provenienti dal nord Africa e quelli diretti al nord Europa: “L'Italia si candida ad avere un ruolo strategico in vista dell'indipendenza energetica dalla Russia. Grazie alla sua posizione al centro del Mediterraneo, può fare da raccordo con il rifornimento di gas naturale dai Paesi del Nord Africa verso il nord del mondo”.

Dagli incontri avuti dal titolare di via XX Settembre a Washington è emerso, di sottofondo, come riferiscono alcune fonti, un interesse statunitense alla posizione dell'Italia sulla Cina. Al centro c’è l'accordo sulla Via della Seta, sottoscritto dal governo Conte e in scadenza. Il governo italiano dovrà decidere se rinnovarlo o revocarlo.