La statistica nella pallacanestro

Mappe di tiro e modelli statistici: così si va a canestro in modo “scientifico”

I coach si rivolgono sempre più spesso a esperti di big data per elaborare, numeri alla mano, le migliori strategie per vincere le partite. La professoressa Paola Zuccolotto spiega come la ricerca universitaria può dare una mano anche sul campo

Mappe di tiro e modelli statistici: così si va a canestro in modo “scientifico”
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Sempre più spesso i coach di basket si affidano a dati e big data per aumentare le probabilità di battere gli avversari

Utilizzano numeri e dati per disegnare delle mappe di tiro e studiare da quale punto del campo una squadra di basket ha le maggiori probabilità di andare a canestro. Tracciano modelli statistici per capire quali giocatori collaborano in modo più efficiente tra loro. A ogni domanda dei coach rispondono con una formula matematica. Si chiamano BDSports, che significa big data applicati allo sport, e sono un gruppo di professori e ricercatori dell’Università di Brescia che hanno deciso di portare anche in Italia quello che in Stati Uniti e Gran Bretagna si fa già da una ventina di anni. Emblematico il Manchester City, che ha assunto addirittura un gruppo di astrofisici per monitorare i movimenti dei giocatori in campo con tecnologie 3D.

Il gruppo di ricercatori italiani è coordinato dalla professoressa Paola Zuccolotto che spiega come le ricerche di BDSports possono migliorare il rendimento di una squadra. 

Qual è il rapporto tra la pratica sportiva sul campo e le vostre ricerche?

Noi ci basiamo molto sulle domande che ci sono rivolte dai protagonisti del mondo dello sport. Per esempio collaboriamo con la Pallacanestro Brescia, che milita in A1, e in particolare con Francesco Taccetti, assistente allenatore della squadra. Taccetti ci ha chiesto di analizzare le prestazioni dei “quintetti” di giocatori (cioè il cinque ruoli della pallacanestro, playmaker, guardia tiratrice, ala piccola, ala grande e centro, ndr). Le analisi che abbiamo fatto, e che abbiamo applicato anche all’NBA, sono poi confluite in un libro dal titolo “Basketball Data Science” (La scienza dei dati sulla pallacanestro), scritto insieme alla collega Marica Manisera. Il libro, molto venduto soprattutto negli Stati Uniti, è uscito con la prefazione di Ettore Messina, attuale allenatore dell’Olimpia Basket, all’epoca assistant coach di Gregg Popovich dei San Antonio Spurs, nonché ex tecnico della Nazionale italiana. Ed è nato proprio da alcune domande cui il famoso coach non riusciva a trovare una risposta.

Quali erano queste domande? E che cosa avete scoperto?

I big data sono applicabili a tutti gli sport o solo al basket?

Senz’altro sono applicabili a tutti gli sport. Emblematico è il film “L’arte di vincere (Moneyball)”, ambientato nel 1997, agli albori dell’utilizzo dei dati nello sport, in cui si narra la vicenda degli Oakland Athletics, squadra di baseball statunitense. Il general manager Billy Beane mette insieme una squadra con un budget ridotto e ottiene degli ottimi risultati grazie all’analisi statistica delle prestazioni dei suoi giocatori. È così che nasce la cosiddetta “sabermetrica”, cioè l’utilizzo dell’analisi dei dati nel baseball. Passando dalla fiction alla realtà, Daryl Morey, manager degli Houston Rockets, inizia ad applicare l’analisi dei dati al basket già nel 2006. 
Di recente si sono aggiunti sviluppi interessanti. Nel 2021 la società di calcio del Manchester City ha arruolato una squadra di astrofisici per seguire i movimenti dei giocatori in campo con tecnologie 3D. Da questo punto di vista gli sport di squadra sono più intriganti, perché consentono di analizzare anche le relazioni tra compagni di squadra. Tra gli sport individuali però i big data sono applicati anche a tennis, nuoto e atletica, senza dimenticare la Formula 1 che si caratterizza per un approccio più ingegneristico. Il nuoto invece si distingue per l’utilizzo di sensori applicati a varie parti del corpo per rilevare la cinetica dei movimenti. Oltre a strumenti come un filo attaccato alla schiena del nuotatore attraverso cui è possibile misurare la potenza delle bracciate.

A che punto è l’Italia nell’applicazione della statistica allo sport?

Di certo non siamo i pionieri. Gli albori della sabermetrica vengono dagli Stati Uniti. E per quanto riguarda il basket non è un segreto che l’NBA sia più avanti di tutti. L’Italia, e l’Europa in generale, per il momento non possono competere con quanto sta avvenendo in America, ma c’è un interesse che si sta sviluppando e in una situazione di forte incremento di questo settore di studi. La mia speranza è che grazie ai giovani ricercatori che stiamo formando, in futuro l’utilizzo dei dati nello sport possa espandersi ancora di più.
Un campo in cui ritengo che l’Italia possa dare un grande contributo per quanto riguarda il rapporto tra statistica e sport è la pallavolo.

L'utilizzo di dati e big data può essere la nuova frontiera dello sport?

Sicuramente c’è un grande interesse verso questo campo di ricerca. Nel report 2022 di “Research and market” si stima che l’utilizzo di dati e big data applicati allo sport possa valere 3 miliardi di dollari, ma per il 2026 è atteso addirittura un incremento fino a 8 miliardi. Si tratta di un interesse giustificato. La nostra filosofia è che dati, analytics e algoritmi debbano essere un supporto per le decisioni. Nella nostra filosofia non è previsto che possano sostituirsi all’uomo nel processo decisionale.