La presentazione del libro

Le memorie di Joaquín Navarro-Valls: “I miei anni con Giovanni Paolo II”

Uomo di grande umanità e fede, non era un portavoce, era il portavoce. Diceva quello che pensava: con garbo, eleganza, fermezza e determinazione

Le memorie di Joaquín Navarro-Valls: “I miei anni con Giovanni Paolo II”
Archivio Navarro-Valls
Giovanni Paolo II

Nel quarantacinquesimo anniversario dell’elezione di Giovanni Paolo II, viene pubblicato a Roma il libro del Portavoce Joaquín Navarro-Valls dal titolo: “I miei anni con Giovanni Paolo II”.

Navarro-Valls è stato Direttore della Santa Sede per oltre vent’anni, incaricato di curare e diffondere le parole di Giovanni Paolo II, il Papa più politico e viaggiatore dei nostri tempi; Navarro fu legato al Santo Padre da un rapporto professionale, fraterno e trasparente, fatto di fiducia, ironia e affetto sincero. Primo laico a ricoprire questo incarico, svolse un ruolo importante nella Diplomazia Vaticana durante i pontificati di San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. 

L’opera, che raccoglie scritti inediti narrati in prima persona, riporta appunti storici, scritti al momento ma con uno sguardo profondo e una sobrietà meditata, che ci aiutano a comprendere la personalità, il lato più umano del Pontefice e dei suoi anni come successore di Pietro. Navarro ha vissuto insieme a uno degli uomini più influenti del XX secolo avvenimenti che hanno segnato la storia del mondo, come descrive nei capitoli dedicati alla prima delegazione vaticana recatasi nella Mosca sovietica, all’incontro con Gorbaciov in Vaticano, alla preparazione del viaggio del Papa nella Cuba di Fidel Castro, o all'assassinio del comandante della Guardia Svizzera.

Joaquín - afferma il fratello Rafael - pensò alla pubblicazione postuma «proprio per non mostrarsi come il modello comunicativo della Santa Sede, in un momento in cui tutto ciò che riguardava la comunicazione vaticana veniva ripensato e riorganizzato». 

Presentazione libro “I miei anni con Giovanni Paolo II” Cortesia PUSC
Presentazione libro “I miei anni con Giovanni Paolo II”

“Negli appunti di Navarro-Valls sono presenti alcuni riferimenti a difficoltà legate soprattutto alla mancanza di sensibilità comunicativa da parte di alcune figure decisionali all'interno della Santa Sede. In alcuni casi, egli risolse questi problemi rivolgendosi direttamente al Papa. Negli ultimi anni del pontificato, tuttavia, in considerazione dello stato di salute di Giovanni Paolo II, Navarro preferì risparmiargli quel peso”.

"Non considerò quel suo accesso diretto al Papa come un privilegio, ma come un qualcosa di essenziale per raggiungere e migliorare la sua sintonia con il Pontefice – afferma padre Federico Lombardi. Nessuno in Vaticano era a conoscenza dello stretto rapporto tra Governo e comunicazione. Il dottor Navarro ne era pienamente consapevole, e per questo insistette per stabilire un intenso rapporto, prima di tutto, con il Papa. Ma in una realtà complessa come il Vaticano niente è facile". 

Navarro-Valls ebbe grande ammirazione per il rostro umano e spirituale di Giovanni Paolo II, che non sentì mai parlare male di nessuno; o che mostrava di saper ascoltare come se non avesse altro da fare, o che confidava nell'efficacia di pregare Dio con l'innocenza di un bambino. Non erano dettagli di semplice ammirazione, ma espressioni dell'affetto di un figlio verso il padre. Come quando, girando per le botteghe di Roma alla ricerca di un buon bastone da passeggio per il Papa; o quando indossò un naso da pagliaccio per farlo ridere e fotografarlo senza far vedere la rigidità che il morbo di Parkinson gli provoca in volto.

Prof Diego Contreras Prof Diego Contreras
Prof Diego Contreras

Abbiamo incontrato Diego Contreras, Professore della Facoltà di Comunicazione Istituzionale all’Università della Santa Croce di Roma ed editore del libro.

Il Segretario Dziwisz diceva: “Attenti a quello che dite e ai commenti che fate! Tra qualche sarà tutto pubblicato in un libro del dottor Navarro-Valls». Di cosa parla il libro, professore?

Credo che il libro non parli di Joaquin, ma che sia in realtà un libro sul Papa. Joaquin voleva scrivere un libro che si riferisse esclusivamente al suo periodo alla Santa Sede. Non era un diario: lui era stato inviato, corrispondente, aveva vissuto moltissime avventure, ma non le ha raccontate. Ha raccontato solo il suo periodo come portavoce. Attraverso il rapporto informale che aveva con il Papa, come pranzi, vacanze, colloqui, il suo intento era offrire una visione complementare a quella offerta dalle biografie pubblicate. La sua è una descrizione dell’immagine del Papa dietro le quinte. Nel libro Joaquin è colui che scrive, ma non è il protagonista, scrive con la consapevolezza dell’unicità del momento storico in cui viviamo.

Com'era la figura di Navarro Valls che traspare nel libro?

Era un professionista molto serio che attraverso lo stretto contatto che aveva con il suo superiore, desiderava svolgere al meglio il suo lavoro esprimendo i suoi progetti, il suo pensiero, il suo punto di vista con grande lealtà. Inoltre, occupandosi di comunicazione, ha sempre mostrato una profonda conoscenza dall’interno del fenomeno comunicativo, e una profonda conoscenza del lavoro del giornalista: conosceva le esigenze della comunicazione e dell’informazione giornalistica, e per questo rispondeva con professionalità a tali esigenze.

Ci può raccontare qualche dettaglio?

Era una persona dotata di grande spirito di osservazione, un cronista molto preciso che racconta conversazioni con il Papa avvalendosi di molti dettagli. Apparteneva ad una generazione che utilizzava la memoria. Al di là degli episodi che racconta, le conversazioni, ricche di dettagli, e riportate in modo molto fedele, costituiscono la vera ricchezza del libro. Lui non registrava queste conversazioni con un registratore; si trattava di conversazioni informali a pranzo, a cena o in montagna e lui ha avuto la forza di prendere appunti su queste conversazioni anche dopo intense giornate di lavoro. Tutto questo richiedeva enorme disciplina e pertanto deve essere considerato un tesoro. Credo sia necessario sottolineare il suo grande senso dell’umorismo e la sua profonda fiducia in Dio. La sua stima nei confronti del Papa e la dimensione trascendente sono una costante nel libro.

Papa Giovanni Paolo II Prof. Diego Contreras
Papa Giovanni Paolo II

Come portavoce della Santa Sede, quali sono stati i momenti più gratificanti e quelli più difficili, a livello professionale?

Non posso dire quali siano stati i momenti più duri o più gratificanti perchè sarebbe una mia opinione personale. Sicuramente, il momento più difficile, tanto da un punto di vista professionale che da un punto di vista personale, è stata la morte del Pontefice. Navarro Valls aveva il suo ruolo, ma era difficile sostenere quei momenti che lo avevano toccato profondamente da vicino, li aveva vissuti in prima persona come collaboratore del Papa ma anche come medico e quindi aveva piena coscienza dell’evoluzione della malattia del Pontefice. Questa prospettiva arricchisce il libro e fa comprendere quanto siano stati duri gli ultimi momenti della vita del Papa fino alla sua morte. 

Cosa avevano in comune tra loro che rendeva la loro amicizia unica e profonda?

C’era una gran sintonia. Sono documentati una serie di episodi informali molto simpatici. Navarro Valls incontrava il Papa di tanto in tanto, non era sempre con lui, quindi non ha la visione di chi trascorre ogni giorno con il Papa. Credo che ci fosse sintonia sulla finalità del servizio a Dio e alla Chiesa. Questo è essenziale. Joaquin Navarro Valls voleva servire la causa del Papa, essenzialmente la diffusione del Vangelo. Allo stesso tempo, era ben cosciente del fatto che il Papa non avesse bisogno di alcun aiuto perché era un comunicatore nato, bucava lo schermo. Diceva sempre: “Il Papa buca lo schermo, non ha bisogno di me”. Ma sapeva anche che dove c’era il Papa, c’era bisogno di una persona che si occupasse degli aspetti legati alla comunicazione e al rapporto con i media. Era una sintonia professionale molto importante e il Papa comprendeva bene l’importanza della sua figura.

Quali esempi o lezioni ha lasciato Navarro Valls ai futuri giornalisti in particolare sull'informazione o divulgazione dell'attualità?

Lui credeva nella comunicazione, credeva nell’informazione giornalistica, credeva nel giornalismo, nella capacità di comunicare alla popolazione le informazioni più importanti per la vita della comunità. Pertanto quello che contava non era solo l’informazione giornalistica ma anche il valore che questa aveva e ha per la società, per la vita politica e per la vita sociale. Poi c’è la comunicazione istituzionale, che non deve essere una comunicazione propagandistica o di facciata, ma deve basarsi sulla trasparenza, sulla verità, senza ingenuità. Negli anni di Navarro Valls non esistevano i social, non voleva proporsi come un modello, e questo è uno dei motivi per cui aveva deciso di non pubblicare i suoi scritti in vita. Il panorama attuale è complesso. Forse oggi avrebbe fatto delle cose in modo diverso. Avrebbe, però, sicuramente evitato di fare paragoni, tra ciò che è migliore o peggiore.

 

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