Verona

Poliziotti arrestati, una vittima: “Buttato nella mia pipì”. Piantedosi: "Fatti di enorme gravità"

Altri 17 agenti indagati. Intanto Amnesty International denuncia: “Sembra di essere tornati alla caserma di Bolzaneto…è l'ennesimo motivo per non abolire il reato di tortura"

Poliziotti arrestati, una vittima: “Buttato nella mia pipì”. Piantedosi: "Fatti di enorme gravità"
tgr veneto
violenze in Questura a Verona, parla una vittima

Si chiama Nicolae e afferma di essere stato "buttato nella sua pipì" dopo essere stato portato in Questura.

Sarebbe una delle vittime dei cinque poliziotti arrestati per le violenze che sarebbero avvenute a Verona tra il luglio 2022 e il marzo 2023.

In un'intervista video, rilasciata alla Tgr Veneto, Nicolae racconta di essere stato fermato mentre si trovava al bar insieme ad un amico e di essere stato portato negli uffici investigativi. Lì avrebbe chiesto di andare in bagno, ma un agente gli avrebbe risposto 'falla qui dentro la cella'. Poi lo ha preso - racconta - e lo ha buttato nella sua pipì.

E' uno degli squarci che si aprono su un’indagine apparsa da subito estremamente delicata e su cui il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi dichiara: "Le vicende che emergono, ove fossero confermate, sarebbero di enorme gravità, lesive innanzitutto della dignità delle vittime ma anche dell’onore e della reputazione di migliaia di donne e uomini della Polizia di Stato che quotidianamente svolgono il proprio servizio ai cittadini con dedizione e sacrificio. La magistratura e la stessa Polizia di Stato faranno piena chiarezza su quanto avvenuto". 

“La Polizia di Stato che conosco e a cui rinnovo la mia stima e gratitudine - aggiunge il titolare del Viminale - per le delicate attività che svolge quotidianamente è quella che senza esitazioni e pregiudizi riesce a fare pulizia al suo interno".

Nicolae, una persona tranquilla

"Nicolae è una persona incapace di fare del male a qualcuno, un trattamento del genere non se lo merita". Alberto Sperotto è il presidente della 'Ronda della carità' - un'associazione di 400 volontari di Verona che girano per le strade della città per assistere i senzatetto portando loro cibo e coperte. E' stato lui, stamattina, ad accogliere il 56enne romeno, una delle vittime dei pestaggi e delle torture in questura commesse dai 5 agenti di Polizia che ieri sono statia rrestati.   

"È venuto all'alba da noi in mensa per la colazione -racconta all'ANSA sostenendo che l'uomo era ignaro del fatto che i giornali riportassero la sua storia - e poi so che ha pranzato dai frati di San Bernardino. Lo conosciamo tutti da un paio d'anni, è la persona più pacifica che io conosca, collaborativo e con una gran voglia di integrazione tanto che sta facendo un corso di italiano per imparare meglio la nostra lingua".

 

Nelle prossime ore saranno fissati gli interrogatori di garanzia dei cinque poliziotti, un ispettore e quattro agenti delle Volanti di Verona, arrestati ieri mattina a conclusione di una lunga indagine della Squadra mobile: Alessandro Migliore, Loris Colpini,
Filippo Failla Rifici, Federico Tomaselli e Roberto Da Rold, ai quali viene contestato, tra i reati, anche quello di tortura.

"Saranno sicuramente necessari accertamenti lunghi e complessi", ha detto all'ANSA il legale di uno dei cinque indagati. Ai cinque poliziotti, per i quali il Gip ha firmato la misura cautelare degli arresti domiciliari, oltre al reato di tortura vengono contestati, a diverso titolo, anche quelli di lesioni, falso, omissioni di atti d'ufficio, peculato e abuso d'ufficio.

"L'indagine è molto delicata - ha proseguito l'avvocato -, ma sicuramente saranno necessari sviluppi e approfondimenti che comporteranno tempi lunghi per fare piena chiarezza e stabilire la veridicità dei fatti. Intanto restiamo in attesa della convocazione per l'interrogatorio di garanzia", ha concluso.

Intanto sale il numero degli agenti coinvolti. Sono 17 gli altri indagati nell'inchiesta della Procura di Verona su episodi di torture, maltrattamenti e peculato che ieri hanno portato all'arresto di cinque poliziotti in servizio alle Volanti della Questura.  Nei loro confronti la Procura della repubblica scaligera ha avanzato al gip Livia Magri l'applicazione di misure interdittive, come la sospensione dal servizio o il trasferimento d'ufficio.

Nell'ordinanza di custodia cautelare il giudice sottolinea che nei loro confronti  occorrerà fissare il preventivo interrogatorio prima della decisione". Verrà dunque emessa un'altra ordinanza relativa a questi eventuali provvedimenti.

Il Questore di Verona, Roberto Massucci, nel frattempo aveva già disposto la rimozione dagli incarichi di 23 agenti che, pur non avendo preso parte a episodi di violenza, si presume possano non aver impedito o comunque non aver denunciato i presunti abusi commessi dai colleghi. Si tratta di poliziotti del Reparto Volanti che sono stati trasferiti ad incarichi burocratici.

il questore di Verona Roberto Massucci, sulla vicenda Davide Pyriochos tgr Veneto
il questore di Verona Roberto Massucci, sulla vicenda Davide Pyriochos

La denuncia di Amnesty international: Verona come Bolzaneto

In seguito agli eventi Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, nella sua rubrica sul portale Articolo21, denuncia: "Sembra di essere tornati alla caserma di Bolzaneto, 22 anni fa. Agli indagati si contestano comportamenti 'gravemente lesivi della dignità delle persone'. Una formula giuridicamente corretta ma che proviamo a tradurre così: uso di persone come strofinacci per asciugare la propria urina, vanterie sui pugni assestati sul volto di persone inermi, competizioni a chi picchiava di più".

"Nel 2001, in Italia, c'era chi sosteneva la necessità di una norma sulla tortura -continua Noury: non per vietarla, ma per regolamentarla, in risposta alle sfide senza precedenti del periodo post-11 settembre. Ventidue anni dopo, da Verona arriva la conferma che la tortura serve non a scopo di sicurezza - non è mai servita né servirà mai - ma solo per esibire potere su coloro che ne sono privi. È un'espressione di odio, nascosta dietro una divisa. È un mezzo per annientare e umiliare. Quello che è accaduto a Verona, dunque, ci insegna due lezioni: il reato di tortura deve restare in vigore per punire chi si macchia di uno dei più gravi crimini internazionali, ma anche per tutelare la maggior parte degli operatori delle forze di polizia, compresi coloro che hanno contribuito agli sviluppi dell'indagine in corso. Non ci sono solo "mele marce" ma Verona dimostra che non c'è, almeno ancora, un ‘sistema marcio’, conclude il portavoce di Amnesty International.

Intervista a Riccardo Noury di Amnesty International Rainews.it
Intervista a Riccardo Noury di Amnesty International

Numerose le voci dell’opposizione politica che condannano e chiedono chiarezza sui fatti.

“Sono atti terribili e intollerabili quelli che emergono dall'inchiesta di Verona su torture e violenze da parte di agenti della squadra Mobile della Questura ai danni di persone fermate per accertamenti, ancor più odiosi se aggravati da odio razzista. Comportamenti sui quali va fatta subito piena luce per fare giustizia per le vittime di questa violenza ingiustificata". Così in una nota la segretaria del PD Elly Schlein.

"Il ministro dell'Interno, nel rispetto dell'azione della magistratura, deve intervenire per far luce sui fatti di una gravità inaudita accaduti a Verona. Se questi fossero confermati, avremmo indagati colpevoli di avere tradito la propria funzione e il rapporto fra cittadino e forze dell'ordine". Lo dichiara la deputata dem Debora Serracchiani, responsabile Giustizia del Pd, che ha presentato un'interrogazione al ministro dell'Interno sottoscritta da molti deputati e deputate Pd.

"I fatti su cui si indaga a Verona sono gravissimi, e i particolari agghiaccianti emersi nelle ultime ore hanno scosso l'opinione pubblica. Per questo, al di là delle responsabilità individuali che saranno accertate dalle sentenze di merito, riteniamo necessario che il ministro dell'Interno Piantedosi venga al più presto in Aula a riferire". Così in una nota il senatore di Azione-Italia Viva Ivan Scalfarotto.

Otto mesi di indagini. Il Gip: 'Hanno tradito la loro funzione'

Al fermo degli agenti di polizia si è arrivati dopo otto lunghi mesi di indagini. Un lavoro duro, nel quale gli agenti della squadra mobile di Verona hanno indagato in silenzio, con l'ausilio di registratori e videocamere, sull'operato di cinque colleghi, portando alla luce episodi di violenze e torture avvenute tra le pareti della Questura. 

A finire agli arresti domiciliari, con un provvedimento scattato all'alba, sono stati un ispettore e quattro agenti, accusati in almeno sette occasioni di aver abusato di persone sottoposte alla loro custodia.

Nell'ordinanza del gip Livia Magri che dispone le misure cautelari si sottolinea come gli indagati con le loro condotte "abbiano tradito la propria funzione, comprimendo i diritti e le libertà di soggetti sottoposti alla loro autorità, offendendone la stessa dignità di persone, creando essi stessi disordine e compromettendo la pubblica sicurezza". Poliziotti che avrebbero "commesso reati piuttosto che prevenirli" e approfittato "della qualifica ricoperta, anche compiendo falsi ideologici in atti pubblici con preoccupante disinvoltura".

Le 169 pagine che compongono il documento mettono nero su bianco la violenza, parlano di pugni, calci, umiliazioni e 'sadiche torture' con l'utilizzo dello spray al peperoncino. Poi i racconti divertiti al telefono, le parole di vanto con la fidanzata dei pestaggi in Questura. Quella che il gip descrive nell'ordinanza di custodia cautelare per i cinque agenti di Verona finiti ai domiciliari è una lunga serie di violenze. Sistematiche, continuate nel tempo e condite da insulti razzisti e minacce di morte. 

A essere presi di mira i "deboli", quasi sempre persone straniere o senzatetto.

"Circostanza che, da un lato - scrive il gip -, ha consentito agli indagati di vincere più facilmente eventuali resistenze delle loro vittime, dall'altro ha rafforzato la convinzione dei medesimi indagati di rimanere immuni da qualunque conseguenza" forti del fatto che nessuna delle vittime avrebbe mai sporto denuncia. 

Si coprivano l'un l'altro, ridevano dei pestaggi, si vantavano delle botte quando fermavano qualcuno. Un "modus operandi consolidato" - scrive il giudice di Verona Livia Magri - e "condiviso da numerosi operanti dell'ufficio Volanti della Questura". I pestaggi avvenivano lontano dagli occhi indiscreti delle telecamere, in quello che veniva chiamato il "tunnel", un'area cioè dove non erano presenti sistemi di videosorveglianza.

Particolare attenzione viene posta sul ruolo di uno degli agenti, Alessandro Migliore, del quale si sottolinea nell'ordinanza una "spiccata propensione criminosa". Il poliziotto - si legge - si è reso protagonista "di reati assai gravi", "torturando con sadico godimento, in più occasioni e in un arco temporale del tutto contenuto, diverse persone private della loro libertà personale anche semplicemente per l'identificazione, in totale assenza di necessità e con crudeltà". 

Intercettato al telefono con la fidanzata, l'agente si vanta dei pestaggi. Alle vittime diceva: "Adesso ti faccio vedere io quante capocciate alla porta dai, boom boom boom boom". "E io ridevo come un pazzo", raccontava alla ragazza. Parlava delle "stecche" sul volto sferrate alle vittime, dei calci e dei pugni. "Ho caricato una stecca amo', bam, lui chiude gli occhi, di sasso per terra è andato a finire, è rimasto a terra", racconta al telefono.

Ma a picchiare erano tutti, sostiene ancora il giudice, prendendosi gioco delle loro vittime, utilizzando anche lo spray al peperoncino senza alcuna ragione, solo per il sadico gusto di umiliarle. Le pestavano tutti insieme, trascinandole nelle stanze della Questura, picchiandole e umiliandole fino a negargli il bagno costringendole a rotolarsi nell'urina sul pavimento. In un caso due poliziotti sono accusati non solo di aver picchiato una persona sottoposta a fermo di identificazione, ma anche di averla costretta a urinare nella stanza fermati. Gli stessi l'hanno poi spinta in un angolo facendola cadere a terra e usandola "come uno straccio per pulire il pavimento".

"Com'è che Roberto non l'ha ammazzato", chiede un'agente intercettata ai colleghi. "Sì che l'ammazza", la risposta. "Lo buttiamo là alla casa abbandonata, prende una scarpata nei cogl..ni". "Stai zitto, altrimenti entro dentro e vedi cosa ti faccio", una delle altre minacce nei confronti delle vittime. "Da tali dialoghi si desume in maniera inequivocabile la consuetudine nell'utilizzo ingiustificato di violenza fisica", conclude il gip chiedendo la misura cautelare nei confronti di chi commetteva reati "piuttosto che prevenirli".