L'attivista insignita del premio più prestigioso

Chi è Narges Mohammadi, l'attivista iraniana che ha ottenuto il premio Nobel per la pace

L'attivista riceve l'ambito premio mentre è ancora detenuta a Evin da cui riuscì a inviare una lettera aperta. Arrestata 13 volte, sono in molti a chiedere la sua liberazione, anche i due figli gemelli. L'ultima battaglia contro la "tortura bianca"

Chi è Narges Mohammadi, l'attivista iraniana che ha ottenuto il premio Nobel per la pace
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Nobel per la pace all'iraniana Narges Mohammadi

“Il sostegno globale e il riconoscimento della mia difesa dei diritti umani mi rendono più risoluta, più responsabile, più appassionata e più fiduciosa. Spero anche che questo riconoscimento renda gli iraniani che, protestano per il cambiamento, più forti e più organizzati. La vittoria è vicina”,  ha detto l'attivista iraniana detenuta in carcere in un messaggio arrivato al New York Times subito dopo il premio. 

Nata nel 1972 a Zanjan capoluogo dell'omonima provincia a Nord dell'Iran, Narges Mohammadi è attivista sin dai tempi in cui studiava Fisica all'università, anni in cui ha fondato il gruppo degli "Studenti illuminati". Già a partire dagli Anni '90 entrava ed usciva dalle prigioni, per aver sostenuto la campagna elettorale del riformista Mohammad Khatami, eletto presidente nel 1997 e nel 2001 grazie al voto delle donne e dei giovani, illusi di poter ottenere riforme e diritti. Quello contro l'hijab obbligatorio per le donne, tra i cardini principali su cui si fonda la Repubblica islamica, è da sempre il suo cavallo di battaglia e l'ha esposta alla repressione del regime. Ma nonostante i rischi, Narges non ha mai scelto di lasciare l'Iran come invece ha fatto Masih Alinejad, giornalista esule negli Usa, che qualcuno ha considerato come contendente per lo stesso premio.

"Un momento storico per la lotta per la libertà in Iran", così la sua famiglia a commento del premio. Nonostante i lunghissimi anni di carcere Narges Mohammadi si è sposata con Taghi Rahmani attivista anche lui con cui ha avuto due figli gemelli, Kiana e Ali che vivono a Parigi, da dove tre anni fa, lanciarono un appello su Independent farsi per chiedere il rilascio della madre che non vedono da 8 anni.

E' già vice-presidente del Centro per la difesa dei Diritti Umani un'organizzazione non governativa guidata da Shirin Ebadi, di cui Narges è considerata l'erede. Ebadi avvocatessa e pacifista iraniana, è stata la prima musulmana a ottenere il premio Nobel per la pace nel 2003. Vive a Londra, in esilio, dal 2009. 

"Sono molto contenta che per la seconda volta il premio Nobel per la pace sia arrivato in iran. Narges Mohammadi è in carcere da anni per le sue attività in sostegno dei diritti umani. Spero che il regime si renda conto che tutto il mondo ha gli occhi puntati sulle donne iraniane. Spero che cambi l'approccio nei confronti del popolo, in particolare nei confronti delle donne, mi auguro che il regime torni a ragionare in tempi brevi. Chi comanda in Iran deve capire che esistono i diritti umani, e che tutto il mondo tiene sotto osservazione chi governa calpestando i diritti umani", ha dichiarato la giurista Ebadi al giornale Radio Rai.

Il volto di Narges è simbolo della lotta per i diritti umani e delle donne in Iran, è attualmente detenuta nel carcere di Evin a Teheran dal 2016 dove sconta una pena di 31 anni, nella sezione 209 quella in cui si trovano dissidenti, prigionieri politici e giornalisti. Luogo di torture e di gravi violazioni dei diritti umani secondo gli osservatori dei diritti umani nel mondo, tra cui Amnesty international, che recentemente aveva richiamato l'attenzione proprio su di lei perché le venivano negate le cure mediche per una malattia polmonare di cui soffre, e dopo aver subito anche operazioni al cuore.

Non è il primo riconoscimento per l'attivista 51enne: nel 2009 vinse il premio Alexander Langer dedicato all'impegno civile, culturale e politico. In quell'occasione Mohammadi fu premiata - si leggeva nelle motivazioni - per il proprio impegno per un ''altro'' Iran. Le fu impedito però di partecipare alla cerimonia perché privata del passaporto. Quello era l'anno segnato dalla Rivoluzione verde, seguita alle elezioni presidenziali più controverse della storia della Repubblica islamica, che videro confermato l'ex presidente pasdaran Mahmoud Amadinejad. Il comitato del Nobel, esprimendo le motivazioni del premio per “la lotta dell'attivista contro l'oppressione delle donne in Iran e per i suoi sforzi nella promozione dei diritti umani e della libertà per tutti”, ha espresso l'auspicio che le autorità iraniane rilascino l'attivista in modo che partecipi alla cerimonia di consegna che avverrà a Dicembre. 

L'attivista premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi AFP
L'attivista premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi

Sono molto contenta che per la seconda volta il premio Nobel per la pace sia arrivato in iran. Narges Mohammadi è in carcere da anni per le sue attività in sostegno dei diritti umani. Spero che il regime si renda conto che tutto il mondo ha gli occhi puntati sulle donne iraniane. Spero che cambi l'approccio nei confronti del popolo, in particolare nei confronti delle donne, mi auguro che il regime torni a ragionare in tempi brevi. Chi comanda in Iran deve capire che esistono i diritti umani, e che tutto il mondo tiene sotto osservazione chi governa calpestando i diritti umani

Shirin Ebadi, a Radio Rai

Il comitato per il Nobel, assegnando il premio per la pace, ha affermato che "la coraggiosa lotta di Narges Mohammadi ha comportato enormi costi personali. Il regime iraniano l'ha arrestata 13 volte, condannata cinque volte a un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate". 

Strenua sostenitrice della campagna contro la pena di morte in vigore in Iran e in altri paesi, viene arrestata più volte. La sua ultima battaglia è stata contro la tortura bianca, ovvero quella che colpisce la sfera psicologica del detenuto nelle carceri.

L'anno scorso ha pubblicato il libro "White Torture" in cui racconta gli oltre due mesi in isolamento nella sezione 209 di Evin. "Lo scopo della tortura bianca è quello di interrompere permanentemente la connessione tra il corpo e la mente di una persona per costringere l'individuo ad abiurare dalla propria etica e dalle proprie azioni", scrive. Mohammadi realizzò la prefazione del libro durante una breve licenza dal carcere per motivi medici. 

A Oslo mentre si avvicina al microfono per annunciare la vincitrice del Premio Nobel della Pace, Berit Reiss-Andersen, la Presidente del Comitato Nobel, appare particolarmente emozionata (nel video) poi pronuncia in farsi lo slogan Donne Vita Libertà per poi scandirlo in inglese Women Life Freedom, il movimento che nell'ultimo anno è stato al centro di una massiccia protesta anti-velo dopo la morte della studentessa curda Mahsa Jina Amini. I morti sono stati quasi 600, 7 i manifestanti impiccati e oltre 20mila gli arresti. Alcuni morti a seguito di torture nelle carceri.

In seguito con la stessa voce segnata dall'emozione legge la motivazione: "Il Comitato norvegese per il Nobel ha deciso di assegnare il Nobel per la pace Premio per il 2023 a Narges Mohammadi per la sua lotta contro l'oppressione delle donne in Iran e per la promozione dei diritti umani e della libertà per tutti. La sua coraggiosa lotta ha comportato un enorme costo personale. Complessivamente il regime l'ha arrestata 13 volte e condannata 5 volte a un totale di 31 anni di prigione e 154 frustate. La signora Mohammadi è ancora in prigione mentre parlo." 

Il premio ha anche riconosciuto le centinaia di migliaia di persone che hanno manifestato contro la discriminazione e l'oppressione delle donne in Iran, ha affermato Reiss-Andersen.  Mohammadi è la diciannovesima donna a vincere il premio del valore di 11 milioni di corone svedesi, ovvero circa 1 milione di dollari, che sarà consegnato a Oslo il 10 dicembre, anniversario della morte dell'industriale svedese Alfred Nobel, che istituì il premio nel suo testamento del 1895.

Oltre 20 anni di detenzione

La prima condanna a un anno di carcere, è del 1998 quando lei aveva solo 26 anni: aveva criticato il governo. Nell'aprile 2010 è stata convocata presso la Corte rivoluzionaria islamica per la sua adesione al Centro per la difesa dei Diritti Umani. Entrata e uscita di prigione diverse volte, grazie anche a costosissime cauzioni. Nel novembre 2021 viene arrestata mentre partecipava a una cerimonia commemorativa nella città di Karaj, in ricordo di Ebrahim Ketabdar, ucciso dalle forze dell'ordine durante le proteste di novembre 2019, quelle che insanguinarono il Paese già affamato dagli elevati costi della benzina. I morti allora, secondo le ong, furono 1500.

L'ultima condanna a suo carico arriva il 15 gennaio 2022: le vengono dati otto anni e due mesi di reclusione, due anni di esilio e 74 frustate per reati tra cui figura la diffusione di propaganda contro lo Stato. In quell'occasione l'Unione europea parlò di vera e propria persecuzione contro Mohammadi: "L'UE invita l'Iran a rispettare gli obblighi derivanti dal diritto internazionale e a rilasciare urgentemente la signora Mohammadi, tenendo conto anche del deterioramento delle sue condizioni di salute".

Un mese prima era riuscita a inviare una lettera aperta dal carcere che fu rilanciata da diversi media in cui denunciò il clima di terrore all'interno del carcere: "Un'attivista è stata legata mani e piedi a un gancio sul tettino del veicolo che l'ha portata in carcere ed è poi stata violentata dagli agenti di sicurezza", scrisse. Nello stesso anno viene inserita nella lista della Bbc delle 100 donne più importanti.

Il Comitato norvegese per il Nobel ha deciso di assegnare il Nobel per la pace Premio per il 2023 a Narges Mohammadi per la sua lotta contro l'oppressione delle donne in Iran e per la promozione dei diritti umani e della libertà per tutti. La sua coraggiosa lotta ha comportato un enorme costo personale. Complessivamente il regime l'ha arrestata 13 volte e condannata 5 volte a un totale di 31 anni di prigione e 154 frustate. La signora Mohammadi è ancora in prigione mentre parlo

Berit Reiss-Andersen, Presidente del Comitato Nobel