Medio Oriente

Le minacce dell'Iran e il rischio escalation. Israele: "Pronti a reagire"

Il capo dell'ufficio politico di Hamas ha discusso con il ministro degli Esteri iraniano su "come fermare i brutali crimini israeliani a Gaza". Israele avverte: "Conseguenze distruttive". Gli Stati Uniti aumentano la loro presenza militare

Le minacce dell'Iran e il rischio escalation. Israele: "Pronti a reagire"
Ap
Bombe su Deir Al-Balah, Striscia di Gaza

Sale la tensione in Medioriente e aumenta il rischio di un'escalation e di un conseguente allargamento dello scontro a Iran e Israele, soprattutto in vista dell'imminente operazione di terra dell'esercito israeliano impegnato anche sul fronte del nord contro gli Hezbollah sciiti, alleati di ferro di Teheran.

Il leader dell'ufficio politico di Hamas Ismail Haniyeh e il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian hanno discusso i mezzi per fermare i "crimini brutali" israeliani a Gaza. Lo ha riferito il Movimento islamico in una nota. In un post su X, il capo della diplomazia di Teheran ha fatto sapere di aver parlato anche con il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry "sull'invio di aiuti umanitari" e con il leader della Jihad Islamica Ziad Nakhale.    

Amirabdollahian ha ammonito che la regione "è come una polveriera. Vorrei avvertire gli Usa e il regime fantoccio israeliano che se non metteranno immediatamente fine ai crimini contro l'umanità e al genocidio a Gaza, tutto sarà possibile in qualsiasi momento e la regione andrebbe fuori controllo".

"La resistenza è forte da parte della Palestina. La struttura politica e di sicurezza del regime israeliano è crollata e solo la sua macchina da guerra funziona contro i civili", ha sottolineato.

Gli avvertimenti di Israele

Un monito cui il premier israeliano Benyamin Netanyahu, pur senza nominare il regime degli ayatollah, ha rimbeccato minacciando "conseguenze distruttive per gli Hezbollah e per il Libano" se la milizia decidesse di scatenare una guerra piena contro Israele.

"Non sappiamo se gli Hezbollah siano intenzionati ad andare a un conflitto totale - ha detto il premier, durante un sopralluogo al confine nord - se lo facessero, proverebbero poi nostalgia per la guerra del 2006. Sarebbe un errore fatale". 

Più esplicito il ministro dell'economia Nir Barkat: "Il piano dell'Iran è di attaccare Israele su tutti fronti. Se realizziamo che vogliono attaccarci, non solo su tutti i nostri fronti, noi attaccheremo la testa del serpente: l'Iran". 

Intanto Israele ha continuato a colpire in Siria da dove transitano anche i rifornimenti per Hezbollah: per la seconda volta in 10 giorni, sono stati di nuovo centrati gli scali di Damasco e Aleppo, usati da anni dall'Iran e dai gruppi armati filo-iraniani come snodi cruciali del cosiddetto Asse della Resistenza anti-israeliana. 

Secondo Rami Abderrahman dell'Osservatorio per i diritti umani in Siria, Israele è tornata a colpire con forza i due aeroporti siriani per "inviare un messaggio" alla dirigenza siriana e dissuaderla dall'allargare la guerra in corso anche al fronte del Golan siriano. Altri analisti affermano che gli attacchi sono stati fatti per rendere più complicato l'approvvigionamento logistico dell'Iran al suo alleato libanese, presente sia in Libano che sulle Alture del Golan.    

Dallo scoppio della guerra in Siria nel 2011, l'Iran e gli Hezbollah hanno rafforzato la loro presenza nei vari quadranti del Paese, consolidando le postazioni nella zona del Golan e lungo tutto l'asse che va da Damasco ad Aleppo. In risposta, Israele da anni conduce regolarmente attacchi aerei contro installazioni iraniane e di combattenti filo-iraniani in Siria con una frequenza di almeno un raid a settimana.

Il Nord non è l'unico fronte su cui Israele è impegnato. A creare ulteriore tensione è la Cisgiordania dove Hamas ha numerose roccaforti e sta soppiantando l'Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen. Una, da sempre, è a Jenin nel nord dei Territori. L'aviazione israeliana ha colpito la moschea Al-Ansar della città (2 morti e feriti) sotto cui - ha detto il portavoce militare Daniel Hagari -  si nascondeva in un ambiente sotterraneo "una cellula terroristica di Hamas e della Jihad islamica" pronta per un attentato inIsraele.

Stati Uniti: alto rischio di escalation

Il rischio di un'escalation, con conseguente allargamento dello scontro, è "alto" secondo gli Stati Uniti, che si sono detti pronti a intervenire per proteggere le proprie forze e il proprio personale nella regione. Come sottolineato dal segretario alla Difesa americano, Lloyd Austin, gli Usa hanno "il diritto di difendersi e non esiteranno "a intraprendere azioni appropriate" e ha annunciato il dispiegamento nell'area di sistemi di difesa antimissile ad alta quota (THAAD) e diverse batterie di missili terra-aria Patriot. Austin ha anche parlato di uno schieramento di altri soldati, senza tuttavia specificarne il numero. La mossa del Pentagono è arrivata dopo "una serie discussionidettagliate" con Biden, ha spiegato il segretario alla Difesa americana sottolineando che "questi passi rafforzeranno la deterrenza nell'area, aumenteranno la protezione delle forze statunitensi nella regione e contribuiranno alla difesa di Israele".

Anche il segretario di stato americano, Antony Blinken, ha avvertito che per Washington c'è il rischio di un'escalation e il dipartimento di Stato ha ordinato a tutto il personale non essenziale dell'ambasciata Usa a Baghdad e del consolato a Erbil di lasciare immediatamente il Paese. Poi ha ribadito il messaggio a Hezbollah e Iran a non intervenire nel conflitto. "Nessuno vuole un'escalation. Ma saremo pronti ad agire se dovesse essere reso necessario", ha affermato. 

Da parte sua, il presidente americano, Joe Biden, ha confermato che "Israele ha il diritto di difendersi" ma, allo stesso tempo, ha ricordato al primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, di operare "secondo le leggi della guerra" e garantire quindi "la massima protezione per i civili". 

Secondo il ministero della Sanità di Gaza, dallo scorso 7 ottobre sono stati uccisi 4.741 palestinesi, di cui il 40% erano bambini. La polizia israeliana e le forze di Difesa israeliane, hanno riferito di aver identificato finora i corpi di 1.075 persone uccise nel massacro compiuto da Hamas due settimane fa. Ad oggi, secondo le autorità israeliane, sono stati identificati 769 civili e 307 soldati.

Tajani: “Lavoriamo tutti per evitare l'escalation”

La possibilità di una escalation preoccupa anche il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha spiegato come si sta lavorando "per evitare un allargamento del conflitto in Libano e in Iran". Nel nord di Israele "finora ci sonostate scaramucce, non una vera guerra, con attacchi di Hezbollah e risposte di Israele. Ma la situazione è legata a un filo ed è importante che non si rompa, il Qatar sta lavorando e siamo incontatto continuo. Il governo italiano sta giocando un ruolo da protagonista perché siamo in contatto con tutti gliinterlocutori per spiegare qual è la nostra posizione", ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani a In mezz'ora su Rai 3.

 Sul conflitto in Medioriente si è espressa anche la Cina, invitando l'Onu a convocare quanto prima una conferenza di pace.