Dopo il maxi sequestro per reati fiscali

Airbnb contro il provvedimento: "Sorpresi dal sequestro. Fiduciosi di aver rispettato la legge"

"Siamo sicuri di aver agito nel pieno rispetto della legge e intendiamo esercitare i nostri diritti in merito alla vicenda'', fa sapere la società in una nota

Airbnb contro il provvedimento: "Sorpresi dal sequestro. Fiduciosi di aver rispettato la legge"
(Pixabay)
Airbnb

"Sorpresi e amareggiati dall'azione" di sequestro per oltre 779 milioni di euro annunciata ieri dalla Procura della Repubblica. 

Questa la risposta di Airbnb Ireland al sequestro disposto dal Gip di Milano nei confronti dell'azienda per omessa dichiarazione della 'cedolare secca' su canoni di locazione per 3,7 miliardi tra il 2017 e 2021. Nell'inchiesta risultano indagati anche tre manager irlandesi. 

"Siamo fiduciosi di aver agito nel pieno rispetto della legge e intendiamo esercitare i nostri diritti in merito alla vicenda'', fa sapere la società in una nota.

Il provvedimento del Gip di Milano

Airbnb-Irlanda "ormai da anni" ha assunto "la deliberata opzione aziendale di non conformarsi" alla normativa italiana sul versamento della cedolare secca sugli affitti brevi "con il fine precipuo di non rischiare la perdita di fette di mercato in favore della concorrenza". 

E' quanto si legge nel provvedimento firmato dal gip di Milano Angela Minerva con cui dispone, accogliendo la richiesta della procura, il sequestro preventivo per oltre 779 milioni di euro nei confronti del colosso degli affitti brevi e l'iscrizione nel registro degli indagati di tre persone che hanno rivestito cariche di amministrazione all'interno della società di diritto irlandese negli anni dal 2017 al 2021.

Il sequestro ha l'obiettivo di evitare "che la somma oggetto di illecito risparmio fiscale venga interamente dispersa e non possa, nemmeno in parte, essere destinata al pagamento del debito, così aggravando le conseguenze del reato contestato, sia con riguardo al mancato incasso del debito erariale da parte della Pa sia con riguardo
al danno economico a tutti gli altri operatori del settore che invece versano regolarmente tale imposta", nonché "agevolando la commissione di altri reati fiscali a mezzo del reimpiego nella medesima attività commerciale, generando quindi con analogo meccanismo ulteriori ipotesi di reato".

Circostanza "confermata dal fatto - scrive il giudice nel provvedimento - che la politica aziendale non è mutata, come confermato dal protrarsi dell'omissione anche negli anni successivi a quelli di verifica".