Nottingham, Regno Unito

Indi Gregory, i medici hanno staccato le macchine che tengono in vita la piccola

Ieri sono state avviate le procedure per il distacco dei macchinari di sostegno vitale per la bambina, nata con una gravissima malattia. La piccola è stata portata in un hospice. Per lei e la sua famiglia ha pregato anche il Papa

Indi Gregory, i medici hanno staccato le macchine che tengono in vita la piccola
ANSA / Ufficio Stampa Pro Vita & Famiglia Onlus
La famiglia Gregory

Dopo la lunga battaglia legale e politica, a cavallo fra Regno Unito e Italia, il destino della piccola Indi è stato deciso. A mettere un punto definitivo sul fine vita della bimba inglese di 8 mesi, affetta da una patologia mitocondriale gravissima, decretata come terminale dai medici del Queen's Medical Centre di Nottingham e dai giudici britannici, è stato effettuato ieri il distacco dai principali dispositivi vitali, più volte annunciato e rinviato. Distacco eseguito sotto scorta di polizia in un hospice locale, come imposto dalle corti del Regno alla famiglia, a partire dall'interruzione della ventilazione assistita e dall'aggancio a strumenti alternativi che dovrebbero garantire alla piccola di non soffrire, mentre le verranno somministrati i famaci palliativi incaricati d'accompagnarla "gradualmente" verso la morte.

Inutile è stata la strenua opposizione dei genitori, Dean Gregory e Claire Staniforth. Toghe e camici bianchi d'Oltremanica hanno deciso per quella indicata come la soluzione meno crudele e dolorosa possibile, per quanto tragica, da adottare "nel miglior interesse" della bambina. Un epilogo che resta sospeso fino a quando il cuore di Indi smetterà di battere. Potrebbero volerci poche ore come alcuni giorni.  In un tweet l'avvocato Simone Pillon, del team legale della famiglia Gregory, ieri sera ha scritto: che Indi Gregory "per il momento è sopravvissuta all'estubazione e respira con la mascherina. Il protocollo prevede che la fornitura di ossigeno sia a tempo determinato. Prevede anche la sospensione delle cure e il divieto di rianimazione in caso di crisi”.

Vicino alla famiglia anche il Pontefice: Papa Francesco "si stringe alla famiglia della piccola Indi Gregory, al papà e alla mamma, prega per loro e per lei, e rivolge il suo pensiero a tutti i bambini che in queste stesse ore in tutto il mondo vivono nel dolore o rischiano la vita a causa della malattia e della guerra", ha comunicato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni.

"Io, Claire e Indi siamo molto grati e onorati di sentire queste bellissime parole di Papa Francesco, lo ringraziamo tanto", ha risposto il papà di Indi al messaggio di Bergoglio.

In Italia la notizia continua a provocare reazioni di contestazione contro la decisione dei giudici britannici.

"Nessuno contesta la diagnosi dei medici. Ma che una malattia sia inguaribile non vuol dire che la persona non è curabile". Ad affermarlo è il ministro della Famiglia e delle Pari Opportunità e Natalità, Eugenia Roccella.

"La decisione dei giudici inglesi di procedere alla sospensione dei sostegni vitali per la piccola Indi, nonostante la possibilità dell'ospedale Bambino Gesù di Roma di assicurarle le migliori terapie palliative e nonostante il conferimento della cittadinanza italiana, è una sconfitta per l'umanità, per la medicina, per la scienza e per la civiltà occidentale", ha dichiarato Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia onuls.

Il Codacons ha presentato questa mattina un ricorso d'urgenza al Tribunale civile di Roma, chiedendo ai giudici di ordinare la sospensione dei distacchi dei macchinari che tengono in vita la bimba. In base al ricorso dell'associazione, la cittadinanza italiana conferita ad Indi e la garanzia di cure specialistiche nel nostro Pese legittimano pienamente i giudici italiani ad esprimersi sul caso.

Sul caso interviene anche Beppino Englaro, che per 17 anni condusse una battaglia legale per la sospensione della cure alla figlia Eluana, vittima di un incidente stradale nel 1992.

Il caso di Indi Gregory "è un'altra tragedia della responsabilità che va chiarita a livello universale. Bisogna stabilire a chi spetta l'ultima parola", ha detto all'ANSA. "Sia chiaro - aggiunge Englaro - non voglio essere savio e insegnare niente a nessuno, ma il mondo intero dovrebbe chiarire queste cose una volte per tutte e per tutti, e casi come questo non dovrebbero esistere. Ma so che è utopia pura". 

L'Appello dei genitori di Indi Gregory per impedire il distacco delle macchine che la tengono in vita è stato rifiutato ed è stato negato il ricorso alla Convenzione dell'Aja per il suo trasferimento in Italia. I giudici inglesi avevano inizialmente fissato come termine per il distacco dei dispositivi vitali lunedì 13 novembre, ma successivamente, è stato precisato dai legali della famiglia che l'interpretazione corretta della sentenza indica che il distacco verrà effettuato il prima possibile. 

Il giudice Peter Jackson ha definito l'intervento italiano per il trasferimento a Roma della neonata "non nello spirito della Convenzione dell'Aja". I giudici hanno inoltre affermato che i tribunali inglesi sono nella posizione migliore per valutare "l'interesse superiore" della bambina, quindi non è necessario un tribunale italiano. 

La premier Giorgia Meloni ha scritto al Lord Cancelliere e segretario di Stato per la Giustizia del Regno Unito chiedendo di collaborare per permettere il trasferimento di Indi Gregory a Roma. Lunedì scorso il consiglio dei Ministri aveva conferito alla neonata- affetta da una rara malattia degenerativa  - la cittadinanza italiana, per permetterle di essere presa in cura dall'ospedale 'Bambin Gesù' di Roma. Nella lettera Meloni fa riferimento alla Convenzione dell'Aja per la protezione dei minori, in particolare all'articolo 32 paragrafo 1 lettera b, che recita che "su richiesta motivata dell'Autorità centrale o di un'altra autorità competente di uno Stato contraente con il quale il minore abbia uno stretto legame, l'Autorità centrale dello Stato contraente in cui il minore ha la sua residenza abituale e in cui si trova" potrà "chiedere all'autorità competente del suo Stato di esaminare l'opportunità di adottare misure volte alla protezione della persona o dei beni del minore".

I legali della famiglia Gregory fanno sapere che, dopo la pronuncia di ieri, si lavora ad altri percorsi, che valuteranno fino a lunedì. La piccola ha 8 mesi ed è affetta da una gravissima patologia mitocondriale che non lascia scampo e per la quale i tribunali d'Oltre Manica avevano disposto lo stop ai sussidi meccanici “nel maggior interesse del minore”, per evitarle ulteriori sofferenze.

Il ricorso
Intanto i legali della famiglia Gregory avevano presentato il ricorso contro la decisione del giudice che aveva stabilito "che il supporto vitale di Indi Gregory deve essere rimosso presso il Queen's Medical Center di Nottingham, dove è ricoverata, o in un ospizio e non a casa, contrariamente alla volontà dei suoi genitori".

"Non merita di morire, è ancora una bambina che respira e le batte il cuore", aveva detto il padre della piccola Dean.

"Lei merita una possibilità", ha detto l'uomo alla 'Bbc', dopo l'ultima pronuncia del giudice che ha negato ieri anche la possibilità di gestire il fine vita a casa, in quanto ritenuto non nel miglior interesse della bambina e "quasi impossibile" da realizzare al domicilio senza rischi di complicazioni. Ma il papà obietta: "Ha un Paese che si offre di pagare per tutto: dobbiamo solo portarla lì, così non costerà nulla all'ospedale o al governo".

"Sappiamo che indi è una combattente, lei vuole vivere, e non merita di morire", ha affermato ancora il papà della piccola in un video in cui ringrazia l'Italia.

I medici inglesi si sono arresi 
I medici che curano Indi al Queen's Medical Center di Nottingham avevano ribadito di non poter fare altro per lei. I genitori avevano chiesto che potesse tornare nella loro casa a Ilkeston, nel Derbyshire. Un'opzione che non è stata ritenuta praticabile.

"Tutti pensano: 'perché non la lasciano andare?'. Non hanno nulla da perdere", ha detto Dean Gregory, sicuro del fatto che se Indi avesse avuto il permesso di viaggiare in Italia, avrebbe potuto essere salvata.

Keith Girling, direttore medico del Nottingham University Hospitals (NUH) Nhs Trust ha dichiarato di essere consapevole del fatto che "è un momento incredibilmente difficile per Indi e la sua famiglia, e i nostri pensieri sono con loro oggi. A seguito della decisione dell'Alta Corte, la nostra priorità - ha assicurato - rimarrà quella di fornire a Indi cure specialistiche adeguate alle sue condizioni e in linea con le indicazioni della corte, sostenendo la sua famiglia in ogni modo possibile".

Queen's Medical Hospital di Nottingham gettyimages
Queen's Medical Hospital di Nottingham

Il caso continua a riscuotere attenzione e scatena polemiche anche in Italia
La Cei richiama al valore della vita e sottolinea come oggi ci siano "troppe vite negate". "La vita dei malati e disabili gravi viene giudicata indegna di essere vissuta, lesinando i supporti medici e arrivando a presentare come gesto umanitario il suicidio assistito o la morte procurata", fa sapere.

In prima linea contro la decisione del giudice britannico si schiera anche il Codacons che annuncia la presentazione di una denuncia alla Procura di Roma contro l'Alta Corte di Londra.

"Al di là degli aspetti etici della questione - scrive il Codacons in una nota  - si apre un aspetto meramente tecnico-legale che riguarda la possibilità di un giudice straniero di pronunciarsi sulla vita di un cittadino italiano. Come noto, infatti, la neonata ha ottenuto la cittadinanza italiana grazie al Governo che ha emesso misure di emergenza, tramite il console italiano a Manchester, che ne autorizzano il trasferimento all'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma".

Secondo il Codacons "la decisione dell’Alta Corte britannica di disporre lo stop ai supporti vitali per Indi potrebbe quindi configurare un'interferenza illecita della giustizia straniera sulla vita di una cittadina italiana, aprendo un caso che non è solo diplomatico ma anche giudiziario. Per tale motivo abbiamo deciso di presentare un formale esposto alla Procura della Repubblica di Roma affinché apra una indagine sul caso, accertando se il comportamento della Corte e del giudice Robert Peel possano configurare ipotesi penalmente rilevanti ai sensi del nostro ordinamento penale", conclude l’associazione.

Università Bari: “Malattia scoperta da noi nel 2013 con un equipe israelo-palestinese”
La malattia che ha colpito Indi "si chiama aciduria combinata D,L-2-idrossiglutarica, ed è una malattia neuro-metabolica caratterizzata da un accumulo nelle urine di D-2-idrossiglutarato e L-2-idrossiglutarato, due forme speculari di un metabolita prodotto nei mitocondri", ed è stata scoperta nel 2013 da ricercatori dell’Università di Bari in collaborazione con un equipe israelo-palestinese. Lo rende noto Uniba. 

La malattia di Indi, si spiega, "è una malattia genetica causata da mutazioni del gene SLC25A1, che contiene le informazioni per produrre una proteina, il trasportatore mitocondriale del citrato, che nei soggetti sani permette la fuoriuscita dai mitocondri di questo importante intermedio metabolico. La malattia si trasmette per via ereditaria ed è recessiva, cioè ha luogo solo quando vengono trasmesse due copie del gene mutato da entrambi i genitori. Pertanto, se entrambi i genitori sono portatori sani di una mutazione nel gene SLC25A1, ogni figlio avrà una probabilità del 25% di essere affetto dalla malattia, del 50% di essere portatore sano e del 25% di essere sano e non portatore della mutazione. Le persone che hanno mutazioni in questo gene possono avere sintomatologie che differiscono tra loro".

Nei casi più gravi - spiega l'Università - la patologia "è progressiva e si manifesta con una forma di encefalopatia grave con crisi epilettiche fin dalla nascita, insufficienza respiratoria che richiede nelle forme più gravi una dipendenza dal ventilatore, e malformazioni come quelle che impediscono la formazione del corpo calloso che collega i due emisferi del cervello descritte per la prima volta nello studio pubblicato nel 2013 da ricercatori dell’Università di Bari sulla rivista internazionale Journal of Medical Genetics". 

Nel 2014, gli stessi ricercatori in collaborazione con il Centro di malattie neuromuscolari dell’Università di Newcastle, hanno caratterizzato per la prima volta una forma più lieve associata a debolezza muscolare, particolarmente evidente a livello sia delle braccia sia delle gambe, ma non letale. In seguito a questi studi, "a oggi sono stati identificati circa 50 pazienti nel mondo con un quadro clinico variabile che, combinando dati molecolari e clinici in uno studio retrospettivo finanziato da Telethon e pubblicato sul Journal of Inherited Metabolic disease nel 2018, i ricercatori baresi hanno proposto essere associato a livelli variabili di attività del trasportatore del citrato". 

Il laboratorio del Prof. Luigi Palmieri, Professore Ordinario di Biochimica e Direttore del Dipartimento di Bioscienze, Biotecnologie e Ambiente dell’Università di Bari Aldo Moro, vanta oltre 30 anni di esperienza nello studio dei trasportatori mitocondriali e delle patologie a essi associate. Attualmente per la maggior parte delle malattie mitocondriali non esiste una cura e per alcune mutazioni gravi come quella di Indi, non sono disponibili terapie in grado di rallentare il decorso della malattia. Una speranza è rappresentata dallo sviluppo di terapie geniche. Con questo obiettivo, il Prof. Palmieri e i suoi collaboratori sono attivamente coinvolti nel Centro Nazionale di Ricerca “Sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA” finanziato dal PNRR di cui l’Università di Bari è uno dei nodi principali.